Lacrime in diretta a Saxa Rubra di Maria Grazia BruzzoneDemetrio Volcic

Lacrime in diretta a Saxa Rubra Lacrime in diretta a Saxa Rubra Prima solo voci, poi una troupe conferma: sono loro ROMA. Demetrio Vòlcic è sconvolto, quando si rivolge direttamente ai telespettatori del Tgl. «Quando vedrete sui teleschermi le scene della guerra di Bosnia, quando leggerete sui giornali le notizie, quando vedrete ancora le immagini dei bambini di Sarajevo, ricordatevi che dietro quella cinepresa, dietro quella testimonianza, ci sono giornalisti che rischiano, e sempre più spesso la vita. Non dimenticate Marco e Alessandro e Dario - aggiunge il direttore con le lacrime agli occhi -. 0 la loro morte sarebbe ancora più assurda». I bambini. I tre inviati di Trieste rimasti uccisi stavano preparando proprio per il Tgl uno speciale sui bambini senza nome che giacciono nell'ospedale di Mostar. E' costata cara. E adesso la Rai è in lutto. I telegiornali aprono tutti e tre sull'incidente che questa volta ha ucciso tre persone. «La più grande tragedia che abbia colpito la Rai», che pure di feriti ne ha avuti, si mormora nelle redazioni turbate. Per tutta la giornata si erano rincorse le voci, dopo la telefonata della troupe di Mixer. Marcella De Palma, Maurizio Conte e Giuseppe Vitale che si trovavano a Mostar per un altro servizio, per una coincidenza avevano quasi assistito al bombardamento. Avevano visto la macchina e i corpi dei loro colleghi. E si erano precipitati a chiamare da un telefono dell'Unprofor, per dire che loro stavano bene. Poi era caduta la linea. Ma le notizie non tornavano. Marcella diceva di essere a Medjugorie, a una ventina di chilometri da Mostar. L'uccisione dei tre italiani, battuta intanto dalla France Press, parlava di Mostar. Dove era successa davvero la disgrazia? Come era accaduto e dove si trovano ora i corpi? Le redazioni dei tre Tg, in subbuglio, chiedevano lumi a Trieste. Ma intanto, mentre la notizia veniva diffusa dalle agenzie, e cominciavano ad arrivavano i messaggi di cordoglio di Demattè di Locatelli, di Ciampi, Spadolini, Occhetto, dei sindacati, venivano attivati i contatti con l'Unprofor a Ginevra, col battaglione spagnolo dell'Onu a Mostar. Alle sette, al Tg3, Giovanna Botteri dà la notizia quasi piangendo. Carmen Lasorella, in contatto telefonico con Mostar via ponte radio con Spalato, ricostruisce dal Tg2 che l'incidente è accaduto verso le tre del pomeriggio a 50 metri dal comando Onu di Mostar Est. Dove Lue- chetta, Ota e D'Angelo erano stati sconsigliati di andare. E al telefono si sente la voce rotta di Marcella De Palma. Piero Badaloni, poco più tardi, darà la notizia che la tregua chiesta dall'Onu è stata accettata e i corpi, finalmente, hanno potuto essere recuperati. Bimba De Maria, in un servizio sul Tg2, ricorda i 56 giornalisti, cineoperatori, fotografi, uccisi nel mondo l'anno scorso. Ha anche lei la voce commossa. Lucchetta, nell'anno e mezzo di su e giù con la Bosnia come inviata, lo aveva conosciuto bene. E l'esperienza terribile di trovarsi sotto le granate l'ha vissuta lo scorso settembre a Jabla- nicha, a 20 km da Mostar. Luciano Masi, l'operatore che era con lei, ha avuto una gamba massacrata dalle schegge. «Ti butti per terra e vedi gli altri cadere intorno a te, senti le grida e non osi rialzarti. Non devi farlo perché i colpi arrivano sempre a grappolo. Lo scoppio è mostruoso e ti spacca la testa, ma devi resistere. Ho pregato Dio, anche se sono laica. Ma quando ti capita, quando vedi tanti morti intorno, ti viene quasi un senso di immortalità. Come se niente e nessuno di potesse toccare. E' questo sentimento che poi, permette di domare il terrore». Maria Grazia Bruzzone Demetrio Volcic

Luoghi citati: Bosnia, Ginevra, Mostar Est, Roma, Sarajevo, Spalato, Trieste