Padova dice no a Renato Curcio di Giuliano Marchesini

Padova dice no a Renato Curcio Bocciata la lezione all'Ateneo Padova dice no a Renato Curcio PADOVA DAL NOSTRO INVIATO Renato Curcio non terrà lezione. E' respinto dall'Università: non gli metteranno a disposizione una cattedra dietro la quale sedere, per parlare agli studenti, e «portare un'altra offesa alla città». Ma non tutte le porte si chiudono, a Padova, per il leader storico delle Brigate rosse: resta aperta quella del palazzo della Gran Guardia, dove venerdì Curcio potrebbe partecipare a un dibattito, e disseppellire qualche pezzo di passato terroristico per un riesame. Il «no» dei vertici universitari è venuto ieri, in un clima di tensione che sembrava ormai lontano negli anni. Alla facoltà di psicologia, dove Curcio sarebbe andato a tenere uno dei seminari, ha deciso il preside Vittorio Rubini, dopo una riunione del consiglio di presidenza. E questo è il comunicato: «Il preside e il consiglio di presidenza della facoltà di psicologia, che fu così duramente colpita nei suoi docenti e nelle sue strutture durante gli anni dell'eversione e del terrorismo, escludono totalmente la possibilità che uno degli ispiratori principali della violenza eversiva (che oltretutto non si è mai esplicitamente distaccato dalle posizioni assunte in quel periodo) possa, a qualsiasi titolo, tenere conversazioni o seminari nei locali che sono a disposizione della facoltà. Deplorano che i tempi necessari per le opportune consultazioni dei colleghi abbiano dato luogo ad interpretazioni non corrette circa l'atteggiamento della facoltà». A Scienze Politiche, per respingere Curcio, non c'è stato nemmeno bisogno di una nota ufficiale. Non c'era, dicono, una «chiamata» da parte di docenti, ma soltanto una proposta di mettere l'ex brigatista di fronte agli studenti. Così il preside Giuseppe Zaccaria ha tagliato corto. «Una iniziativa di questo genere sarebbe sembrata profondamente inopportuna, potendo prestarsi ad una lettura ambigua del fenomeno del terrorismo». Dice Zaccaria: «Sugli avvenimenti politici di quegli anni si deve continuare quel processo di riflessione che la facoltà ha avviato e condotto recuperando da lungo tempo la sua serenità, e garantendo a tutti la libertà di espressione. Ma vanno evitate iniziative estemporanee e laceranti». Iniziative laceranti per quanti hanno patito di terrorismo, non soltanto tra i docenti universitari. A Scienze Politiche adesso insegna il professor Piero Mazzola: è il figlio del custode della sede missina di via Zabarella, ucciso nel '74 dalle Brigate rosse. «Non so - dice - che cosa potrebbe insegnare Curcio agli studenti». L'ex leader storico delle Br fermato dall'indignazione, e da un carico di sofferenze, sulla soglia dell'università patavina. L'on. Antonio Pappalardo era pronto a restituire il suo diploma di laurea conseguito in questo ateneo, se a Curcio fosse stato consentito l'ingresso in aula. «Si cerca di far passare - dice - un terrorista per un educatore di giovani. Con questa logica, dovremmo invitare Totò Riina per spiegare ai nostri studenti cos'è la mafia». Ma per gli autonomi che fanno sentire la loro voce attraverso Radio Sherwood, Renato Curcio ha qualcosa da dire, anche a Padova. Quelli che aderiscono alla componente «Sudenti per la libertà di pensiero» attaccano l'Università, parlano di «indisponibilità a confrontarsi con percorsi culturali autonomi, dando ufficialità a quel senso di afasia culturale che si respira tra le sue mura». In una specie di comunicato, scrivono che gli Anni Settanta hanno rappresentato per questo Paese, per questa città e per la sua università, un momento importante, comunque lo si giudichi. «Quegli anni hanno segnato Padova in maniera forse indelebile. Chi, oggi, istericamente, continua a riproporre la cultura del nemico e del sospetto ha delle responsabilità gravissime per quello che in quegli anni è successo. E' forse per questo che evita il confronto e che impedisce ai phi giovani di ricercare?». «Curcio», dicono, «deve poter parlare». Domani si riuniranno in assemblea. Giuliano Marchesini Renato Curcio, leader storico delle Brigate Rosse

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