«Cossutta democristiano» scissione in vista

Congresso a rischio per Fausto Bertinotti; la minoranza non accetta l'idea di andare al governo Congresso a rischio per Fausto Bertinotti; la minoranza non accetta l'idea di andare al governo «Cossutta democristiano», scissione in vista Gli irriducibili di Rifondazione: il vero pei lo fondiamo noi ROMA. Una scena speciale, mai vista tra veri comunisti: siamo in un cinemino di periferia, il congresso romàno di Rifondazione è arrivato al dunque, ma sul più bello un drappello di compagni purissimi e durissimi abbandona la sala al grido ritmato di «De-mo-cri-stiani, demo-cri-stiani, de-mo-cri-stiani!». Se ne vanno al canto dell'Internazionale e col pugno chiuso alzato. E' pallido, lassù sul palco, il fedelissimo di Cossutta, Antonino Cuffaro, una vita nell'apparato, una struttura psico-fisica «brezneviana» con quegli occhialini a mezzo naso e con gli occhi che ti guardano da sopra e da sotto le lenti. Capi e capetti del partito romano vanno in barca, avvertono Cossutta e Magri, si cerca di riassorbùe lo strappo, si riaprono eccezionalmente le urne per far votare i dissidenti, che infatti portano a casa un bel 10 per cento dei delegati. Ma ormai c'è poco da fare: i compagni del gruppo «Comunisti autorganizzati», egemoni nei centri sociali romani, sono già con un piede fuori del partito, ce l'hanno con la svolta moderata, «democristiana» dell'«Armando» e così nel congresso nazionale di Rifondazione che si apre oggi a Roma potrebbero fare un annuncio a sorpresa: che loro se ne vanno, che fanno un altro partito, che a Livorno rinasce il «vero partito comunista». Certo, i comunisti autorganizzati sono un piccolo drappello, con appendici a Milano e in poche altre plaghe, ma lo show del cinema Diamante in quel del Prenestino è una spia accesa sulla plancia di Armando Cossutta, il «papa rosso» che sperava di portare a casa un bel congresso comunista all'insegna dell'unanimismo, con tante deleghe alzate al primo cenno d illa presidenza. E invece no: il congresso di Rifondazione che si apre oggi all'hotel Ergife e, che domenica incoronerà segretario Fausto Bertinotti, non sarà una passeggiata per i nuovi padroni del partito, il terzetto Cossutta-Magri-Bertinotti che ha preso il posto del trio fondatore Garavini, Libertini e - ancora lui - Armando Cossutta. E ci sarà effervescenza non solo per un'eventuale mini-scissione, comunque fastidiosa. Il congresso sarà «governato» da due vecchi marpioni, due ex nemici per la pelle come Cossutta e Magri che hanno il 70% dei delegati, ma questo non impedirà la battaglia grossa sugli organigrammi, sulla corsa ai collegi sicuri, ma soprattutto su una questione acuminata: se la sinistra vince le elezioni, Rifondazione chiederà propri ministri? E' una spina che punge, quella dell'ingresso di Rifondazione al governo. Lucio Magri - che è salito nel «borsino» interno e oggi aprirà il congresso - è il più disponibile: «La questione del governo è sul tappeto e una cosa noi non in vogliamo: che si possa pensare ad un futuro governo che sia solo riciclato dal punto di vista morale». Come dire: se facciamo l'alleanza elettorale col pds e vinciamo, dovremo anche entrare al governo. Ma Magri 1'«abbronzato» - come gli urlò un compagno alla festa dell'Unità di Modena - è il morbido di Rifondazione, l'ala destre di un partito che vedrà risalire alla ribalta personaggi dell'ultrasinistra che sembravano eclissati: Raul Mordenti, dal '68 eterno agitatore di assemblee universitarie; Luigi Vinci, leader operaista di Dp e persino Livio Maitan, una lunga vita trascorsa nel mito di Lev Trotzkij. Ma il vecchio Cossutta conosce i suoi polli e dunque sul problema del governo si tiene in bilico: «Quel che ci interessa indicare è una strada, un cambiamento di rotta, non solo avere urna manciata di seggi in più». Come dire: io non mi sbilancio, deciderà il congresso Fabio Mai».ù I «duri» romani contestano al canto dell'Internazionale Armando Cossutta

Luoghi citati: Livorno, Milano, Modena, Roma