Celentano: come sporcare un dipinto di Raffaello

Celentano: come sporcare un dipinto di Raffaello Tf'y. —V;- '.-<-r' Celentano: come sporcare un dipinto di Raffaello Tf'y. —V;- '.-<-r' <T ' TRA RICORDI E' Iffun po' come se io cedessi il Ragazzo della via Gluck alla pubblicità di un detersivo, no?». Adriano Celentano commenta così, a caldo, il Dylangate. «Beh, certo che non è una cosa nobile» aggiunge. E cerca al telefono un altro paragone per spiegare il suo molleggiatopensiero: «Ecco, è così. E' come fare una macchia su un quadro di Raffaello». Scandalo o no? La questione è discutibile. Certo è che da un cantautore diventato simbolo di ribellione e rivolta ci si aspetterebbe, anche nelle questioni di business, tutt'altri comportamenti. E' anche vero però che la fama espone a «tentazioni» che non insidierebbero mai la gente comune. Celentano, ad esempio, ammette: «Anche a me anni fa chiesero dei brani per alcuni spot televisivi. Uno era un cartone animato, mi sembra. Successe molto tempo fa, forse quincidi anni. Io accettai, ma non mi pare che chiesi molti soldi». Se Celentano ha un rapporto tutto suo con denaro e compensi («Con i soldi non ho dimestichezza. In genere quando vado in un posto, o non chiedo niente o chiedo delle cifre astronomiche. E in tutti e due i casi mi va sempre bene, perché chiedo con convinzione»), sono tanti gli artisti che hanno saputo «vendersi» molto bene, con maestria e discre¬ zione: da David Bowie a Madonna, passando per i mitici Beatles. Qui però la querelle tocca una canzone che è anche il simbolo di un'epoca. «Certo, se per uno spot mi avessero chiesto "L'albero di 30 piani" o la stessa "Via Gluck" - dice Celentano - allora sarebbe stato diverso. Ci sono canzoni che contano molto, brani manifesto. Quelle le darei soltanto per uno scopo che corrispondesse all'intenzione dei brani. Gratis». Se Adriano Celentano disapprova, Giorgio Gaber, invece, non si stupisce per niente. «Bob Dylan ha venduto un suo brano per uno spot? Beh, gli artisti americani sul piano della promozione sono sempre stati bravissimi, il massimo dice ridendo -. A loro, da sempre, interessano soltanto i soldi». E aggiunge ancora, ironico: «Siamo stati noi, piuttosto, gli stupidi, a crederci». «The Times They Are A Changin» è soltanto il più clamoroso in una lunga serie di «classici della rivolta giovanile» utilizzati negli ultimi mesi a scopo commerciale. Tra le leggende della cultura Anni Sessanta che sono crollate di fronte alle lusinghe del business, si sono messi in prima fila i leggendari Rolling Stones. Mick Jagger e Keith Richards hanno infatti ceduto i diritti di «Satisfaction» ai produttori delle merendine «Snickers». Uno scandalo? Insomma. Cer¬ to l'offerta che i due avevano ricevuto era quasi impossibile da rifiutare: il compenso ammontava a ben 2,8 milioni di dollari. Come Dylan, Jagger e Richards, anche il complesso Crosby, Stills, Nash and Young (per la bella somma di 1,5 milioni di dollari) hanno venduto il marchio di «Teach Your Children» alle mutande Fruit of the Loom. Con tanto di commento di Nash, che aveva scritto la canzone: «Non pretendiamo mica di essere Mozart», aveva detto, candido. «Il mondo bisogna prenderlo per quello che è, non bisogna stupirsi di nulla», commenta Gaber. Scandalo o no, vergogna o meno, i pareri sono discordi. C'è pure chi dice che il problema non si pone neanche. Fabrizio De André, per esempio, risponde un «non mi interessa» secco secco al quesito. «Bob Dylan con le sue canzoni può fare tutto quello che vuole». Amen. Cristina Caccia «E' un peccato poteva farlo gratis» Gaber: «Lo assolvo» De André: «Affari suoi» j| In alto Adriano Celentano A destra, Giorgio Gaber