Pittrice e musa amò Apollinare
Pittrice e musa amò Apollinare Marie Laurencin a Martigny Pittrice e musa amò Apollinare EMARTIGNY A mostra di Marie Laurencin alla Fondazione Pierre Gianadda dimostra la sopravvivenza degli antichi miti dell'avanguardia parigina della prima metà del secolo: dal Bateau Lavoir fino alle squisitezze déco di Les Biches di Poulenc e degli arredamenti di Groult, con a parete il ritratto della moglie Nicole, sorella di Paul Poiret, dipinta da Marie, amica e amante della coppia. «Marie d'Exil/ Marie Perdue/ Marie de France», poetava André Salmon nel 1922, perché durante la Prima Guerra mondiale Marie e il marito, il barone tedesco Otto von Wàtjen, si erano esiliati in Spagna, fra i Delaunay, Picabia, Gomez de la Sema. E Cocteau: «Povera cerbiatta/ Presa in trappola/' Fra i Fauves/ E i Cubisti». Le due versioni di uno dei quadri più celebri del Doganiere Rousseau, La musa che ispira il poeta, rappresentano Marie con l'amante Apollinare. Settantatreenne, fu sepolta nel 1956 al Pére Lachaise, abito bianco, una rosa in mano, le lettere di Apollinaire sul cuore. Per completare questo incredibile quadro di mitica sofisticazione parigina, nel 1970 il magnate giapponese Masahiro Takano, presidente della Gree Cab Corporation di Tokyo, in missione a Parigi, è folgorato dalle sue zuccherose fanciulle in fiore. Fonda a Tateshina un Museo Marie Laurencin, quasi cento oli, più di 500 fra disegni e acquerelli, 200 incisioni, 50 libri illustrati (Apollinaire e Salmon, Gide e Cocteau, Léautaud e Crevel, Montherland e la Mansfield, Verlaine). Trecentomila visitatori nel 1992. Un florilegio di cento opere del museo è esposto qui a Martigny fino al 6 marzo. C'è anche il sullodato Ritratto di Madame Groult, née Nicole Poiret, ovale 1913: va da sé che l'arredamento all'Expo Déco del 1925 in cui era esposto era intitolato La Maison de l'Ambassadrice. L'immagine concentra in sé una sorta di danza acrobatica sul filo che corre dai giorni in cui la «banda Picasso» faceva ubriacare la bizzarra ragazza pittrice amica di Apollinaire al banchetto in onore del Doganiere Rousseau fino all'«Entre-deux-guerre» dello scandalo Stavisky e della festa Ubu di Madeleine Anspach al Bai Negre nel 1929, con Fouijta mascherato da puttana. Con i colori del Picasso blu e rosa, ma slavati e pastellosi, la dama, stilizzazione ulteriormente filiforme fra Van Dongen e Chagall in un incredibile «mise», redingote, tutù e svolazzi velati alla Severini futurista, lunghissime gambe inguainate di celeste, si appoggia ad una cavalcatura color lavagna senza nome né sesso, vagamente cerbiatta. Feroce, la gran donna e prima modella di Picasso, Fernande Olivier, ricorda: «Fu da lui che Picasso e Apollinaire incontrarono per la prima volta Marie Laurencin. Una stravagante capitata chissà come nella galleria Clovis Sagot in rue Laffitte con quell'aria da ragazzina ingenua e un po' perversa, troppo ingenua per essere semplice... Trovò davvero la sua strada, quando scovò il Journal de demoiselle, una vecchia pubblicazione piena di deliziose incisioni in rosa, grigio, bianco e blu, che fu per lei una sorta di rivelazione e rappresentò una svolta». Feroce, ma esatta: Marie aveva cominciato nel 1908-1909 con l'ingenuità danzante delle due versioni di Apollinaire et ses amis, con Picasso in prima fila, di cui la mostra propone studi e disegni, ma poi per tutta la vita vaporò come bignè le sue «biches», Diane, Grazie, cavallerizze. Seppe ancora suggerire qualche profumo parigino ai più delicati dei Sei di Torino. Picabia, a Barcellona 1918, le fece un ritratto in forma di ventilatore dada: gli comunicava freschezza. Marco Rosei Una tela del 1926 di Marie Laurencin in mostra alla Fondazione Pierre Gianadda
Luoghi citati: Barcellona, Parigi, Spagna, Tokyo, Torino
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