Il giallo di Manuela ritorna nel mistero di Lodovico Poletto

L'inchiesta è ancora aperta: l'avvocato di Ringo è convinto che non sia dimostrata la colpevolezza L'inchiesta è ancora aperta: l'avvocato di Ringo è convinto che non sia dimostrata la colpevolezza Il giallo di Manuela ritorna nel mistero Delitto di Strambino, sconosciute cause e data della morte Neppure la seconda perizia ordinata dalla Procura di Ivrea è riuscita a individuare le cause della morte di Manuela Petilli, la quindicenne di Strambino che l'estate scorsa venne trovata cadavere in un casolare abbandonato tra Ivrea e Cerone due settimane dopo la scomparsa. Nessuno sembra in grado di stabilire quando Manuela è morta; nessuno è riuscito a chiarire le cause di quel decesso. Non l'autopsia eseguita il 20 agosto, il giorno successivo al ritrovamento del cadavere. Non i medici legali che a fine settembre, su ordine della Procura di Ivrea avevano eseguito nuovi accertamenti riesumando la salma. La perizia appena consegnata al sostituto procuratore Lorenzo Fornace dai medici Michele Torre e Giorgio Lazzari non offre risposte certe alle due domande chiave del giallo: quando e in che modo Manuela Petilli è morta? Tutta colpa del fuoco, appiccato al materasso in cui è stata avvolta la ragazza dopo il decesso, che ha fatto scempio del cadavere. E colpa del lungo lasso di tempo trascorso dal momento della morte, avvenuta tra il 2 e il 3 agosto, a quello del ritrovamento, casuale, diciassette giorni più tardi. Il difensore di Pietro Ballarin, il nomade sinto accusato dell'omicidio della ragazza, è convinto di trarne una conferma per la sua linea di difesa. «La relazione - dice l'avvocato Ferdinando Ferrerò - non offre appoggi al castello accusatorio della Procura. A questo punto tutte le tesi sono valide». Anche quella della morte naturale. L'esame delle ossa della cassa torica, del collo e del cranio, eseguito in laboratorio all'inizio di ottobre, non avrebbe portato risultati concreti: non sono stati trovati segni di violenza o fratture. L'ipotesi dello strangolamento, avanzata alcuni mesi fa, sembra destinata a cadere. Anche sull'ora della morte della quindicenne continuano i dubbi. I periti non sono stati in grado di stabilirla con certezza: «Il processo di decomposizione potrebbe essere stato accelerato o rallentato da fattori esterni». Un altro punto a favore di Ringo, come viene soprannominato il nomade. Analoghi risultati dall'esame dermatologico su alcune ferite alla mano e all'avambraccio destro che Ballarin avrebbe potuto procurarsi lottando con Manuela. I medici sostengono che i traumi risalirebbero a un periodo molto precedente ai fatti, in quanto già perfettamente rimarginate al momento del suo arresto, il 23 agosto. C'è mistero anche su un altro particolare. Riguarda i pinoli trovati dai medici nello stomaco di Manuela con l'autopsia, che portano l'avvocato di Ballarin ad avanzare nuovi supposizioni. «La ragazza - dice Ferrerò - po¬ trebbe anche non essere morta subito dopo la scomparsa. Durante il pranzo a casa del nonno ha mangiato solo altre cose». Manuela ha consumato un altro pasto prima di morire? Se sì, quando e con chi? In Procura nessuno si sbilancia sulle risultanze della perizia medico legale di Torre e Lazzari. Il sostituto Lorenzo Fornace prosegue le indagini. Il «caso Petilli» non si è chiuso con l'arresto di Pietro Ballarin. Carabinieri e polizia continuano a raccogliere testimonianze. Hanno ricostruito i movimenti del nomade nei giorni successivi la scomparsa di Manuela, hanno cercato conferme sull'esistenza di quello scooter rosso misteriosamente scomparso. «Abbiamo messo un altro paletto in questa difficile inchiesta», aveva detto il magistrato dieci giorni fa, quando Barbara, superterste di questo processo, raccontò ai giudici ciò che aveva visto alla stazione di Ivrea il 2 agosto scorso. Ma allora non c'era ancora la perizia. Quel giorno, gli unici convinti dell'innocenza di Ringo erano l'avvocato Ferrerò e i famigliari del nomade. Oggi sono in molti a sollevare dubbi. Lodovico Poletto

Luoghi citati: Ivrea, Strambino