« Faremo ricorso al Tar » di Raffaello Masci

« « Faremo ricorso al Tar » Se non si trova una soluzione il rabbino pronto alle vie legali ROMA. Apriti cielo. Il giorno dopo l'«affronto» agli ebrei, s'è levato un tale coro di proteste che il traballante governo Ciampi ha rischiato di rimanerne travolto. Il più perentorio (e provocatorio) è stato lo scrittore Aldo Busi, che ha scavalcato tutti e se l'è presa direttamente con Scalfaro: «Le ordino di cambiare immediatamente la data delle elezioni - intima in un telegramma - per rispetto verso la comunità ebraica e verso di me, che per solidarietà sarei costretto ad astenermi dal voto». La cronaca registra anche una colluttazione verbale tra lo scrittore e l'amministrazione Sip di Brescia che si rifiutava di indirizzare un simile messaggio al Capo dello Stato. Annotazioni di colore a parte, ieri è stato il giorno delle grida alte e forti, e tutte nella stessa direzione, tutte di solidarietà agli ebrei, tutte di «dalli al Ciampi», tutte che caldeggiano il prolungamento dell'orario di voto oltre il tramonto del 28. «Mi rammarico - ha detto il capogruppo de alla Camera, Gerardo Bianco - per una decisione che rispetto, ma che notoriamente non ho condiviso e non ho neppure capito». Altro leader della (teorica) maggioranza, altro attacco alla linea-Ciampi: «Abbiamo avuto mesi e mesi di tempo - dice in una lettera al rabbino Toaff il segretario socialista Ottaviano Del Turco - e siamo riusciti nel capolavoro di scegliere l'unica data che andava evitata». Qualcuno, come il deputato verde Mauro Paissan, se la prende con i giornalisti tv che hanno «messo a confronto la cifra dei 30 mila elettori ebrei con il totale dei 48 milioni e mezzo di aventi diritto al voto. Il messaggio è chiaro - dice Paissan - : quello posto dalla comunità ebraica è un piccolo problema, trattandosi dello 0,06% dell'elettorato. Sfugge totalmente che il problema è grande proprio perché è piccola la minoranza che chiede di essere rispettata». La pensa allo stesso modo il presidente delle Acli, Giovanni Bianchi: «Guai a pensare che questi siano aspetti marginali - dice -, essi indicano in modo chiaro le novità o meno di una nuova qualità della vita civile, culturale e religiosa del Paese. Francamente non avremmo voluto che si avviasse così, con una inutile lacerazione, la fase decisiva di passaggio verso la Seconda Repubblica». Dai politici, ai diretti interessati. Ieri c'era molto fermento nelle vie del Ghetto, il quartiere romano storicamente legato alla cospicua comunità ebraica locale (quasi 16 mila persone, 12 mila elettori). Tra i convocati nello studio del rabbino Toaff, l'avvocato Dario Tedeschi, consigliere dell'Unione della Comunità: «Bisogna stabilire - ha detto - se c'è una violazione dell'articolo 4 dell'intesa tra comunità ebraica e Stato italiano, cioè della norma che stabilisce il diritto dei cittadini ebrei al riposo del sabato e nelle altre festività. Se si riscontra questa violazione, il primo passo sarà il ricorso al Tar del Lazio». L'avvocato si dimostra comunque molto cauto, certo di trovare una controparte disponibile. Anche i gay italiani aderenti all'Arci si sono schierati con un'altra «minoranza» vilipesa. «Che il passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica avvenga in questo modo - ha detto il segretario Franco Grillini - è significativo di quanto poco, nel nostro Paese, siano tenuti in considerazione i diritti delle minoranze». L'onorevole Marco Pannella, che sta continuando lo sciopero della fame e della sete, ha detto che non voterà «anche se un solo ebreo fosse costretto a non votare», alla sua iniziativa si è unita anche l'Associazione Italia-Israele. Raffaello Masci

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