«Pronti a riprendere il dialogo»

«Pronti q riprendere il dialogo» «Pronti q riprendere il dialogo» Annibaldi a «Milano, Italia» Domani il sindaco da Ciampi «Le trattative possono riprendere in un tempo ragionevole. Per dare un ordine di grandezza diciamo 15 giorni, il tempo di capire quali sono stati i limiti che ci hanno impedito di raggiungere l'accordo». Parola di Cesare Annibaldi, intervenuto ieri sera a «Milano, Italia», su RaiTre. Una trasmissione dedicata al futuro della Fiat, quindi al futuro di Torino, alla luce del massiccio ricorso alla cassa integrazione. Dibattito serrato, anche duro. Soprattutto tra Annibaldi, responsabile delle relazioni esterne dell'azienda, e il sindacalista Pietro Marcenaro. Sul palco, il sindaco Castellani (che domani sarà a Roma per un incontro con Ciampi) l'economista Guerci e il sociologo Bagnasco. La notizia è dunque che Fiat si rende disponibile a riallacciare il rapporto interrotto venerdì scorso. Quando gli è stato chiesto se un accordo con i sindacati potrebbe convincere i vertici di corso Marconi a ritirare le lettere di cassa integrazione, Annibaldi è stato molto cauto: «Non posso escluderlo in linea di principio. Ma sia chiaro che il provvedimento lo abbiamo preso in stato di necessità». Gli 8 mila operai sospesi hanno possibilità di rientrare in fabbrica? Sì, ha risposto Annibaldi, purché il mercato riprenda a salire. Una condizione che dovrebbe verificarsi a partire dal 1996. Dura la replica di Marcenaro: «E' una bugia, hanno un'età media di 47 anni, sono dequalificati, con la licenza elementare come titolo di studio. In un'azienda che si trasforma continuamente non vedo come potrebbero rientrare dopo tre anni». Annibaldi: «Non è vero, awieremo progetti di formazione professionale». Spesso la discussione è uscita dai binari in cui la aveva indirizzata il conduttore Enrico Deaglio. Ma era ovvio. Agli aspetti di macroeconomia, al dibattito sul domani di Torino, si aggiungevano storie umane di operai e impiegati. Storie di amarezza, a volte di rabbia che la platea lanciava sul palco. Il sindaco ha chiesto l'impegno dell'azienda a non abbandonare Torino: «Non ne abbiamo mai avuto l'intenzione - ha risposto Annibaldi -. Lo abbiamo detto molte volte, lo possiamo dimostrare con le cifre degli investimenti fatti qui, che sono almeno pari a quelli per i nuovi stabilimenti del Mezzogiorno. Non si investe per chiudere». Ma cosa accadrà in futuro? Quale Torino uscirà dalla crisi dell'automobile? «Una città con meno Fiat» riconosce il sindaco. Aggiunge: «Ma la Fiat deve contribuire a costruirla». Ricostruendo un rapporto di fiducia che Bagnasco vede incrinato: «Ed è un pericolo, perché soltanto il gioco di squadra tra tutte le sue forze può consentire alla città di essere competitiva». Finisce con un Castellani che fatica a catturare l'attenzione tra i molti desiderosi di intervenire, di urlare la loro rabbia o anche soltanto di lanciare le loro proposte. Ma un merito, «Milano, Italia» l'ha avuto: per la prima volta, e davanti a una grande platea, ha messo a confronto i grandi protagonisti della trattativa, Fiat e sindacati, e la città. Nel pomeriggio Castellani aveva incontrato Gianfranco Borghini, responsabile della task force governativa sull'occupazione. Borghini ha in pratica battezzato l'«Agenzia per lo sviluppo» promossa dal Comune con la partecipazione di tutti i soggetti pubblici, economici e sociali della città. Del comitato esecutivo fanno parte anche Provincia, Regione, Camera di commercio, la nuova Gepi e FinPiemonte. Molti i progetti per risollevare l'economia: Alta Velocità, parco tecnologico per la manutenzione degli aerei, strutture di formazione professionale rivolta ai Paesi dell'Est. Esclusi metrò e parcheggi: «Per quelli lo Stato ha già promesso i finanziamenti» ha sottolineato il sindaco. Giampiero Pavido