Bossi: piano con i proclami decido io

Il Senatur prende 24 ore di tempo per valutare i termini dell'intesa: «Da soli avremmo più voti» Il Senatur prende 24 ore di tempo per valutare i termini dell'intesa: «Da soli avremmo più voti» Bossi: piano con i proclami, decido io «Non rinuncerò alfederalismo» MILANO. Premessa: «Non ho ancora parlato con Maroni». Lettura delle due pagine faxate dall'ufficio di Mario Segni e primo commento: «La dura lotta della Lega qualche effetto comincia a darlo. E' un programma copiato dal nostro...». Ma Umberto Bossi, fresco sposino, la fede che luccica al dito, sul tavolo l'ultimo regalo di nozze (una tromba) non lascia passare cinque minuti ed è sempre il solito Bossi: «In questo documento manca la cosa più importante: che la prossima dovrà essere una legislatura costituente. Se manca questo, è un documento buono per il cesso». Fine dell'accordo tra Maroni e Segni, tra Lega Nord e Patto per l'Italia? Un momento: «E' un fatto positivo», ripete Bossi. Ci mancherebbe, «è la conferma che una qualche svolta in senso federalista potrebbe esserci». Ma a Bossi non basta. Pièna fiducia al suo ambasciatore plenipotenziario Maroni, «però prima di sottoscrivere quel documento voglio aver ben chiara e sott'occhio la situazione». Alle otto di sera non ha ancora sentito Maroni, e chissà quando lo sentirà visto che il suo capogruppo era poi impegnato a cena, nientemeno che con l'ambasciatore degli Stati Uniti. Maroni va e tratta, Bossi chiosa e decide. Maroni che telefona nella sede di via Arbe e lascia messaggi più corti di un telegramma: «Il cerino è in mano a Segni e Martinazzoli», «Noi abbiamo le mani più libere di prima». L'incontro romano non ha spiazzato Bossi, che per la verità non si era mai piazzato da nessuna parte. Caso mai ha spiazzato Berlusconi: «E adesso che faccio?», ha telefonato a Maroni: «Aspetta che si muova Martinazzoli». Ma non è che lasciate da parte Forza Italia? «Proprio no Cavaliere, e se qualcuno si scotta non saremo noi della Lega o voi». E mentre le agenzia di stampa si riempiono di commenti, Bossi preferisce una riunione con Tino Rossi, l'altro ambasciatore leghista, l'alessandrino che batte il Sud. «Bisogna cominciare a pensare ai collegi elettorali e ai can¬ didati...». E a proposito, a sera, Bossi torna sull'incontro romano. Par di capire che, come non ha mai negato, Bossi preferirebbe correre verso il 27 marzo da solo. Dice: «Per fare un'alleanza elettorale, da parte nostra ci vuole molta generosità, dovremmo cedere qualcosa e in cambio diventare partito nazionale, non limitarci al primato nel Nord». La prende da lontano, ma poi rieccolo, deciso: «Noi, da soli, prenderemmo più voti che bene o male accompagnati. Ma se poi diventiamo partito nazionale sarà di tutto il Paese, compreso il Meridione, l'obiettivo della Seconda Repubblica». E insiste, Bossi: legislatura costituente nel dopo marzo, nuova Costituzione federalista per «uscire dal pantano della Prima Repubbblica». Costituzione federalista, unitaria sì, ma federalista: «Da quel che leggo sul documento, Segni a un piccolo federalismo di facciata ci sta, ma sappia che la Lega non molla il federalismo politico». E finirà che il documento «è una cosa a metà strada». Soddisfa ma non troppo. E' positivo ma non basta. Così, aspettando la telefonata di Maroni, ecco lo sfogo del Capo: «Nella Lega ci sono più anime e io le tengo assieme. Una gran parte della base vuole le baionette, e in ogni momento può scattare la lotta di liberazione. Bisogna capire bene i traffici martinazzoliani, perché io sono un guerriero, lui un ladro di polli. Viviamo la felice congiuntura che ci permette di battere pds, de, Berlusconi. Li battiamo tutti con la mano destra legata». Dunque in poche ore tutto svanisce? «E chi l'ha detto!», risponde Bossi. Già, deve ancora parlare con Maroni. E oggi pomeriggio deve riunire il Consiglio federale della Lega. «Dobbiamo valutare se entrare in una coalizione, questo è il punto. Noi non abbiamo bisogno di nessuno, sono gli altri che hanno bisogno di noi». Carta e penna, giù una riga all'altezza del Po: «Sopra il Po siamo al 45 per cento dei voti e siamo in grado di sconfiggere chiunque». Vuol dire che questo è l'orientamento, che la Lega alla fine correrà da sola? «No, non ho detto questo. Aspettate 24 ore». Aspettare, aspettare come Berlusconi, aspettare Martinazzoli. Accordo sì? «Dico che noi siamo ricchi, floridi e pronti a combattere. E l'accordo, se si farà, dovrà essere fatto tenendo presente l'obiettivo: dovrà servire alla Lega per diventare for¬ za nazionale e che noi siamo nati per difendere la libertà del Nord. Non abbiamo mai avuto dubbi o paura, né di Segni, né di Martinazzoli, né di Berlusconi». Legislatura costituente o niente, insomma. E l'accordo sul premier? «Non conta niente il premier, contano le forze politiche che lo tengono legato a triplo filo». Ma con chi è d'accordo Bossi: «Per adesso su niente e con nessuno». Le decisioni, dopo il rapporto Maroni, forse in giornata. Giovanni Cerniti «La lotta della Lega comincia a dare frutti questo programma è stato copiato dal nostro» ~i - ■ Umberto Bossi: «Noi, da soli, prenderemmo più voti che bene o male accompagnati. Ma se diventiamo partito nazionale nche il Meridione avrà l'obiettivo della Seconda Repubblica»

Luoghi citati: Italia, Milano, Segni, Stati Uniti