La moltiplicazione della dc e quei mezzibusti sui canali televisivi

«Faceva l'interesse del suo Paese E Gorbaciov?Ha distrutto l'Urss d'accordo con la Cia e col Papa» (LETTERE AL GIORNALE La moltiplicazione della de e quei mezzibusti sui canali televisivi Don Sturzo e i sospetti Con un titolo accattivante, paradigmatico del cinismo dello spettacolo, Curzio Maltese ci ha spiegato, sulla Stampa di domenica, che in tv «la de must go on», e che va avanti di più e meglio di prima perché «sparpagliata nei canali». Se il partito-tutto è formalmente finito, rimangono però in eredità agli italiani i mezzibusti del «regime» che fu, i quali chissà per quanto tempo ancora, attraverso il tubo catodico, minacciano di prolungare con le loro facce e il loro stile la democristianità. Accadrà per ignoranza o maestrìa? Questo non è chiaro, nell'elzeviro pedagogico di Maltese. Come non lo è il concetto stesso di democrazia cristiana, forse trasformatasi ai suoi occhi in pura immaterialità, addirittura in una categoria dello spirito. Di certo deve trattarsi di un qualcosa che resta molto pericoloso, se il sarcasmo della critica televisiva cede subito il passo, dopo poche righe, al sospetto più tremendo: e se fossimo in presenza, azzarda infatti l'autore, dell'ennesima, luciferina astuzia democristiana? L'astuzia di dividersi, per moltiplicare i servizi che la riguardano su molte reti contemporaneamente, con il povero don Sturzo volta a volta accomodato in versione martinazzoliana, segnana, casiniana, eccetera? L'assunto è spiritoso, ma il guaio è - e qui sta la ragione di un'obiezione rispettosa ma consapevolmente polemica - che Maltese fa intendere che le cose stiano davvero così, e che «ne avremo ancora per qualche mese o anno». Gli assunti andrebbero possibilmente dimostrati, e non soltanto tratteggiati con il pennello elzevirante. Se per Maltese è strana un'intervista del Tg 1 a Martinazzoli, ed è strano l'aplomb iroico e anglosassone di un giornalista di razza stimato nel mondo e niente affatto democristiano, ad un altro può apparire strano, o deliberatamente, mali- ziosamente, ferocemente dannoso nei confronti del nuovo Partito popolare, l'avere trattato un evento, come è accaduto in tutte le reti di tutte le televisioni (non sulla carta stampata), alla stregua di due eventi. Uguali e contrari. Domanda: ricordano qualcosa di simile i telespettatori, quando dalle ceneri del pei nacque il Partito democratico della sinistra, e alla sua sinistra la scheggia di Rifondazione? Come si vede, all'esempio di un presunto favore, si può opporre un altro esempio che suggerisce considerazioni capovolte di penalizzazione e non di agevolazione indebita. Ma il problema, evidentemente, non sta nella quantità di frecce di ciascuno. Non è il numero degli esempi a favore o contro una determinata tesi, che qui interessa. Piuttosto, con la coscienza libera di uno che - come chi scrive - non ha mai chiesto e non chiederà mai di «controllare prima la scaletta del Tg 1 », si vorrebbe conoscere, da una coscienza pure libera nel denunciare le deformazioni del telekabulismo come quella dell'autore dell'articolo sulla Stampa, se per avventura la categoria della democristianità, che sopravviverebbe a tutto, non stia diventando un pregiudizio della mente. Non è forse che la de si prolunga, oltreché nell'atrofia della prosa e dei movimenti dei mezzibusti, anche come diabolica e inguaribile ossessione? Non crede Curzio Maltese di rischiare un poco anche lui, come il bravo portaborse, il bravo mezzobusto, il bravo presentatore frassichiano, la sorte del bravo critico conformista? E poi una cosa non sarebbe priva di curiosità: vedere i santoni della tv-verità alle prese con il Potere Progressista finalmente in sella, a parlare bene non del nuovo che avanza, ma del nuovo avanzato. Si scoprirebbe che non è a priori così ricca di stimoli la compagnia di chi, avendo sospirato di poter comandare per cinquant'anni, ora ci dovesse davvero riuscire. Per quanta vernice clintoniana si possa versare, lì il pensiero verrebbe un poco meno, ed altre avventure potrebbero rivelarsi culturalmente e politicamente più