Irma, il simbolo non camminerà più

Irma, il simbolo non camminerà più Irma, il simbolo non camminerà più Al capezzale londinese della bimba paralizzata SORRISO SENZA SPERANZA CLONDRA HIUNQUE stenterebbe a riconoscere Irma Hadzimuratovic nella bambina paffuta che distribuisce sorrisi da un lettino dell'ospedale londinese di Great Ormond Street. Occhi accesi, guance piene e corpo inerte, «la piccola donna coraggiosa» (così la definisce il dottor McDermatt che andò a prenderla a Sarajevo con un aereo militare) è paralizzata dal collo in giù. E' sempre attaccata al respiratore nel reparto di rianimazione dove è stata salvata lo scorso agosto. Ma rinsalda la presa sulla vita e impara l'inglese. E' ancora presto per dire se recupererà l'uso degli arti, informa l'equipe di specialisti che l'ha in cura. Ma le speranze sono esigue. La meningite batterica, conseguenza della ferita alla schiena provocata dalla granata che le ha ucciso la madre, l'ha superata apparentemente senza danni cerebrali devastanti. Irma, sei anni, parla e capisce, conversa con il padre Ramiz e la sorellina Medina, ma i medici sono cauti: il suo sviluppo intellettivo potrebbe rivelare lacune. Per adesso però risponde bene alle sollecitazioni del suo «specialista in gioco», dei fisioterapisti e delle infermiere che le insegnano la lingua del suo Paese adottivo. Parola dopo parola, comincia ad articolare brevi, goffe frasi. Le capita di piangere spesso quando chiede notizie della mamma. «Rimettiti in salute e andremo a trovarla», è la pietosa risposta paterna. Il signor Hadzimuratovic, viso bruno mangiato dal dolore, vive per le figlie. «Il mio futuro dipende interamente dalle condizioni di Irma», sussurra. Trascorre tutto il giorno al suo capezzale, un lavoro non ce l'ha. Continua ad abitare all'interno dell'ospedale, in uno dei padiglioni assegnati ai parenti dei piccoli ricoverati. Tiene un diario in cui annota con minuziosa apprensione i progressi della sua primogenita. Il 5 ottobre scorso Irma lamentava un dolore all'addome e Ramiz si illuminava: «I dottori dicono che è un buon segno. Vuol dire che non è paralizzata completamente». Dieci giorni dopo si accasciava: «Oggi la mia bambina voleva venir via con me. Le ho detto che non può, perché non sta ancora bene. Lei ha protestato che non sente alcun dolore. Come faccio a dirle che non potrà mai più camminare...». Secondo il settimanale «Hello!» la piccola si è agitata quando ha saputo che tra qualche mese potrebbe essere trasferita in un altro ospedale. La testiera bianca del lettino di Irma era, fino a pochi giorni fa, inghirlandata di festoni natalizi. Un pupazzetto la osserva appollaiato sul tubo del respiratore. Sul comodino è allineata una batteria di biglietti d'auguri: decine di suoi coetanei inglesi le raccomandano di tener duro. Sparpagliate sul letto, le fanno compagnia una Barbie, un bambolotto e tre fantocci di peluche. Lei li guarda, ma per gio¬ carci deve aspettare che qualcuno glieli metta tra le braccia o glieli agiti davanti al viso. Le sue manine grassocce sono immobili. Al dito mignolo della sinistra le hanno infilato un vezzoso anellino, al pollice un sensore le misura la pressione. Le sue infermiere preferite, Lisa, Jayne e Trudy, a volte devono accorrere, invocate per nome, nel bel mezzo di feroci crisi di pianto. Riescono a riportarle un sorriso dominato da due gran dentoni: gli incisivi che le sono cresciuti in questi cinque mesi di degenza. Da quel 10 agosto in cui approdò in condizioni disperate a Great Ormond Street, attirando su di sé l'attenzione del mondo e diventando causa o pretesto di una controversa operazione di salvataggio che ha portato il suo nome, Irma ha combattuto una buona battaglia. Maria Chiara Bonazzi Sta imparando l'inglese e chiede della madre morta Irma, 6 anni ha contratto la meningite a causa della ferita della granata che le uccise la madre A sinistra il padre

Persone citate: Hadzimuratovic, Irma Hadzimuratovic, Maria Chiara Bonazzi, Occhi, Ormond

Luoghi citati: Great, Sarajevo