Bracciodiferro per la Juve di Marco Ansaldo

La Samp contro la Signora punta sul momento-sì di Lombardo La Samp contro la Signora punta sul momento-sì di Lombardo Brqcciodiferro per la Juve «Libero da Vialli, ma lo rivorrei» ti 7 BOGLIASCO DAL NOSTRO INVIATO L'unico anfratto ombreggiato e gelido di tutta la Liguria, in un giorno che anticipa la primavera, è quello che ospita il campo di lavoro della Samp. Con il naso puntato verso la montagna e il viadotto dell'autostrada per La Spezia, la teoria del dolce vivere blucerchiato sembra svanire nella nebbia dei luoghi comuni. Invece si svolta il curvone in discesa dietro il cimitero ed è un bagno di sole, di luce, di mare. I sampdoriani fuggono svelti verso il loro paradiso, Eriksson più svelto di tutti perché nel pomeriggio che anticipa la Juve si è ritagliato lo spazio per una sfida a tennis contro il Pizzul di Svezia, un omaccione che dicono sia più preciso nello smash che nelle telecronache. Mentre il Trap si macera sulla marcatura di Gullit, il sempreverde Sven Goran si affanna a rispondere a un lob. «Come vede, tra noi e gli altri rimane una differenza», dice Lombardo, anima operaia della Samp che inyecchia libera dall'angoscia per il futuro. Si affacciano anni difficili per una squadra che ha esaurito un ciclo e non si illude di riaprirlo con Gullit e Evani, trentenni che si aggiungono ai trentenni. Siamo alla stagione degli ultimi fuochi. Però intensi e allegri, come le giocate di quest'ala che i compagni chiamano Popeye, Braccio di Ferro, perché ha forza da vendere e una pelata che ingannò più di un talent-scout. «Quello lì? E' bravo ma vecchio», dicevano. E chi andava a scorrere il «Panini» si stupiva che avesse vent'anrii. «Quando lo vedemmo a Cremona, io e Mancini, pensavamo a uno sbaglio nell'anagrafe. Però correva come un puledro», racconta Paolo Borea, direttore sportivo della Samp. Telefonarono subito a Mantovani per dirgli di comprarlo: «Presidente, è libero. Gli scade il contratto ma la Cremonese non gliel'ha rinnovato». Mantovani invece avvertì la Cremonese, fece in modo che Lombardo rinnovasse il contratto e poi andò a trattare per comprarlo: lo pagò 4 miliardi e non i 1800 milioni che gli sarebbe costato a parametro. Ma aveva mantenuto l'alleanza con Cremona, che gli aveva dato Vialli. «Mantovani aveva di queste delicatezze» racconta Lombardo. E adesso senza di lui dove può andare la Sampdoria? «Non so, però è importante che sia rimasto a guidarla uno della famiglia. Il presidente non voleva che i suoi figli si occupassero della Samp. Per noi invece è stata una scelta fondamentale: con un altro proprietario avremmo facce nuove in società. Si sareb- be sfaldato un gruppo che meno si tocca e più funziona». Ventott'anni, sposato, una robusta riconoscenza per Mondonico che lo fece esordire nella Cremonese in serie B, dopo le due stagioni nel Pergocrema, Popeye lo si scopre adesso molto più che nella stagione dello scudetto e delle convocazioni in Nazionale. E ci si chiede fino a quando Sacchi continuerà a ignorarlo. «La colpa non è di chi persegue un progetto di gioco dice lui -, ma di chi non riesce ad adattarsi a quel progetto. Insomma la colpa è soprattutto mia che non ho fatto quello che vorrebbe Sacchi. Spero che mi dia una terza possibilità, non ho ancora rinunciato al Mondiale». Alla Samp sono convinti che ce la farà. «Di gente così dinamica ne ho vista poca nel mondo», sostiene David Platt. E Mancini, quando gli chiedono se accetterebbe uno scambio LombardoVialli con la Juve, si irrigidisce: «Risolveremmo un problema e ne creeremmo un altro più grosso: senza Lombardo saremmo una coperta troppo corta». «Questa storia del mio scambio con Vialli è una persecuzione - ribatte l'Attilio, lombardo di cognome e d'origine -, Ho detto per scherzo che lo accetterei se a Torino mi dessero gli stessi soldi di Gianluca e mi hanno preso sul serio. La verità è che nei giorni in cui sembrava che la Sampdoria si sfaldasse io andai in società a chiarire che volevo restare qui per sempre. E l'esperienza di Vialli alla Juventus mi ha confermato che non bisogna muoversi da un posto in cui si vive bene: fui tra gli ultimi a sapere che Gianluca se ne sarebbe andato e rimango tra gli ultimi a chiedere perché l'abbia fatto. Era chiaro che sbagliava». Ma se Vialli decidesse di tornare? «Ne sarei contento. E' un amico». Eppure ve la cavate bene anche senza di lui. Il suo gioco ne ha addirittura guadagnato: cinque gol a metà stagione, la prospettiva di superare i sette che sono il suo record, un'immagine da protagonista. «Senza Gianluca siamo tutti più protagonisti, perché giocavamo tutti per lui che era il leader e il punto di riferimento in attacco. Oggi siamo una squadra meno condizionata. Gullit, Evani e Platt ci danno cose che nessuno ci aveva mai dato: l'esperienza, la completezza. Ma dì campioni non ce n'è mai abbastanza e io non ho paura che mi rubino il palcoscenico. Lei dice che sono diventato un leader: se lo fossi mi spaventerei, non mi piace caricarmi di responsabilità, se dovessi farlo credo che le fuggirei». E corre così forte che ci riuscirebbe. Marco Ansaldo «Braccio di ferro» Lombardo, anima di una Samp che invecchia senza angoscia

Luoghi citati: Bogliasco, Cremona, La Spezia, Liguria, Svezia, Torino