L'export salva gli orafi di Cosimo Mancini

Il gioiello made in Italy «tira» negli Usa e punta sull'India Il gioiello made in Italy «tira» negli Usa e punta sull'India L'export salva gli orafi / consumi interni sono calati del 30% VICENZA DAL NOSTRO INVIATO La produzione orafa italiana tiene duro, compensando con le esportazioni (+16%) il calo della domanda del mercato interno (— 30%). Nei primi nove mesi del 1993 sono state trasformate dalle 7000 aziende del settore, molte delle quali a conduzione familiare, 168 tonnellate d'oro, di cui 124 sono finite sui mercati esteri, per un valore di 4666 miliardi. Il miglior cliente estero è quello statunitense che ha assorbito 1444 miliardi con un incremento del 53% rispetto all'anno precedente. Adesso, però, i magazzini americani sono pieni e molti tardano nei pagamenti. Lo scenario del mercato intemazionale - dice il dottor Emanuele De Giovanni, presidente della Confedorafi - sta cambiando e mentre la domanda è stazionaria nei Paesi industrializzati, è particolarmente sostenuta nei Paesi in via di sviluppo, tanto è vero che si sta aprendo quell'enorme mercato che è l'India e che ha vissuto, fino ad ora, in piena autarchia. Non dimentichiamo anche che la lira, nel corso del 1993, ha perso il 37% nei confronti dello yen, il 20% nei confronti del dollaro, il 16% nei confronti del franco svizzero, il 14% rispetto alla sterlina inglese e il 10% nei cofronti del marco tedesco. Il prezzo dell'oro è passato, nel corso dell'anno, da 330 a 380 dollari l'oncia. Nei Paesi industrializzati la produzione di oreficeria è calata, nei primi nove mesi del 1993, del 3%, attestandosi sulle 537 tonnellate di cui 168 dall'Italia». In Europa soltanto l'Italia ( + 2%) e la Francia ( + 6%) hanno incrementato la produzione. L'Inghilterra segna, infatti, —16%; — 18% la Spagna; — 17% la Grecia. Va tenuto presente, però, che la Francia ha trasformato un quantitativo ben lontano da quello dell'Italia: poco meno di sette tonnellate. Adesso gli orafi italiani guardano soprattutto al mercato asiatico molto ben rappresentato in un nuovo spazio espositivo che accoglie gli operatori stranieri tra i quali figurano alcune ditte thailandesi, come la Jewel Tech Manufacturing, che cominciano ad insidiare la presenza italiana sul mercato statunitense con una quota del 10% contro il 40 detenuto dai nostri produttori. La maggior parte di questi operatori sono, però, di etnia indiana. Massiccia, a Vicenza Oro, la presenza dei produttori israeliani che sono, quest'anno, ventinove, e propongono una rassegna di opere ricche di fascino che fanno parte della loro millenaria tradizione culturale. Notevole la presenza dei laboratori di Torre del Greco. Maestri nel taglio dei coralli. Tra questi Giuseppe Rajola, erede di un'antica fabbrica a conduzione familiare che è diventata oggi un piccolo gruppo: «Il 65% della nostra produzione - dice l'orafo - viene assorbito dal mercato nazionale che è sempre in crescita, a dispetto dela crisi. Nello scorso anno abbiamo registrato un incremento del 7%. E' scomparsa, però, la fascia media. Si vendono gioielli al top o di basso livello. Soprattutto le aziende hanno perso l'abitudine di comprare oggetti da regalo». Cosimo Mancini

Persone citate: Emanuele De Giovanni, Giuseppe Rajola