In cella un superaffollamento d'oro di Francesco La Licata

L'allarme in un rapporto del ministero, è la Lombardia la regione che ha più detenuti L'allarme in un rapporto del ministero, è la Lombardia la regione che ha più detenuti In cella, un superaffollamento d'oro Spesi 7 miliardi e mezzo al giorno per le carceri ROMA. Seppure indicato come uno dei peggiori in Europa, il sistema carcerario italiano ha un costo elevatissimo. Ogni detenuto, piccolo o grande boss che sia, grava sulle cassa pubblica per ben 150.000 lire al giorno. Il che vuol dire che la somma complessiva che lo Stato spende quotidianamente per il mantenimento della popolazione carceraria si aggira sui sette miliardi e mezzo, cioè 2800 miliardi all'anno. Tutto ciò senza che si sia riusciti ancora a risanare le precarie condizioni dei detenuti, flagellati da piaghe ormai croniche come il sovraffollamento e la grave situazione igienico-sanitaria. L'allarme è contenuto in uno studio, «Rapporto Italia '94», realizzato dall'Eurispes, che sarà reso pubblico venerdì prossimo. Secondo l'analisi di Eurispes (che si basa prevalentemente su dati dei ministeri di Grazia e giustizia, dell'Interno, del Dipartimento amministrazione penitenziaria e dell'Osservatorio permanente sui fenomeni criminali), i detenuti in Italia sono 52.676, distribuiti in 236 istituti di pena. Le strutture potrebbero accoglierne non più di 35.000, il risultato è una condizione di sovraffollamento che in alcune regioni (la Lombardia in testa, poi seguono la Campania, il Lazio e la Sicilia) raggiunge punte preoccupanti. Senza dimenticare che circa la metà dei reclusi è in attesa di giudizio. GH esperti hanno notato che l'aumento del numero dei detenuti ha registrato una vera e propria impennata, prima negli anni tra l'84 e l'86 (il periodo dei maxiprocessi, ndr), poi l'anno scorso, dopo il mese di giugno, quando è stata superata l'intollerabile soglia delle 50.000 unità. Anche in questo caso una spiegazione (che l'Eurispes dà in parte) ci sarebbe e cioè l'esplosione dell'inchiesta «Mani pulite», che ha fatto da traino a tante altre indagini in varie regioni, e l'acuirsi della lotta al crimine organizzato dopo le stragi di Capaci e via D'Amelio, a Palermo. Infine un dato curioso: la presenza delle donne nel pianeta-carcere è limitatissima. Le detenute sono soltanto 2711, contro i quasi 48.000 ospiti di sesso maschile. Secondo l'analisi realizzata da Eurispes, è la Lombardia che detiene il record di presenze in carcere con'6938 reclusi, segue la Campania (6601), poi il Lazio (5600) e la Sicilia (5402). L'incremento, negli ultimissimi tempi, è stato del 6,5 per cento tra gennaio e giugno dell'anno passato, ma ha raggiunto la ragguardevole punta del 28 per cento se si fa riferimento al periodo compreso fra giugno '92 e giugno '93. E se è vero che ne entrano di più, ap- pare vero che a lasciare il carcere sono in pochi: 37.691 «usciti» contro i 50.125 «entrati». Questo per quel che riguarda la situazione carceraria. Ma lo studio Eurispes ha potuto concludere che la rinnovata attenzione dello Stato per i problemi della mafia e della criminalità organizzata in genere ha fatto registrare (oltre che l'aumento del numero dei detenuti) anche molti risultati positivi sul fronte della lotta al crimine. Il numero complessivo dei reati è calato del 6 per cento. Ed è calato anche il numero degli omicidi volontari, dimi- nuiti di circa 400 unità rispetto al 1992. La tendenza assume proporzioni clamorose nelle regioni cosiddette a rischio (Calabria, Sicilia, Campania e Puglia), dove gli omicidi risultano essere diminuiti del 33 per cento rispetto all'anno precedente. Come mai? Una risposta non compete agli autori della scheda. Si può osservare, tuttavia, che ogni volta che è aumentata la pressione dello Stato sulle cosche mafiose si è registrato un calo della violenza. Un fenomeno analogo accadde proprio all'epoca del primo maxiprocesso a Cosa nostra. Per quasi tre anni in Sicilia gli omicidi scomparvero quasi del tutto. Qualcosa di analogo sta accadendo adesso, in un momento cioè di particolare attenzione delle forze di polizia per l'attività delle varie mafie. Le cosche sono «in crisi» e piuttosto che dare sfogo alla conflittualità interna, che pure è sempre presente, preferiscono «concentrarsi» contro il nemico comune, cioè lo Stato. Gli attentati di Roma, Milano e Firenze suonano come più di una conferma. Francesco La Licata LOMBARDIA