Vanno in scena le tre Italie di Simonetta Robiony
Vanno in scena le tre Italie Vanno in scena le tre Italie Farsa a teatro sul progetto di Miglio ROMA. L'incubo di una Italia divisa in tre, secondo i voleri di Miglio, i desideri di una certa base leghista e i piani temporaneamente (ma per quanto?) abbandonati da Bossi, comincia a turbare perfino quell'universo un po' lontano e assente che ò il teatro contemporaneo. Il pericolo che un Nord ricco e laborioso voti la secessione da un Centro-Sud arruffone e scansafatiche ò arrivato sul palcoscenico del Parioli con una farsa di sapore orwelliano intitolata «Casa di frontiera» e scritta da un terrorizzato giovane autore napoletano, Gianfelice Imparato. Dunque che fine farebbero i meridionali emigrati in Padania e là rimasti, a frontiere innalzate? Per loro lo stato bossiano ha istituito delle riserve, parchi naturali, nei quali vivono chiusi come i Sioux d'America per evitare di contagiare con i loro costumi lassisti il civilissimo popolo nordista. Ma siccome il governo è generoso e giusto e soprattutto ha in odio qualunque forma di razzismo, provvede anche ad educarli nella speranza che, dopo qualche tempo, possano acquisire il titolo di cittadini del Nord. Ouindi lavoro indefesso in fabbrica dalle quattro del mattino alle quattro del pomeriggio. Lezioni di educazione civica con una assistente sociale a domicilio che conti olla se hanno imparato che Alberto da Giussano non è uno del quartetto Cetra ma un patriota del Carroccio. Ginnastica in tuta acetata per mantenere il corpo efficiente. E poi basta col cucinare sempre le alici in tortiera e le salsicce con i «friarielli» che fanno crescere la pancia. Meglio un sano yogurt alla frutta, una fettina girata e voltata in padella, un risotto allo zafferano. E via il caffè, che fa troppo Napoli, per cedere al tè. Vita dura dunque nel 1997, a quattro anni dalla fondazione della Repubblica del Nord, per chi non ha voluto o non ha potuto fuggirsene a casa sua, nel profondo Sud. Vita durissima, poi, per chi sogna un piatto di spaghetti col pomodoro fresco e due spicchietti d'aglio rosolato, per chi ama cantare accompagnandosi con la chitara «Oi Mari', Oi Mari»', per chi continua a parlare col voi, essendo il tu troppo intimo e il Ini una confusa voce femminile da terza persona singolare. Vita addirittura impossibile per chi ha i capelli neri e ricci, veste di scuro, fa commenti ad alta voce sulle femmine procaci, porta uno di quei cognomi inconfondibilmente meridionali che allontanano sempre di più il giorno in cui potrà esser considerato un cittadino di serie A. Che fare allora per chi si chiama St.rummolo? Abbreviarsi il nome in Strimi e vantare ipotetiche origini tedesche. E per chi ha la sventura di essere Cacace? Niente da fare, ogni intervento peggiorerebbe il male. Naturalmente anche il linguaggio deve essere adeguato. E perciò «strunzo» diventa «pirla», «cecato» viene tradotto in «non vedente», e la bellissima strofa di «Torna a Surriento», se proprio non si può fare a meno di cantarla, viene modificata in una assai meno struggente «Torna sul Garda». Ma anche terrone ormai è parola vietata perché considerata offensiva e quindi non più pronunciabile. Definirsi terrone per un terrone è proibito. Se proprio deve parlare di sé e dei suoi conterranei chiusi nella riserva giorno e notte, cosparsi di deodorante per non infastidire i nordici col loro effluvio, obbligati a vestire di giallo e verde come pappagalli per non immalinconire i vicini, se proprio deve far riferimento alle sue origini, il terrone deve usare parole come peninsulare, extra repubblicano, sudista. In queste condizioni non vorrebbe voglia a chiunque di tornarsene a casa propria e lasciare che i nordici se la sbrighino da soli? Impossibile. Anche questa strada non e più praticabile. Rimasti al Nord al tempo della divisione dell'Italia in Padania, Etruria e Sudonia se provassero a metter piedi al confine verrebbero sbattuti in galera come collaborazionisti. Nessuna speranza, quindi. Simonetta Robiony 1997: «i terroni» non potranno tornare nel Mezzogiorno e saranno «educati» La farsa che si sta rappresentando al Parioli, regia di Gigi Proietti
Persone citate: Bossi, Cacace, Gianfelice Imparato, Gigi Proietti, Miglio
Luoghi citati: America, Etruria, Giussano, Italia, Napoli, Padania, Roma
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