affascinanti. Non è raggiunto da questo sospetto anche Curzio Maltese? Marco Giudici Capo Ufficio Stampa del Partito popolare italiano Sono pronto a rifare l'Italia Sono un emigrante rientrato in patria dopo una vita in fabbrica. A 60 anni! Mi becco 830.000 lire di pensione e ho la moglie a carico = 415.000 lire a testa e pedalare. Invece di godermi la meritata pensione dopo 50 anni di fabbrica, stremato e spremuto come un limone, mi devo mettere un tornio in cantina per sopravvivere! Lavoro poco, tasse da matti, pago più di quel che guadagno! Non posso chiudere perché non ho i milioni per l'atto notarile! Chiedo scusa al Popolo Italiano! Per 30 anni ho affrontato disagi economici e fisici per venire in Ita¬ lia e votare una massa di ladri! E' chiaro che se verrà un ribaltone, io sarò sulle barricate a menare botte da orbi! Mettetevi nei miei panni e poi datemi del facinoroso! Chiedo ancora scusa, ma ero in buona fede, lo dimostra la mia valigia di cartone legata con lo spago che mi ha seguito, nell'abbandono della patria. Viva l'Italia, eliniiniamo le macerie, e ricostruiamo, lo abbiamo fatto nel 1946, non vedo perché non possiamo farcela nel 1994! Lamberto Conca Borgoratto Morrei. (Pv) Farsi cogliere in fallo Ho seguito in queste settimane su giornali e televisioni il «caso J. W. Bobbitt» e non posso fare a meno di sottolineare la superficialità di molti (non mi permetto di scrivere «tutti») giornalisti, che di ciò han scritto o riferito utilizzando il termine «evirazione», che ha univocamente il significato di asportazione dei testicoli e non del pene (essendo di sesso maschile, tengo alla distinzione). In questi casi non è forse meglio creare un neologismo, piuttosto che sbagliare e farsi cogliere in «fallo»? Luca Capra, Torino Un croissant è un croissant Non si è capito bene se quel romano che ha dissertato sui croissant nella rubrica del 13 gennaio arrivava da Roma o da chissà dove. Non è però con la iattanza e la supponenza che si impartiscono lezioni su cose che non si conoscono. Si dà infatti il caso che il croissant sia nato nella nostra regione 300/400 anni fa, e così è stato chiamato e si chiamerà e non è una cattiva traduzione del cornetto come pensa il sig. Catinari. Il cornetto è altra cosa, estranea e che non interessa i torinesi che non gradiscono il romanesco come lingua italiana nonostante gli sforzi Rai-Tv per im¬ porlo, né i cornetti al posto dei croissant tanto per chiarezza. Luciano Bovio, Mentone (Francia) Votare prima o dopo non era una tragedia E' così, dopo tante resistenze, da parte di una classe politica allo sbando, come data per l'elezione del nuovo Parlamento (il primo dopo Tangentopoli) è stata scelta domenica 27 marzo alla quale, per rispettare i precetti pasquali dei nostri connazionali di religione ebraica, è stato aggiunto anche il giorno successivo, lunedì 28. Scelta doverosa nei loro confronti, ma con la complicazione del maggior costo che comporta questa ulteriore appendice (tra l'altro appena abolita dalla nuova legge elettorale). Era davvero impossibile scegliere la strada più semplice, ovvero anticipare il voto di una settimana, portandolo al 20 marzo? Riesce incredibile pensare che la macchina airiministrativa non potesse essere pronta per quella data. Cambiava così tanto, una settimana in più o in meno? Neanche fosse la prima volta che si deve affrontare una prova elettorale! Aldo Novellini, Torino Le fortune degli edicolanti Rispondo al sig. Umberto Catoia di Torino. Sono un edicolante con una licenza che vale oro (come dice lui), forse lei trascura un dettaglio non indifferente, quando smetto di lavorare non c'è nessuno che mi dà la liquidazione di fine rapporto. La vendita della licenza corrisponde al valore di due dipendenti e mez zo di qualsiasi industria o ente che ricevono la liquidazione dopo 35 anni di lavoro, senza un giorno di ferie pagato per 14 ore al giorno di lavoro per 6 giorni e mezzo la setti maria. Aggiungo inoltre l'obbligo di non stare mai ammalato. Mi per metto di consigliarle di essere cau to nell'elencare le fortune altrui. Vittorio Betti, Torino

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