Arese, la protesta muro contro muro di Zeni

Arese, la protesta muro contro muro Arese, la protesta muro contro muro Si fermano in tremila e bloccano l'autostrada MTLANO. «Tutti al centro tecnico, avanti, tutti al centro tecnico», urla al microfono Renzo dei Cobas. E se ne sta lì, con la sua giacca a vento rosso fuoco, ad aspettare che piano piano emergano dalla nebbia, fitta come molte altre volte da queste parti, i tremila in arrivo dal lungo vialone che unisce i reparti operai di Arese - le carrozzerie, il montaggio - alla palazzina uffici. Inevitabile, il lunedì degli operai dell'Alfa, dopo la rottura delle trattative con la Fiat, ha i colori della nebbia e della protesta. Grigio ^ rosso. Preoccupazione e rabi ' «Preoccupati, certo, ma niente aifatto rassegnati», sintetizza in poche battute Corrado Delle Donne, leader storico degli «arrabbiati» dei Cobas. Ma anche un «moderato» della Fiom come Antonio Festa detto Tonino, membro del consiglio di fabbrica, giaccone blu e «Unità» in tasca, riconosce: «E' chiaro che il clima in fabbrica è di preoccupazione, con tutta la crisi che si respira in giro chi lavora re¬ sta attaccato al proprio posto, ma basta dare un'occhiata a questo corteo per capire che la gente vuol reagire, non si fa intimorire». Sfila, il corteo dei tremila davanti a Festa. «Ciao, Tonino», gridano gli ultimi arrivati in Alfa, i ventenni assunti quando la crisi sembrava lontana e che adesso se ne stanno dietro lo striscione rosso dalla scritta bianca: «I giovani dell'Alfa Romeo in difesa dell'occupazione». Scuote la testa Tonino: questo stabilimento bisogna tenerlo in piedi he per loro, sussurra. Già, teierlo in piedi: eccolo il punto delicato. Per la Fiat, tener in piedi Arese significa non fare domani quello che si fa adesso e soprattutto farlo con un paio di migliaia di persone in meno: la 164, secondo il piano Fiat, va spostata a Rivalta, ad Arese le produzioni del nuovo coupé e del nuovo spider. Niente affatto, è la replica sindacale: ((Arese deve continuare a essere una fabbrica completa con una missione produttiva che ne assicuri i livelli oc¬ cupazionali, le produzioni attuali devono restare fino a quando non saranno sostituite da altre di pari volume». Muro contro muro. Non è giorno di riflessioni a mente fredda, questo. Pesa la tensione di ore e ore di trattative, la rottura improvvisa, speranze e delusioni. E pesano quelle lettere per nuova cassa integrazione a zero ore che qui ad Arese si aspettano in duemila. «Non possiamo continuare a vivere di assistenzialismo chiudendo le fabbriche», è l'amara riflessione di Tonino Festa, il sindacalista: «Cosa facciamo, i vu cumprà jgliamo o no dare una politica industriale di sviluppo a questo Paese?». Urlano, i tremila del corteo: «Il posto di lavoro non si tocca». E il più applaudito di tutti è l'operaio con il berretto alle Lenin e un cartellone con la foto dell'eroe della rivolta messicana: «Viva Zapata». Quelli dei Cobas, quelli della Flmu con le loro bandiere rosse e la U arcobaleno, vogliono spostarsi subito in auto¬ strada, la meta di sempre dei cortei di protesta dell'Alfa. Pochi minuti di discussione e poi via tutti con la benedizione del consiglio di fabbrica: via tutti sotto il cavalcavia dell'autostrada immersa nella nebbia. Un'ora di assemblea con il palco degli oratori improvvisato sul guard-rail. Alla fine una sola mozione, qualche concessione ai duri del Cobas, qualche concessione ai moderati del consiglio: il piano Fiat, si legge, va cambiato, la produzione della 164 deve restare ad Arese, tre rappresentanti dei Cobas entreranno nella delegazione che parteciperà alle trattative. E poi tutti a preparare la manifestazione di domani a Milano: «L'Alfa l un altro pezzo della Milano industriale in pericolo», mette in guardia Renzo, quello dalla giacca a vento rossa. Poi la parola passa all'orfano di Zapata: «Se saremo tanti - propone con rabbia - dobbiamo andare a bloccare la stazione Centrale». Armando Zeni

Persone citate: Antonio Festa, Corrado Delle Donne, Lenin, Tonino Festa, Zapata

Luoghi citati: Arese, Milano, Rivalta