La felicità ci ha stancati

La Mettrie contro Seneca La Mettrie contro Seneca La felicità ci ha stancati TÉT ON meraviglia che so1 prattutto in tempi gra■ mi s'impenni il consu1 mo di parole «sagge» AJJ coltivate a distanza (lo smercio di Epicuro nelle ultime stagioni indica qualcosa) purché insegnino con modica spesa ad essere felici. Finanche le guerre più orribili, ci ricorda Durkheim, producono «una sorta di allegria inebriante che non solo compensa, ma addirittura eclissa le peggiori sofferenze»; e il polacco Wiadylaw Tatarkiewicz lo ribadisce con un attestato personale: medita e scrive una ponderosa! Analisi della felicità, tra il 1939 e il 1943, proprio quando l'orizzonte umano e maggiormente oscurato da forze apocalittiche. Ma l'epoca d'oro delle strategie che puntano a catturare, a rendere praticabile una beata vita terrena è certo quella che muove da Hobbes e Locke e trionfa nella Francia dei Lumi. Epoca d'oro per dovizia, acume e spregiudicatezza dei testi, anche di mano femminile (ad esempio, il Discours sur le bonheur di Madame du Chàtelet); un po' meno per il clima politico-culturale in cui maturano le istanze dei philosophes. Talvolta accade che perfino un Voltaire, un Diderot, un D'Holbach avvertano disagio di fronte a radicali posizioni nichilistiche e diffidino chi corre il rischio di presentarsi alle future generazioni come uno dei padri ispiratori di Sade. E' il caso di JuIicn Offroy de La Mettrie (1709-1751), il Juciferino autore dell'Uomo macchina e bestia nera di chiunque abbia un'etica - quanto si voglia a maglie larghe - da salvaguardare, con il suo discorso sulla felicità: //sommo bene o L'Antiseneca (or ora presso Sellerio, ottimamente curato e introdotto da Marina Sozzi). Medico, ancor prima che guastatore di feste speculative, La Mettrie si lascia conquistare dall'indirizzo iatromeccanico della celebre scuola olandese di Hermann Boerhaave, secondo cui le funzioni organiche vanno lette e interpretate in stretta analogia con la scienza idraulica. E organico, nicnt'altro che effetto di capillare organizzazione, di sensibilità corporea, «di solidi e di fluidi», è il manifestarsi di desideri, passioni, paure e inquietudini che «superiori» dottrine pretenderebbero di convogliare. Sono gli stoici in genere e Seneca del De vita beata in spe¬ cie a subire il sarcasmo lamettriano. «Questi filosofi sono tristi, severi e duri; noi invece saremo dolci, compiacenti e frizzanti. Essi si mostrano inaccessibili al piacere e al dolore e noi ci vanteremo di sentirli entrambi». Gli avversari infittiscono? lo isolano, lo oltraggiano? E lui, impavido, ribatte: «Chi studia l'uomo mette già nel conto di avere come nemico l'uomo». Dopo l'attacco frontale La Mettrie non si ritrae dal rispondere a possibili obiezioni. Per citarne qualcuna: una felicità così concepita non risulterà troppo ghiotta di sé e maledettamente individualistica? E' falso, risponde il fustigatore: «La felicità aumenta con la condivisione e la comunicazione; si partecipa alla gioia che si procura». E il rimorso? si chiede, mimando lo sguardo angustiato del teologo: vogliamo forse sopprimere quella residua virtù in chi ha commesso un crimine? Per nulla! si erge Tanti-Seneca. E qui monta e rimonta una sua ardita teoria etologica (gli stessi animali proverebbero il rimorso) che trae forza dal famigerato albero del pregiudizio e dell'educazione. E la gloria che spesso esalta uomini probi e generosi? Peggio per chi la persegue. «Come siamo vani, sacrificandoci all'onore chimerico di immortalare le lettere dell'alfabeto che compongono i nostri nomi!». Men che mai lo impensierisce la morte, in disaccordo, per l'occasione, con Montaigne. E' infatti ridicolo temere le forbici di Atropo se si crede ne l'irreperibilità della vita che ci appartiene. «La Parca tagli pure il filo, allorché vorrà». E la Parca, quasi a vendicarsi della strafottenza, taglia il filo al quarantaduesimo anno, mentre il filosofo si trova a Berlino, alla corte di Federico II, e ha appena revisionato il «Sommo bene»: l'anima (adesso che la sappiamo fibrosa, nervosa, palpabile) si corazzi al meglio contro tutto ciò che può ferirla. E raccomanda: «Si apra solo ai raggi della voluttà e si corichi nuda unicamente col piacere». Una condizione, come si vede, l'iconoclasta Julien Offroy finisce per sottintenderla: si conceda pure, si scapricci e goda fino allo stordimento; ma non sia adulterina. Giuseppe Cassieri

Luoghi citati: Berlino, Francia