Algeria la difenderesti ancora

discussione. A trent'anni dal manifesto anti-coloniaiista, una provocazione di Bernard-Henry Lévy discussione. A trent'anni dal manifesto anti-coloniaiista, una provocazione di Bernard-Henry Lévy Algeria, la difenderesti ancora? Di fronte all'Islam, quanti dubbi PARIGI IUSTIFICHIAMO il rifiuto di prendere le armi contro il popolo algerino. Giustifichiamo il comportamento dei francesi che reputano loro dovere portare aiuto agli algerini oppressi in nome del popolo francese. La causa del popolo algerino, che contribuisce a distruggere il sistema coloniale, è la causa comune di tutti gli uomini liberi». Era il 1960. L'Algeria lottava per l'indipendenza contro il colonialismo francese e questo manifesto veniva firmato dai maggiori intellettuali, artisti e accademici di Francia. Oggi le cose sono cambiate: il potere del Fin si è trasformato in un regime repressivo contro il quale, come reazione, prolifera il Fis il partito integralista islamico. La situazione non sembra affatto migliore della repressione coloniale gollista. Gli intellettuali che nel 1960 sottoscrissero quella «dichiarazione per il diritto all'insubordinazione alla guerra d'Algeria», che fece tanto scalpore in tutto il mondo come Manifesto dei 121, firmerebbero ancora? A chiederselo e ad aprire il dibattito è La règie du jeu la rivista di Grasset diretta da Bernard-Henry Lévy, che sarà in libreria la prossima settimana. L'idea di quel documento nacque per sostenere la diserzione sempre più numerosa dei giovani, e si colse l'occasione del processo alla «Cellula Jeanson», nel settembre 1960. Era un'iniziativa di segno surrealista che accanto al promotore Dionys Mascolo, compagno di Marguerite Duras, vide, nella redazione del testo, André Breton, Maurice Blanchot, Jean Schuster. Nessuno lo volle pubblicare, nemmeno «Les temps modernes» sebbene Sartre fosse stato tra i primi ad essere interpellato e ad aver firmato. Trent'anni dopo, ecco su La règie dujeu il dossier Algerie: la tragèdie, seguito da un'analisi di Bruno Etienne sull'odierna situazione algerina e da una testimonianza di Malika Mokeddem sulla umiliante condizione della donna, rivela che nessuno dei venti inter¬ pellati si pente di aver firmato. Ma le loro posizioni divergono. «La guerra d'Algeria è stata il grande guastafeste delle ideologie» afferma Michel Crouzet, il biografo di Stendhal per il quale la differenza tra musulmani moderati e fanatici è troppo fragile. Perciò: «Non dobbiamo fare nessuna scelta; non ci sono "valori" in questione». Per Bernard Dort, che all'epoca fu sospeso dal lavoro, e che ancora si chiede perché Roland Barthes non abbia firmato: «Resistenza e coscienza da parte degli intellettuali seguitano ad essere all'ordine del giorno». Ma non dice quali forme dovrebbero assumere. Claude Lanzmann, l'autore di Shoà, il lungo documentario sull'Olocausto, ricorda che gli impegni dei firmatari era stato di non ingerirsi nelle questioni dell'Algeria. Pur dichiarandosi «incompetente» sulla situazione attuale, Lanzmann ritiene che bisogna aiutare chi è soggetto alla stessa intollerabile persecuzione che ha colpito Salman Rushdie. «Ma potremo farlo soltanto stigmatizzando l'atteggiamento del governo algerino - dice -. Quali che siano le ragioni con cui l'hanno mascherata, la messa fuori legge del Fis, con la benedizione dell'Europa occidentale, è una misura scandalosamente antidemocratica». Dunque, chi ieri s'è battuto contro le torture istituzionali dei francesi come potrebbe «tacere oggi sui supplizi di cui sono vittime i militanti del Fis?». La responsabilità della Francia è enorme - ammette il regista Claude Sautet, «fiero» di esser stato tra i giovanissimi firmatari di allora. E aggiunge: «Ciò che è negativo per l'Algeria lo è pure per la Francia». Assai meno preoccupato, Robbe Grillet invece, sostiene: «La lotta continua e questi soprassalti reiterati (il dirigismo socialista, il partito unico, la dittatura militare, l'islamocrazia...) dovrebbero condurre, di contraddizione in contraddizione, alla nascita di una nazione moderna... Insciallahh. Ma, a pensarla così, è l'unico. Paola Decina Lombardi Ventigli interpellati, solo Robbe-Grillet è fiducioso. Nessuno si dichiara «pentito» resta la sensazione d'impotenza A sinistra un'immagine dell'Algeria ai tempi della lotta per l'indipendenza A sinistra lo scrittore Alain Robbe-Grillet, in basso Jean-Paul Sartre