Verso Gerusalemme

Verso Gerusalemme Verso Gerusalemme «Finirà lì il mio vagabondare» " W: : . 1 " I DIALOGHI CON LA STAMPA OUESTA volta ha fatto come i Presidenti degli Stati Uniti, come Clinton o Reagan o Bush, che fanno le conferenze stampa in un prato o in un salone della Casa Bianca. Papa Wojtyla è venuto a incontrare i giornalisti nella Sala stampa Vaticana tutta rimessa a nuovo, luccicante di vetrate e morbida di velluti, con il direttore Joaquin Navarro Valls che esplodeva di contentezza. E' la prima volta che il Pontefice si espone a una vera conferenza stampa davanti a tutti i rappresentanti dei mass media. L'aveva fatto qualche anno fa a Castel Gandolfo, ma soltanto con i giornalisti della stampa estera. In genere, è nei suoi itinerari per il mondo (il «mio vagabondare» ha detto anche ieri) che Wojtyla prende dimestichezza coi giornalisti. Il rapporto del Papa con i mass media è cordiale e complesso. «Il Papa non è così facile a convertirsi davanti alla stampa», ha detto un giorno. E, tuttavia, Giovanni Paolo II, in aereo, passa quasi sempre a trovare i giornalisti e a conversare un po' con loro. Non è proprio una conversazione. Al Papa vengono poste domande ed egli risponde. Qualche volta, la risposta può essere una risata. Paolo VI, che fu il primo Papa a viaggiare in aereo, andava a salutare i giornalisti all'inizio del viaggio. Ma non gli si poteva fare domande. Se qualcuno osava aprire bocca, gli veniva subito chiusa da un gesto imperioso del suo segretario. Con qualcuno si intratteneva più a lungo. Una volta si fermò con Vittorio Gorresio, inviato de La Stampa. Gli parlò all'orecchio come se lo stesse confessando. Gorresio ascoltava con la testa china. Non volle mai rivelare quelle confidenze di Papa Montini. Con Papa Wojtyla, invece, c'è un rapporto di naturalezza. Una volta, nell'isola di Sao Tome, per ripararsi dal sole infuocato accettò di calcarsi in testa il cappello di un giornalista: era dell'inviato de La Stampa. I temi, toccati nella conversazione in aereo, sono i più vari: religiosi, morali, politici. Finora, la domanda che si è sentita rivolgere più volte era: «Santità, quando andrà a Mosca?». Lui allargava le braccia. Era una previsione che ancora non sapeva fare. Adesso, la domanda che gli fanno è: «Quando andrà a Gerusalemme?». Gliel'hanno fatta anche ieri in Sala stampa vaticana. Lui ha risposto che questo viaggio è nei suoi programmi e nei suoi desideri. «Il mio - ha detto vuole essere un viaggio di fede, un camminare sull'itinerario di Abramo e di Mose, sulle strade percorse dagli apostoli. Paolo VI ha cominciato i suoi viaggi recandosi a Gerusalemme. Io vorrei terminare il mio vagabondare per il mondo arrivando nella Città Santa». «Sono stato chiamato il nuovo Mose», ha concluso, sorridendo, «e dunque vorrei realizzare questo mio desiderio». «Wojtyla, il nuovo Mose» è il titolo di un libro uscito per i dieci anni di pontificato di Giovanni Paolo II. Tre anni fa, nel suo quarto viaggio in Polonia, il Papa percorse per nove giorni il suo Paese predicando a gran voce i Dieci Comandamenti. Alla fine del viaggio, quando rientrò a Roma in aereo, mentre passava a salutare i giornalisti, gli dicemmo: «Santità, questa volta, in Polonia, ha fatto davvero il Mose». Sorrise. «Mose?», esclamò: «Sì, un pochino». Pochi giorni dopo, a Roma, conversando con un superiore generale di un Ordine religioso, egli stesso si descrisse, quasi divertito: «Ad ogni tappa, mi pareva di scendere dall'aereo con le Tavole della Legge sotto il braccio». Domenico Del Rio Quando i giornalisti lo chiamarono Mose La volta che Montini parlò all'orecchio di Vittorio Gorresio Sopra il titolo Giovanni Paolo II con Joaquin Navarro Valls A sinistra papa Paolo VI