Un mattatoio a scuola di Luigi Grassia

Un mattatoio a scuola Un mattatoio a scuola Fossa comune per trecento monelli GLI ORRORI DELL'ISOLA SI parla a volte di «guerre dimenticate», quelle che straziano remote contrade del Terzo Mondo e di cui i mass-media tornano a occuparsi solo ogni tanto: ma è probabile che a fare i massacri più vasti siano le «repressioni dimenticate»: storie di cui si parla ancora meno, perché uno stillicidio di morti individuali in un Paese lontano difficilmente riesce a conquistare un colonnino sui giornali, per quanto imponente sia il numero totale delle vittime. Chi ha mai sentito parlare, ad esempio, della feroce campagna «an- ticomunista» lanciata dal governo di Sri Lanka qualche anno fa? Eppure, a conti fatti, secondo le organizzazioni umanitarie gli scomparsi sono stati 30 mila. Qualche giorno fa il ritrovamento più massiccio di cadaveri, pressoché ignorato dalla stampa locale e rilanciato all'attenzione internazionale dal londinese «Independent»: trecento corpi in una fossa sotto le pendici del monte Sooriya. Fra essi, detto per inciso, pochissimi comunisti ma una gran folla di ragazzini, molti con divisa e libri di scuola. Particolare degno di nota: pare che il loro macellaio sia stato il preside. Un uomo con molti contatti fra le forze dell'ordine, una persona a cui i padri e le madri dei ragazzi scomparsi si rivolgevano per chiedere notizie e sollecitare un intervento; fino a rendersi conto, con orrore, che poco prima di sparire tutti i giovani erano stati presi pubblicamente di mira dall'insegnante. L'epoca della grande repressione anticomunista a Sri Lanka copre il periodo 1988-91. Il Paese conosceva già da anni la guerra civile a sfondo etnico fra la minoranza ribelle tamil, di origine indiana e religione induista, e la maggioranza cingalese buddista (una di quelle guerre più o meno «dimenticate» cui accennavamo prima, tornata a far notizia con la strage sull'autobus di ieri). Ma in più, nell'88 il partito unico al potere volle lanciare la caccia al marxista. I criteri per identificare i catturandi erano elastici. Se si incappava in un posto di blocco, avere una faccia che npn piaceva al poliziotto poteva costare la vita: l'arresto, 1'«interrogatorio», e nessuno sapeva più nulla del malcapitato. Per liberarsi di un nemico personale, bastava denunciarlo come comunista e quasi immancabilmente l'importuno spariva. Il fondo dell'orrore fu toccato nella scuola media Embilipitya, in un grosso centro rurale. Da qui sono scomparsi trentun ragazzi, i più giovani avevano 14 anni. I cadaveri di alcuni di loro sono stati indentificati nella fossa comune di monte Sooriya. Fra essi il diciannovenne Nalin Gunaratne, che suo padre Sisira ha riconosciuto da brandelli di abiti sul corpo decomposto. Lo prelevarono in casa otto poliziotti nel gennaio 1990. Perché? Le autorità di Sri Lanka indagano, ammettono che il governo di allora commise dei crimini, qualche poliziotto è sotto inchiesta. Una commissione Onu per i diritti umani ha concluso nell'ottobre '92 che Nalin, come gli altri studenti scomparsi, è stato ucciso «per ragioni personali». I genitori puntano il dito sull'allora preside della scuola, Dayananda Galappathy, un notabile locale cui la polizia non rifiutava alcun favore. Capitò un giorno che alcuni ragazzi intercettarono un biglietto d'amore scritto dal figlio del preside a una studentessa che non lo filava per niente. I disgraziati lo lessero ad alta voce in classe, sghignazzando. Galappathy irruppe in aula, li sgridò, prese nota dei nomi. Pochi giorni dopo cinque di loro sparirono. Lo stesso avvenne al fidanzato della ragazza, un altro studente. Quanto a Nalin e agli altri scomparsi, si erano resi antipatici al preside per analoghi futili motivi. Così si muore dove la legge non esiste. Luigi Grassia Bande di uomini armati fino ai denti e manifestazioni violente in strada sono spettacoli comuni a Sri Lanka

Persone citate: Nalin, Nalin Gunaratne