Mariotto sceglie il ppi di Martinazzoli

E' già rottura tra partisti e Lega. «Sarebbe stata un'ottima occasione per l'Italia» E' già rottura tra partisti e Lega. «Sarebbe stata un'ottima occasione per l'Italia» Marion® sceglie il ppi di MartinazzoK Segni: raccordo col Carroccio salta per colpa di Bossi ROMA. Ci ha pensato su per 24 ore, poi, Mario Segni ha scelto di rimanere con Martinazzoli e di dare l'addio ad Umberto Bossi. Anzi, senza usare mezzi termini ha addossato alla Lega tutte le colpe della rottura. «Chi ha impedito - ha detto Segni - la realizzazione di questo grande progetto per un governo di tutte le forze liberal-democratiche per battere le sinistre si assume una grande responsabilità. E Bossi, con il suo comportamento se la sta assumendo». Immediata la risposta della Lega: Roberto Maroni su «input» di Bossi ha annunciato che ritirerà la Firma dall'accordo di governo firmato appena l'altro ieri. Eh sì, Segni torna a casa, leccandosi qualche ferita. Chi gioisce, invece, è Martinazzoli: ieri dopo aver confermato ancora una volta a Funari che non si candiderà alle prossime elezioni, ha fatto l'elenco di quelli che saranno i suoi alleati. Il segretario adesso ha intenzione di mettere insieme uno schieramento che partendo dal partito popolare e passando per Segni, arrivi fino a Giuliano Amato (Martinazzoli stesso ieri gli ha chiesto di scendere in campo in prima persona), Giorgio La Malfa (che sta tentando di far maturare nel pri questa decisione), Giovanni Spadolini, Valerio Zanone. E il segretario del Ppi spera anche nel recupero di Marco Pannella: «Non vedo cosa c'entri con quegli altri», ha detto ieri rispondendo alle domande di Funari. Martinazzoli, invece, non sembra intenzionato a coinvolgere nella partita Berlusconi. Ieri sia lui che Segni, infatti, hanno storto il naso all'annuncio dell'entrata in campo del Cavaliere. «La sua scelta - ha commentato Segni - fraziona il polo liberaldemocratico». Martinazzoli, invece, ha spiegato che quella decisione se l'aspettava da tempo. «Temo - ha aggiunto - che il suo arrivo, invece di semplificare la creazione di un polo moderato, complicherà la questione. Io comunque non ho posto veti, né fatto polemiche, siamo all'inizio di un'avventura che ognuno valuterà attentamente. Tuttavia faccio una considerazione critica sul suo discorso: quella stessa classe politica alla quale fino a ieri ha detto di volersi unire in modo che non avrebbe bevuto, come dice lui, l'amaro calice, quella stessa classe politica oggi diventa di politicanti, di chiacchiere, di inefficienza e di macerie. E' un linguaggio rischioso». Giudizi ben più pesanti, invece, sono venuti da Mattarella e Bodrato che hanno escluso «tout court» ogni ipotesi di accordo anche con Berlusconi. E allora? L'ipotesi più probabile è che Berlusconi si vada a collocare in un'alleanza comprendente gli uomini di Bossi, alcuni laici (Sacconi e gli altri) e gli «scissionisti» di Mastella e Casini. Un raggruppamento che al Sud, in assenza della Lega, sarebbe pronto a varare un accordo elettorale con Alleanza nazionale. Ieri, infatti, Gianfranco Fini ha incontrato Mastella, D'Onofrio e Casini al gruppo parlamentare del msi di Montecitorio proprio per trattare questo argomento. Se non ci saranno novità e se Berlusconi accetterà di stare in questa compagnia è probabDe che dopo il divorzio tra Lega e Segni, il ruolo di candidato a «premier» di questo schieramento tocchi proprio a «Sua Emittenza», malgrado la cosa non vada tanto a genio a Bossi che ieri si è beccato anche le ironie di Martinazzoli sull'argomento: «Ieri Bossi non se la prendeva con me ma con Berlusconi: gli spiegava che il capo della Lega è lui, Bossi, e non il Cavaliere». La rottura tra Segni e Bossi e l'entrata in campo di Berlusconi, potrebbero, però, anche cambiare qualcosa dall'altra parte. Certo Martinazzoli continua a ribadire due volte al giorno che il polo del «centro-moderato» si pone in una posizione alternativa nei confronti del «polo» di sinistra, che la linea del partito la interpreta lui e non Rosy Bindi o Sergio Mattarella. Detto questo, però, le polemiche che stanno attraversando il polo progressista potrebbero anche preludere a dei cambiamenti di indirizzo. Che le cose siano in pieno movimento lo testimonia quello che sta avvenendo a sinistra: due giorni fa, infatti, Occhetto ha raggiunto un accordo di governo con Ad e i cristiano sociali di Gorrieri, mentre l'intesa con gli altri protagonisti del tavolo progressista potrebbe diventare solo elettorale. Tattica o meno negli ultimi giorni si sono intensificati anche gli inviti del segretario del pds a Martinazzoli. Come pure è aumentato il lavoro diplomatico sotterraneo: da una parte gli ambasciatori di Ad (Adornato) e del pds (Petrucciuoli e Visani). Dall'altra alcuni esponenti di primo piano dei popolari come Mattarella. E proprio sul filo di questo lavorio continua a rimanere in piedi l'ipotesi di un possibile governo Prodi per il «dopo-elezioni». Ogni tentativo, però, di rendere più visibile un'ipotesi del genere prima del voto (un'esigenza che riguarda soprattuto il pds che non riesce a varare un programma che metta insieme tutto lo schieramento progressista, né tantomeno riesce ad esprimere il nome di un possibile premier) si infrange su una questione che Martinazzoli e i suoi pongono pregiudizialmente: la rottura dell'alleanza elettorale tra pds e Rifondazione. «Questa storia dei due tavoli, uno per il go¬ verno e uno per le elezioni, che si è inventata Occhetto - ha commev tato ieri Bodrato - non sta in piedi, non basta». Ecco perché gli «ambasciatori» stanno lavorando ad un'ipotesi subordinata, cioè la possibilità di stipulare a livello locale degli accordi di non belligeranza tra il pds e i popolari. Così, alla fine la grande giostra degli accordi fatti e disfatti, delle alleanze che nascono e muoiono nel giro di 24 ore, cioè tutto questo «bailamme» che fa paragonare l'esordio della seconda Repubblica ai giorni peggiori della prima, brucia anche speranze e illusioni. Due giorni fa dopo il «temporaneo» accordo con la Lega, Segni era diventato il candidato principe alla successione di Ciampi (la sinistra non ne ha presentato finora nessuno). Ora, scendono le sue «chance», aumentano quelle di Prodi e entra sulla scena anche Berlusconi, semmai vincesse la destra. Ma l'apertura di Segni alla Lega è stato un azzardo o no? Spiega con il senno di poi uno dei partisti che gli sono rimasti più fedeli, Andrea Borri: «Mariotto questa mossa non poteva non farla, visto che una parte dei popolari e il pds stanno valutando l'ipotesi di un governo Prodi per il dopo elezioni. Forse ha sbagbato a spingersi troppo in là, non doveva firmare senza delle garanzie quel programma. Ma anche se lui ha preso qualche bastonata, Bossi non sta meglio: ha dimostrato di essere inaffidabile». lau. min.] 7

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