Bertinotti un premier alla Roosevelt

Sì al tavolo dei progressisti con Occhetto, ma se accettano la «proposta comunista» Sì al tavolo dei progressisti con Occhetto, ma se accettano la «proposta comunista» Bertinotti; un premier alla Roosevelt // neo segretario di Rifondazione boccia Ciampi ROMA. Nel nome di Gramsci, ma anche di Roosevelt, il congresso di Rifondazione acclama nuovo segretario un ex-sindacalista pidiessino. Fausto Bertinotti esordisce sul podio paragonando gli Indios messicani agli operai di Mirafiori. La platea, attentissima, studia in silenzio il nuovo capo. L'oratore è colto ed efficace, peccato che si mangi un po' troppo in fretta le parole. Cita «Le Monde» e si capisce che, oltre a citarlo, lo legge pure. Riscalda il pubblico con un affondo contro Ciampi. Poi va dritto al cuore del congresso: no all'alternanza, sì all'alternativa. L'alternanza, cioè il governo della sinistra moderata, è un'ipotesi da dimenticare: «Sarebbe un bis della "governabilità" Anni Ottanta. Una brutta copia della fallimentare esperienza del socialista spagnolo Gonzales. La nostra ambizione è di evitare questa deriva». Ma per evitarla bisogna andare a sedersi al tavolo di Occhetto e chiedere un governo d'alternativa. Bisogna farlo per una serie di ragioni. Innanzitutto, «per sconfiggere la minaccia reale della destra: ma vi rendete conto, quando girate per Roma, che su tre persone che incontrate, una ha votato per Fini?». Poi perché restare orgogliosamente fuori, come vorrebbe la minoranza trozskista, sarebbe un tradimento verso gli elettori: «Potremmo salvarci l'anima, ma i lavoratori rischierebbero di non salvare i loro corpi. Cosa diremo alle masse, se non pi ospettiamo neppure un'idea di governo?». Quindi bisogna sedersi al tavolo, senza pregiudizi («Se un'opinione sul pds diventa per sempre, allora la politica è morta»), ma anche con alcune idee irrinunciabili. E sono i punti della proposta comunista che Bertinotti vuole far digerire agli alleati più moderati, affinché siano inseriti nel programma comune delle sinistre: «Riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario, risanamento ecologico dell'industria e finanziamento da parte dello Stato di lavori socialmente utili». Difficile sul primo punto mettere d'accordo tutti i progressisti. «Ma dobbiamo provarci. E dobbiamo riuscirci». A Bianca Berlinguer, che dagli studi del Tg3 gli chiede come si può conciliare governo e opposizione, ricorda le parole di suo padre: «Enrico Berlinguer diceva che si può essere rivoluzionari e conservatori». Di pregiudiziali politiche, invece, Bertinotti ne pone una sola: «Le elezioni, caro Occhetto, non si vincono alleandosi con Martinazzoli». Quanto al premier del cartello progressista, Bertinotti fa sapere che Rifondazione non accetterebbe mai Ciampi. «Per battere i repubblicani di Hoover nel '29, i democratici non candidarono una copia di Hoover, ma Roosevelt». Il discorso della corona si chiude con una citazione di Gramsci, le note di «Bandiera Rossa» e gli abbracci di rito a Cossutta, Magri ed Ingrao. Ora applaudono tutti, anche gli oppositori interni come Ersilia Salvato, che meno di un'ora prima aveva spiegato al popolo rosso i motivi per cui l'idea di governare con Occhetto e Adornato continua a sembrarle assurda: «Non ci sono le condizioni per dire a cuor leggero: siamo qui e siamo pronti. I voti che abbiamo preso finora sono venuti per una pratica opposta». Un quarto del congresso la pensa come lei. Bertinotti vuole recuperarne almeno un pezzo. [m. g.] Fausto Bertinotti

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