«Avevano l'Aids li ho salvati con la pranoterapia» di Daniela Daniele

Illustrati i casi di tre malati trattati soltanto con l'imposizione delle mani. La cura è stata seguita da due docenti universitari Illustrati i casi di tre malati trattati soltanto con l'imposizione delle mani. La cura è stata seguita da due docenti universitari «Avevano l'Aids, li ho salvati con la pranoterapia» L'annuncio di un guaritore di Vercelli, ma gli immunologi lo contestano VERCELLI. «Ho guarito due malati di Aids, uno dei quali è un sacerdote». Con l'imposizione delle mani di evangelica memoria. «Una terza persona, sieropositiva, grazie a me è diventata sieronegativa». L'annuncio, ieri a Vercelli, l'ha dato un pranoterapeuta, anzi, un «pranologo», come ama definirsi Giovanni Giacalone per «distinguersi» dagli altri che curano allo stesso modo. E non ha dubbi: «Continuerò a trattare quei pazienti e proseguirò i miei studi: con questa esperienza potremmo arrivare addirittura al Nobel». Poi, spinto da un improvviso impulso patriottico, aggiunge: «...e portare l'Italia ai massimi vertici della scienza». A combattere la battaglia al suo fianco il dottor Nicola Cartone, docente all'Istituto di Microbiologia di Torino e il dottor Roberto Gualtierotti, cattedratico milanese. I due medici e il pranologo hanno messo in piedi una struttura che porta il nome di Alberto Giacalone, il figlio di Giovanni, morto in un incidente stradale lo scorso anno. Il miracolo si sarebbe compiuto proprio mentre tutto il mondo sta aspettando con ansia che un vaccino anti-Aids sia messo a punto e gli scienziati si danno battaglia a colpi di finanziamenti per la ricerca. Ma chi sono i tre «miracolati»? Così Giovanni Giacalone sintetizza le loro storie. Caso A. «Nell'ottobre del '90 si presentò a me un uomo di 50 anni (il sacerdote, ndr), affetto da Aids conclamata. Oltre alla positività, presentava tutti gli altri sintomi della grave malattia. Non avevo mai affrontato la patologia in questione e, del resto, la richiesta del paziente fu quella di avere una riduzione dei sintomi». Il bisogno, insomma, era quello di ottenere un sollievo alle sofferenze. La terapia pranica s'inizia e prosegue per oltre un anno. Poi il paziente decide di sospendere la cura. Perché? «Stava bene - risponde il dottor Nicola Cartone -, risultava guarito». Da che cosa si capisce che la guarigione è avvenuta? «Dai risultati degli esami» sostiene il microbiologo, ma precisa: «Non conosco né questo né gli altri due malati, ma non ho ragione di dubitare delle analisi che ho visto stampate su fogli dell'ospedale Sacco, di Milano, e dell'Amedeo di Savoia, di Torino». Caso B. E' un altro cinquantenne. Scopre di avere l'Aids nel '91. Si rivolge all'Istituto di pranologia di Vercelli nel marzo '93: è affetto da sarcoma di Kaposi (uno dei "compagni" più frequenti della sindrome da immunodefi- cienza acquisita), con linfonodi, astenia, grave stato di affaticamento. «Dopo la terapia pranica dice Giacalone - si è riscontrata la riduzione dei linfonodi e un notevole aumento della resistenza alla fatica». Caso C. Si tratta di ima donna, la convivente del «Caso B» che, dopo essersi sottoposta al tratta- mento del pranologo, da sieropositiva diventa sieronegativa. La prudenza è d'obbligo, senza nulla voler togliere alla speranza, perché non c'è niente di peggio di un'illusione che si trasforma in delusione. «Infatti - ribatte il dottor Cartone - voghamo continuare le ricerche, esaminare altri casi. Sono meravigliato anch'io, ma devo riconoscere che ci sono premesse validissime in questo tipo di cura e sono certo che Giacalone avesse il dovere di informare l'opinione pubblica». Le validissime premesse, secondo il medico, sono «la riduzione dei linfonodi, la scomparsa della stanchezza, ma soprattutto la ricomparsa degli anticorpi nel sangue dei malati». Il confronto con la medicina ufficiale sarà durissimo. Il sospetto che si tratti di una manovra pubblicitaria per attirare pazienti-clienti nello studio di pranologia assalirà molti. Ma se gli esperimenti di questa curiosa équipe di ricerca dovessero dimostrare che la guarigione può avvenire attraverso ignote vie e insospettati ponti tra mente e mente, la scienza non potrebbe far altro che accettare l'inspiegabile. Del resto, è noto anche ai medici che «non c'è miglior malato di quello che vuole guarire». Una frase che, all'apparenza, non ha alcun fondamento «scientifico». Daniela Daniele

Persone citate: Alberto Giacalone, Amedeo Di Savoia, Giacalone, Giovanni Giacalone, Nicola Cartone, Roberto Gualtierotti

Luoghi citati: Italia, Milano, Torino, Vercelli