Un record di salto in lungo di M. A.

Un record di salto in lungo Un record di salto in lungo Torricelli: dai dilettanti all'azzurro TORINO. Questa volta l'Avvocato gli ha risparmiato una gaffe e non gli ha telefonato per celebrare la convocazione in Nazionale. Infatti nell'unica occasione in cui aveva tentato di parlargli, Torricelli stava per sbattergli in faccia la cornetta, convinto che si trattasse di uno scherzo. «Mica potevo pensare che uno come Agnelli telefonasse proprio a me - racconta lo juventino -. Pensavo che fosse il solito Di Canio. Invece era tutto vero. E ci rimasi come un fesso». L'aneddoto descrive la faccia oscura di Torricelli, un non-personaggio di una favola che non si racconta quasi mai. Un bravo ragazzo della provincia lombarda, che parla tale e quale il Bossi, e per questo battezzammo il Bossino. Non timido, non invadente, non presuntuoso, non umile, non impegnato, non sciocco. Un tipo di una giusta e simpatica mediocrità, che il calcio ha trasformato nella versione pallonara di Cenerentola. Con il Trap vestito da farina buona. La Juve lo comprò nell'estate del '92 dalla Caratese, lavorava in una falegnameria, lo avevano provato in amichevole ed era piaciuto il modo sfrontato con cui il Bossino, a 22 anni, si era sistemato nella difesa bianconera. Era stato decisivo il prezzo: cinquanta milioni, quanti se ne spendono in un anno per i cerotti e il materiale per l'infermieria. Ma al Trap quel ragazzo contro il quale può fischiare in lombardo piacque subito. Anche Sacchi non ci ha messo molto per capirlo: un anno e mezzo, la distanza più breve che separa un campionato Dilettanti dalla Nazionale. «Baggio dopo la partita me l'ha comunicato - spiega lui - ma non ho voluto crederci finché non l'ho sentito al 90° minuto. Ho provato una grande gioia. Non cambia molto. Io vado lì con la voglia di presentarmi come uomo e come calciatore». Un pensierino all'America? «L'ho fatto l'anno scorso, sposandomi. Ci sono andato in viaggio di nozze: Stati Uniti e Giamaica, una bella vacanza. Adesso voglio fare la mia figura». Come quando si presentò alla Juve? «Anche di più. Perché il salto dalla Caratese a Torino ò stato molto più lungo di quello che mi aspetta ora. Non so perché Sacchi mi abbia scelto. Forse gli è piaciuto che anch'io, come lui, ho dovuto farmi da solo, partendo dal basso». Può essere una spiegazione. Come quella che in una Nazionale sempre più legata a Baggio debba esserci posto per chi divide le esperienze di club con il Divin Codino. Torricelli comunque merita il premio. «Anche se fosse il contentino di un giorno, lo accetterei» ammette. Ha sedotto il et giocando con autorità da libero, dopo le esibizioni da marcatore fisso, ben lontano dall'ideale zonista che piace all'Arrigo. Sacchi ha scoperto nel Bossino il difensore eclettico, di carattere, disponibile a tutto. «Se sto bene posso adattarmi a ogni ruolo - racconta -. La zona? Con Antonelli a Carate si giocava in quel modo, come un piccolo Milan, a volte come un piccolo Parma se i rivali erano più forti». Mai comunque come una piccola Juve. Ma questo, per l'Arrigo, è un merito in più. [m. a.]

Luoghi citati: America, Parma, Stati Uniti, Torino