Il pm «processa» mons Bettazzi

Dure accuse del procuratore di Ivrea al vescovo che ha difeso un anarchico Dure accuse del procuratore di Ivrea al vescovo che ha difeso un anarchico Il pm «processa» mons. Befferai «Non si può giustificare un attentatore» Il presule: «Chiedevo giustizia rapida» Magistratura e curia ai ferri corti. Succede a Ivrea dove il procuratore della Repubblica, Bruno Tinti, ha contestato duramente le opinioni del vescovo Bettazzi scritte in un editoriale, tre settimane fa, pubblicato sul settimanale diocesano «Il Risveglio popolare». L'attacco è arrivato ieri mattina durante il processo a Edorado Massari, un anarchico arrestato con l'accusa di aver fabbricato un ordigno esplosivo. «Se la bomba fosse esplosa - si è chiesto il magistrato - che cosa avrebbe detto Bettazzi? Il vescovo dalla parte di chi si sarebbe schierato, con Massari o con le eventuali vittime?». Un affondo che ha voluto essere soprattutto una risposta secca alla polemica contro la magistratura di Ivrea per i sette mesi di carcerazione preventiva scontati da Massari e alla presa di posizione della guida della diocesi di Ivrea, la vigilia di Natale. Sul giornale monsignor Bettazzi aveva spiegato: «Ogni cittadino anche il più discutibile, se può venire incarcerato per sospetti o per cautela, non può restarvi a lungo se non dopo che sia stata accertata la sua colpevolezza. Ed è per questo che prendo Massari come simbolo di tante persone che subiscono il carcere e che hanno il diritto - loro e l'opinione pubblica - di sapere al più presto il perché». E' la frase che il pm non ha gradito: «Proprio non mi spiego questa posizione. Mi chiedo ancora che avrebbe fatto il vescovo se la bomba fosse esplosa dove doveva essere sistemata e avesse ucciso qualcuno». In vescovado nessuno si sbilancia, né a favore né contro la magistratura. «Non vogliamo alimentare la polemica», dicono. Anche il vescovo preferisce attenuare i tono della polemica: «Ho ripreso soltanto ciò che, pochi giorni prima, aveva detto il Presidente della Repubblica, Scalfaro». Perché lo ha fatto? «Per far riflettere la gente, per motivi di carattere generale. Scalfaro aveva invitato i giudici ad accelerare i processi; ho ripreso l'affermazione e l'ho adattata a Ivrea». Dunque, per il responsabile della diocesi di Ivrea, si sarebbe potuto parlare di Massari come di chiunque altro: uno spacciatore, o un extracomunitario. Idealmente a fianco del vescovo e contro i giudici, già si schierano alcuni esponenti di movimenti della sinistra: da Andrea Morniroli a Alfredo Tradardi. «Questo - dicono - è stato un processo politi¬ co. Si sono valutate le idee, più che gli atti». La frase di Tinti, per loro, è una conferma. Rincara la dose l'avvocato Annoni, difensore di Massari: «La magistratura di Ivrea è stata troppo dura con il mio assistito. Come si fa a dire che è socialmente pericoloso se non ha nemmeno un precedente specifico. E poi lo stesso Tinti, durante il processo per l'occupazione della piscina di Caluso, aveva riconosciuto a lui e agli altri imputati la validità sociale del gesto». Ma quella, per il pm, era una questione differente. Tanto che ieri ha chiesto 5 anni di carcere per l'anarchico. Un'ora di camera di consiglio e il presidente Boggio ha letto la sentenza: «Massari è colpevole, deve scontare 2 anni e 8 mesi». Lodovico Potette Da sinistra il procuratore Bruno Tinti e il vescovo di Ivrea monsignor Luigi Bettazzi

Luoghi citati: Caluso, Edorado Massari, Ivrea