per tre ora di lavoro di Lietta Tornabuoni

Per tre ore di lavoro ri Per tre ore di lavoro L ragazzo romano che di notte lavora ai Mercati Generali (per metà del turno scarica cassette, per l'altra metà confeziona frutta e verdura destinata ai supermercati) racconta oscillando tra pena e disagio quanto sia duro, un poco prima di mezzanotte, dover attraversare per raggiungere il posto di lavoro la folla dei suoi coetanei, aspiranti a fare almeno qualche ora di facchinaggio e delusi. Nel buio, racconta, i respinti si stringono intorno ai lavoratori fissi, li premono, li spingono, chiedono «cedimi due ore delle tue», «dammi tre ore, ho bisogno», «fammi lavorare, aiutami», insistono con voci imploranti o violente, li trattengono, li pregano: «Certe volte tiro fuori duemila lire, dico: vatti a prendere un cappuccino, va'. Ho paura che mi mandino affanculo o mi riempiano di botte: invece le prendono, le duemila lire, ma se ne vanno come se avessero preso una bastonata». SE INVECE Se invece quel ragazzo di Torino avesse affermato d'aver scritto al presidente della Camera e a Bill Clinton scongiurandoli d'intervenire, di convincere loro la ragazza ad abortire? Se fosse andato a raccontare alla tv, alla radio e ai giornali che lui non la ama come lei non ama lui, che di sposarsi o vivere insieme non se ne parla per motivi sentimentali ed economici, che in simili condizioni sarebbe irresponsabile mettere al mondo un bambino, che lei è matta a volerlo per forza, che lui trova l'aborto l'unica soluzione indispensabile e ragionevole? Se le cose fossero andate così, i media se ne sarebbero occupati con altrettanti entusiasmi e spazi, dibattiti, ventagli d'opinioni e titoli? Chissà. Il media-interesse pare svegliarsi, acuirsi e sfrenarsi soprattutto di fronte a gesti di violenza, d'esibizionismo, d'egocentrismo e di prepotenza, di fronte a fatti che contraddicono la civiltà dell'agire, i diritti individuali, il buon senso, il comportamento decente e la democrazia dei rapporti: con una specie di strana golosità del peggio o con una pulsione accusatoria, ^repressiva, punitiva mani- COCORITO Tutti i leader in campo per le prossime elezioni si dichiarano liberaldemocratici, tutti si indignano per le tasse e per l'intero sistema fiscale ingiusti e schiaccianti, tutti sostengono che le riforme costituzionali sono appena all'inizio, tutti promettono palingenesi: chi copia chi? Quelli di Rete 4 accusano Baudo di copiare il programma televisivo che loro avevano copiato, legittimamente e per primi, dalla televisione brasiliana. «L'Unità» presenta come nuova, con la massima enfasi pubblicitaria, con alti ragionamenti avanguardistici da scopritori-inventori, una partizione del giornale in due fascicoli copiata da quella che «La Stampa» sperimentò dal 27 giugno 1989 al 9 maggio 1991. Una compilation musicale" viene battezzata'«Amori in corso», copiando senza remore il titolo d'un film di Giuseppe Bertolucci. Quelli di «Striscia la notizia» certo non hanno torto ad aver adottato una canzone-sigla che satireggia («Hai capito, Cocorito?») gli imitatori pappagalleschi, la tendenza invadente a prendere idee altrui impadronendosene e attribuendosele. Sono anzi, al solito, geniali, o pazzi, o tutt'e due le cose insieme: basta vedere le loro ultime trovate, l'intervista muta con la loquacissima Donatella Di Rosa, il candido coniglio presentato come commercialista d'un cane bianco, Berlusconi che si butta e non si butta e rischia di venir buttato, le immagini di Craxi che nell'aula del Parlamento si massaggia le reni e i glutei infilando le mani dentro i pantaloni. Lietta Tornabuoni -j festantesi con troppa insistenza, davvero molto brutta.

Persone citate: Baudo, Berlusconi, Bill Clinton, Craxi, Donatella Di Rosa, Giuseppe Bertolucci

Luoghi citati: Torino