Società' e Cultura di Sabatino Moscati

Società' e Cultura UN MONDO DI TESORI E MAGIE A Torino fu prima: è il commento che sorge spontaneo, non per banale nazionalismo ma per doveroso giudizio storico, dinanzi all'affascinante mostra francese che rievoca il sorgere e lo svilupparsi in Europa della passione per l'antico Egitto. Infatti, se un grande punto di svolta fu senza dubbio la spedizione napoleonica del 1798-99, che portò in Francia una quantità inusitata di monumenti artistici egiziani, già nel 1630 era comparsa e aveva suscitato grande interesse al Museo di Torino l'ormai celebre «Mensa Isiaca», una tavola in bronzo ageminato recante immagini di divinità egiziane. Era vera, era falsa? Forse la verità sta nel mezzo: si tratta sì di un falso, ma realizzato in età antica, nella Roma del I secolo d. C. Comunque sia, comincia allora l'impegno di Torino, e specificamente della corte sabauda, per l'Egitto. E così Carlo Emanuele III vi spedisce nel 1789 un professore di botanica, Vitaliano Donati, incaricandolo di riportare non solo piante, ma pezzi di antichità, manoscritti e possibilmente mummie ben conservate. Poi si determina una significativa coincidenza. Nel 1824, JeanFrancois Champollion ha appena dato a Parigi il primo annunzio sul deciframento dei geroglifici; ma gli manca una documentazione sufficiente per completare la sua opera. Apprende allora che i Savoia hanno acquistato a Torino una ricca collezione di antichità egiziane, quella del console Bernardino Drovetti, destinata a confluire nel locale Museo Egizio, primogenito nel mondo. Allora Champollion parte per Torino, dove completa felicemente il suo lavoro. Va anche detto che le iniziative della corte sabauda erano il riflesso della volontà e dell'impegno degli intellettuali torinesi del tempo. Una volontà e un impegno legati non al gusto dilettantesco e al fascino irriflesso allora prevalenti, bensì a una prospettiva di alta dignità, che ben si riflette nelle parole di Carlo Vidua a proposito della Collezione Drovetti: «Il Piemonte avrà la gloria di conservare e di mostrare agli stranieri una raccolta unica, e formata da un suo figlio, e sarà l'Italia quella che possederà il primo e più ampio museo egizio, in Torino». Certo il dilettantismo, il collezionismo, in una parola l'egittomania su cui verte la mostra parigina, ebbero una parte essenziale a premessa dello sviluppo, nella seconda metà dell'Ottocento, della scienza egittologica. Quanto la letteratura, la musica, l'arte e il cinema debbano all'Egitto antico, in Francia come in Italia e in Europa, si può vedere ottimamente nella mostra. Noi, detto il quanto, vorremmo dire ancora qualcosa sul perché: un tale fenomeno, infatti, non nasce certo dal nulla. Ebbene, se la civiltà egiziana attrasse e attrae tanto l'interesse, ciò si deve anzitutto al fascino del diverso: vi si scorge, infatti, con stupore una concezione del mondo tanto lontana dalla nostra da essere quasi opposta. Noi privilegiamo la vita in terra: gli egiziani privilegiavano quella dell'aldilà, al punto di imbalsamare i corpi, di creare tombe ben più ricche delle case, di raffigurarvi sulle pareti le scene di una quotidiana esistenza che doveva ripetersi, di lasciarvi tesori immensi. Non solo. Noi crediamo nella forza della ragione: gli egiziani antichi privilegiavano quella della magia. E negli amuleti, negli scongiuri, ma anche nelle immagini delle divinità ecco dèi a testa animale, ovvero a corpo animale e testa umana: una sfida, insomma, alla realtà visibile. Tutto ciò, si aggiunga, su una dimensione di tremila anni che sembrano non scalfire l'immagine unitaria di quella civiltà: ce n'è abbastanza per giustificare (ancor oggi) l'egittomania. Sabatino Moscati

Persone citate: Bernardino Drovetti, Carlo Emanuele Iii, Carlo Vidua, Drovetti, Savoia, Vitaliano Donati