Violentò la figlia, deve pagare 100 milioni di B. Gio.

Violentò la figlia, deve pagare 100 milioni Drammatico faccia a faccia in aula ma la ragazza, oggi maggiorenne, ha ribadito le accuse Violentò la figlia, deve pagare 100 milioni Padre-padrone condannato a quattro anni e sei mesi di carcere Cento milioni per risarcire la figlia stuprata, e una condanna a 4 anni e 6 mesi di carcere. Così ha stabilito la quinta sezione del tribunale, chiamata a decidere sulla vicenda di Luigi M., 50 anni, accusato di violenza sessuale. Ma quella che si è conclusa ieri in tribunale è soprattutto la storia di lei, una ragazza coraggiosa che oggi ha 18 anni, e ne aveva dodici quando tutto è iniziato. E' nata e vissuta in un paese della Val Susa, assieme alla madre, contadina, a un fratello e una sorella più piccola di lei, e al padre, che saltuariamente fa l'operaio. La vita della ragazza è trascorsa tranquilla tra il paese, dove tutti si conoscono, la scuola, le amichette, e le bestie da accudire nell'alpeggio, su in montagna. Sempre così, un giorno dopo l'altro, fino ai 12 anni. Allora tutto è cambiato. Un giorno il padre l'ha aggredita, all'alpeggio. Ha cercato di resistergli, ma lui era più forte, e l'ha violentata. Forse lei sperava che tutto sarebbe finito lì. Invece no. A casa, e nell'alpeggio, dove nessuno poteva vederlo, Luigi M. ha continuato le sue violenze. La figlia ha resistito con il suo segreto dentro, finché ha potuto. Un peso enorme, un fatto terribile che succedeva senza che nessuno si accorgesse di niente. Poi ha deciso: via da quella casa, ha trovato lavoro in un'altra regione, in città. Ogni tanto chiamava casa, per sapere come andava. Un giorno, nel febbraio dello scorso anno, dalle parole della sorella ha capito che stava per ripetersi quanto già successo a lei. Oggi racconta: «Solo allora mi sono veramente decisa. Sono andata dai carabinieri, loro mi hanno detto: o lo denuncia lei, o ci pensiamo noi. Raccontai tutto. Il giorno dopo andarono su a prenderlo». Per Luigi M. è scatta o l'arresto. Lui ha sempre negato, sia davanti ai carabinieri sia davanti al magistrato che lo interrogava, ma è stato rinviato a giudizio. Poi, il processo, che si è svolto a porte chiuse. Qui l'uomo, difeso dall'avvocato Macrì, ha cambiato versione: in aula ha parzialmente ammesso i fatti di cui il pm Avenati Bassi lo accusava. Ma al processo c'era anche lei, che ha ribadito le sue accuse, e si è costituita parte civile con l'avvocato Chiara Donat Cattin. E c'era la madre, che al giudice ha detto: «Io non mi sono mai accorta di niente». Chissà se ha detto il vero, se si rende conto di quella parola terribile, «incesto», che pesa sulla sua famiglia. Dopo la sentenza, il padre è tornato in carcere. La sorella minorenne continua a vivere con la madre, che continua a lavorare in campagna, come prima. La ragazza coraggiosa invece se ne sta nella sua nuova città, lontana dalla famiglia, e dal paese, dove tutti si conoscono. [b. gio.]

Persone citate: Avenati Bassi, Chiara Donat Cattin, Luigi M., Macrì