C'è un inferno dietro il portone del manicomio

C'è un inferno dietro il portone del manicomio Blitz del parlamentare Edo Ronchi, dopo la denuncia di un paziente: mi hanno picchiato C'è un inferno dietro il portone del manicomio Sassari: violenze sui ricoverati e condizioni igieniche disastrose UN REPARTO SOTT'ACCUSA i SASSARI più ti vengono incontro come bambini festanti e desiderosi d'un gesto d'affetto. Qualcuno invece sorride nel vuoto, ripete ossessivamente un lamento da prefica, un urlo lancinante. Seduto sul pavimento, accanto a un calorifero, un altro ospite dell'ospedale psichiatrico di Sassari si dondola sul busto come un metronomo. Più in là, un vecchietto privo di gambe fuma l'ennesima sigaretta. «Questa è l'anticamera della morte», commenta un'infermiera. Nel manicomio della seconda città della Sardegna i malati senza speranza sono quasi una folla: 212 uomini, 120 donne. Diversi, come Mario, ormai quarantenne, sono «dentro» da quando avevano sei o sette anni: «A casa non mi volevano, mi hanno piazzato in un istituto. Ma neanche le suore riuscivano a tenermi a freno. E sono finito qui. Sono uscito solo per fare la Prima Comunione e ricevere la Cresima», chiarisce con tono paziente. E non mancano ì novantenni, ormai incapaci di muovere un passo senza l'aiuto di un assistente. Personaggi crepuscolari, sull'orlo del disfacimento. Come l'ambiente che li circonda: tetti che minacciano di crollare da un momento all'altro; pareti gonfie d'umidità; muri che sembrano avere la lebbra; l'impianto di riscaldamento che funziona a sin¬ ghiozzo perché, pare, il fornitore ha adeguato i ritmi delle consegne del gasolio a quelle dei pagamenti. Nei bagni il fetore toglie il respiro, bisogna scappare per non dar di stomaco. Diversi water sono colmi a metà di escrementi, la maggioranza degli sciacquoni sono un inutile orpello. E se - miracolosamente - funzionano, accade talvolta che il liquido zampilli dalla base della tazza. Non tutti i servizi dispongono di acqua calda, distribuita qua e là da scaldabagni corrosi dalla ruggine. Nel sesto reparto maschile c'è una sola doccia: i ricoverati si lavano una volta la settimana. Che sfacelo, e che senso di colpa aggredisce gli uomini sani. Tutto, nei padiglioni umbertini di via Riz- zeddu, concorre a creare un senso di angoscia. L'ospedale psichiatrico è un mondo a parte. Sarà un caso, ma, mentre nasce la seconda Repubblica, da una parete della portineria del complesso pende una carta geografica, mangiucchiata dal tempo: è la mappa dei «manicomi del Regno ditata». Il velo che nascondeva il girone dantesco è stato strappato ieri dal deputato «verde» Edo Ronchi. Accompagnato dal presidente del comitato dei cittadini pjr i diritti dell'uomo, Roberto Cestari, e da alcuni collaboratori, il parlamentare si è presentato all'ingresso del complesso una decina di minuti prima delle 7. Visitatore del tutto inatteso, ha chiesto di poter svolgere «un'ispezione ministeriale» nei vari padiglioni. Sorpresa, imbarazzo. Avvertito per telefono, il medico di guardia ha chiesto tempo per rivestirsi, poi s'è rimangiato la promessa di accompagnare i «curiosi» nei vari reparti. Inutile cercare di rintracciare il direttore del Dipartimento di salute menta¬ le: nessuno, in via Rizzeddu, disponeva del numero di telefono della sua abitazione. Ronchi ha pazientato, poi ha sollecitato l'intervento dei carabinieri della vicina caserma. Così è iniziato il sopralluogo. Nato non per caso. La scorsa settimana un ospite del manicomio ha inviato una confusa lettera all'organizzazione che si batte per il rispetto dei diritti umani. Lamentava d'essere stato malmenato da tre infermieri: «Pretendevano che spazzassi il pavimento al posto loro, perché volevano giocare a carte. Mi sono rifiutato e mi hanno pestato». Nel messaggio una «prova»: una foto a colori che ritrae il giovane con l'occhio sinistro gonfio, violaceo. «Non credo che possa essersi procurato una lesione di quel tipo sbattendo contro un termosifone», ha commentato un carabiniere interpellato in veste d'esperto. La «denuncia» del malato sarà inserita nel dossier che oggi Roberto Cestan presenterà alla procura della Repubblica di Sassa¬ ri: «Abbiamo raccolto una documentazione nella quale si parla di violenze sui pazienti. La magistratura dovrà valutarne consistenza e attendibilità». Per chi ieri ha visitato l'ospedale non è difficile immaginare quali particolari verranno segnalati ai giudici. La penuria di infermieri innanzitutto: sono solo 104, affiancati da 19 ausiliari. E così nel primo reparto uomini, 5 «camici» devono tener dietro a 73 persone spesso incapaci di badare a se stesse. Senza dimenticare i cuochi che si aggirano tra le pentole, fianco a fianco con il muratore che piastrella le pareti e ripristina l'intonaco sul soffitto, mentre schizzi di cemento colano sui lavabi e sulle apparecchiature. «Se arriva l'Usi, qui si chiude», ha osservato Edo Ron chi. «Ma l'Usi siamo noi», ha repli cato un infermiere con il tono di chi ha perso le illusioni. Ma forse non sarà sempre così. Corrado Gra ridosso Pronto un dossier per la magistratura Tra le emergenze la scarsità di infermieri Molte le denunce sulle cattive condizioni degli ospedali psichiatrici

Persone citate: Diversi, Edo Ronchi, Roberto Cestari, Ronchi, Sassa

Luoghi citati: Sardegna, Sassari