Killer a tredici anni secondo un copione tv

Killer q tredici anni secondo un copione tv Si sospetta che le giovani tentino di ingannare gli investigatori ispirandosi a un recente sceneggiato Killer q tredici anni secondo un copione tv Omicidio del taxista, un'altra ragazza confessa: gli ho sparato io DELITTO IN FLORIDA ANEW YORK VEVA colpito la freddezza della confessione, ora colpisce la freddezza della cospirazione. L'assassinio del tassista di West Palm Beach, in Florida, ad opera di una bambina di tredici anni che poi lo aveva raccontato senza scomporsi, risulta essere molto più complicato. Il nome della giovane è stato reso noto: si chiama Stephanie Towell e continua a sostenere di avere sparato al tassista Yves Quettant per non pagare il costo della corsa appena fatta, cioè 6 dollari. Ma allo stesso tempo una delle altre due ragazze presenti, Willona Perry di 17 anni, dice che invece a sparare è stata lei. La polizia ha deciso di incriminarle ambedue e di estendere l'accusa anche alla terza ragazza, Kimberly Smith di 15 an ni, perché nel frattempo, si diceva, la cosa uscita fuori è la cospirazione che le minorenni hanno messo in piedi. In sostanza, la tesi su cui si sta lavorando è che a sparare al tassista sia stata Willona (oltre tutto ci sarebbero testimonianze che la vogliono poche ore prima, in un centro commerciale, intenta a mostrare la sagoma della pistola nascosta dentro il reggipetto), ma siccome fra le tre la più giovane era Stephanie avevano deciso di comune accordo che fosse lei ad autoaccusarsi, nella presunzione che non sarebbe stata punita o che comunque avrebbe subito una condanna estremamente lie¬ ve pervia dell'età. Questo spiegherebbe la «freddezza» di Stephanie nel raccontare ai poliziotti la dinamica del colpo assestato alla nuca di Yves Quettant, un immigrato haitiano di 39 anni. Il suo problema era di ripetere una lezioncina imparata a memoria e non poteva rischiare di perdere la concentrazione abbandonandosi a reazioni emotive. Spiega anche, questo, l'assoluto silenzio osservato con la madre? li fatto che sabato sera sia tornata a casa a qualche ora dall'assassinio cui (quantomeno) aveva assistito e non abbia fatto neppure una piega? L'indomani, domenica, madre e figlia sono state insieme tutto il giorno. Fino a sera, quando sono arrivati i poliziotti, la donna non aveva avuto il minimo sentore che la figlia avesse avuto un'avventura come quella conclusasi con la morte del tassista, né tantomeno che avesse architettato con le sue amiche la storia da raccontare ai poliziotti. Di qui l'impressione che le tre ragazzine, dopo il delitto, abbiano studiato il modo migliore per sviare le indagini. La confessione di Willona è sopraggiunta ieri. Ai poliziotti ha detto di non sentirsela più di vedere la sua amica Stephanie accusata di un delitto che non ha commesso, e a prima vista il suo è sembrato una specie di ritorno alla realtà, come se si fosse di colpo resa conto dell'enorme sproporzione fra i 6 dollari da pagare per la corsa in taxi e la vita di una persona stroncata così; nonché dell'assurdità di «contare» i pochi anni di condanna nel caso che a confessare fosse stata Stephanie. Ma contro questa spiegazione semplice e in fondo consolatoria (per i segni di «ravvedimento» provenienti da Willona) c'è il fatto che Stephanie, invece di sentirsi sollevata dalla confessione della sua amica, sostiene che Willona mente e che a premere il grilletto, sabato sera, è stata pro¬ prio lei. E allora è un altro il sospetto che comincia a emergere, ed è ancora più terribile: che a ispirare alle ragazze questo comportamento sia stato uno sceneggiato televisivo recentemente trasmesso. Si chiama «Confessioni: i due volti del male», e racconta di un poliziotto che viene ucciso, dei suoi colleghi che danno la caccia ai colpevoli e di due ragazzi che vengono arrestati. Uno di loro è sicuramente l'assassino, ma quelli si accusano entrambi e così facendo si scagionano a vicenda, condannando le indagini a una «impasse» senza uscita. Può darsi che la somiglianza sia casuale, come può darsi che alla fine questo caso abbia un esito diverso da quello dello sceneggiato televisivo, ma il fatto che l'analogia sia così prontamente saltata agli occhi ripropone il problema dell'influenza della televisione sugli spettatori più «vulnerabili», come per l'appunto i ragazzi. Tem¬ po fa, come si ricorderà, ne morirono un paio e altri rimasero feriti nel tentativo di «fare come» in un film appena uscito, in cui il protagonista si sdraiava sulla linea bianca al centro di una strada e lasciava che le automobili in corsa nei due sensi gli passassero a pochi centimetri. Il film fu subito ritirato, le polemiche scoppiarono puntuali e proprio in quei giorni Bill Clinton, che era andato a Hollywood a parlare di economia agli imprenditori cinematografici e televisivi, chiese esplicitamente una sorta di «autodisciplina». Non ebbe risposte entusiaste, anzi non ne ebbe proprio, tanto che Janet Reno, segretario alla Giustizia, poco dopo proclamò che «se le case di produzione non provvederanno da sole a disciplinarsi, dovremo pensarci noi». La temperatura insomma è alta, e questo caso potrebbe farla aumentare ancora. Franco Pantareili «Nessuna emozione le minorenni stanno recitando» Il tassista è stato ucciso con un colpo di pistola alla nuca

Persone citate: Bill Clinton, Janet Reno, Kimberly Smith, Stephanie Towell, Yves Quettant

Luoghi citati: Florida, Hollywood