Danielou il vagabondo del Dharma di Enrico Benedetto

IL CASO. Il provocatorio manuale della perfetta Gentildonna Morto a 86 anni Danielou il vagabondo del Dharma PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Alain Danielou, il massimo indologo che la Francia (e forse il mondo) abbiano conosciuto nel dopoguerra, è morto ieri - a 86 anni - in Svizzera. L'avere un fratello cardinale non gli impedì di convertirsi all'induismo e farsene per decenni l'acceso sostenitore dinanzi all'Occidente monoteistico. Danielou fu anche musicista e scrittore, amico di Cocteau, Picasso, Valéry, Gide. Un personaggio atipico, incoercibile nel semplice ruolo accademico. Malgrado l'età, l'indologo - che dal 1980 risiedeva in Italia - aveva continuato a dipingere e pubblicare saggi. Tra gli ultimi, Le phallus, lungo peana al simbolismo virile («Ovunque troneggia un sesso in erezione - dice Shiva Io sono»). Vero globe-trotter ante litteram, l'autore scoprì ventenne l'India. Figlio di un ministro anticlericale e d'una cattolicissima filantropa, nel '28 il giovane Danielou abbandona la Francia per avventurarsi fra le tribù afghane. Cinque anni dopo incontra Rabindranath Tagore e decide di stabilirsi a Benares. Vi studierà musica, filosofia e religione hindu, perfezionando il sanscrito. Riconoscente, New Dehli gli conferisce una cattedra universitaria. Di ritorno in Europa, fonderà a Berlino e Venezia due istituzioni per la tutela delle musiche tradizionali indiane. Al tempo stesso lavora per l'Unesco e traduce i classici (non ultimo, il Kama-Sutra). Tra le sue opere capitali una Storia dell'India (1970) e l'autobiografico Chemin du labyrinthe. Le tesi di Danielou sollevarono non poche riserve, come quando affermò che «il miscuglio razziale è nefasto» o identifica in valori chiave dal sapore arianeggiante - ordine, gerarchia, rigore, natura - «i quattro sensi della vita». Danielou sarà cremato lunedì prossimo. Enrico Benedetto

Luoghi citati: Berlino, Europa, Francia, India, Italia, Parigi, Svizzera, Venezia