Da operaio a «gran nemico» di Francesco Bullo

Da operaio a «gran nemico» Da operaio a «gran nemico» «Mortimer» fu il protagonista di epici scontri con i sindacati ORTIMER torna in campo: quando c'è bisogno di lui non si tira indietro. Così, a 63 anni, Felice Mortillaro (un cuore di falco e una colomba come simbolo di famiglia) accetta una nuova sfida. Non è una novità, in fondo questo fa parte della sua vita, del suo modo di concepirla. Da giovane aveva la passione per il diritto canonico (un avo fu segretario generale del tribunale della Santa Inquisizione a Palermo) e aspirava ad una carriera universitaria. Alla cattedra arriverà, ma molto dopo, a Perugia, e per insegnare diritto del lavoro, non diritto canonico. I suoi inizi, appena laureato, furono da operaio. A 25 anni, con quella qualifica, entra all'Ansal¬ do di Genova e comincia a farsi le ossa in produzione. Salario: 44 mila lire il mese. Subito i compagni di lavoro lo ribattezzano «lotta continua» per la sua capacità di provocare scioperi e agitazioni in aree dove prima non era mai successo nulla. Le sue capacità vengono subito notate e conquista i gradi di capo del personale. A farne le spese sono altre due sue passioni, il violino e il pugilato. Ma del boxeur gli resta la grinta. Passa all'Ape di Vado, rientra all'Ansaldo, trasloca alla Max Meyer e infine, nel 1971, approda ai vertici dell'aristocrazia industriale italiana: responsabile delle relazioni sindacali nella neonata Federmeccanica. Era l'epoca di Emilio Mazzoleni (al quale succedette Walter Mandelli) e Renato Lombardi. Cinque anni dopo ricopre l'incarico di direttore generale della Federmeccanica per assumerne nel'82 la carica di consigliere delegato. Con questi ruoli, e per vent'anni, partecipa da protagonista ai più caldi appuntamenti contrattuali, trovandosi dall'altra parte del tavolo «avversari» come Trentin, Camiti, Benvenuto, e poi Pio Galli, Mattina, Bentivogli. Temuto, rispettato, visto con diffidenza (anche in campo confindustriale), anche odiato. Certo non ha mai usato il guanto di velluto con i lavoratori, con il sindacato. Un «falco», un duro, un animazza-operai, lo definirono. E Ottaviano Del Turco, nel 1983, quando era segretario generale aggiunto della Fiom, arrivò a chiederne la testa agli industriali: «Fate fuori Mortillaro - disse - e firmiamo subito il contratto». La firma ci fu, ma Mortillaro rimase «inossidabile» al suo posto e di quegli anni ricorda con rispetto un «grande contrattualista». «Pierre Camiti - ha detto in alcune recenti interviste - era intran¬ sigente nelle piazze ma pragmatico al tavolo delle trattative». Brillante e pungente. Di lui ricordiamo alcune battute come quella del '90: «Propongo maggiori profitti per le imprese, si pagheranno molti costi sociali, non 10 nego: significa maggiore elasticità della forza lavoro, flessibilità assoluta, fine di alcuni vincoli anche per la salute e per l'ambiente. E anche minore occupazione». O l'altra (1988) sul femminismo: «In Italia il movimento femminista trova uno dei suoi radicamenti proprio nel fascismo: è 11 fascismo che organizza i cosiddetti fasci delle donne e mette le armi in mano alle donne». Dopo vent'anni passati tra grandi ristrutturazioni, riduzione dei salari, accordo di San Valentino che ritoccò la scala mobile, un altro balzo per diventare nel '92 il leader di una nuova organizzazione imprenditoriale dei servizi. Non era la fine di una carriera. Adesso Roma lo chiama, e il pugile si prepara a rimettere i guantoni. Francesco Bullo

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