Disastro-show ma senza Vip di Furio Colombo

Ore 4, il lungo brivido di Los Angeles Disastro-show, ma senza Vip Vana caccia a Spielberg e Coppola nei tg LA TRAGEDIA m DIRETTA S NEW YORK 'ETTE e trenta del mattino a New York. Il programma televisivo che state guardando ha il tipico affanno delle non notizie. Il presidente Clinton sta tornando a casa. La pattinatrice picchiata alle gambe ha ricominciato gli allenamenti. Non ci sono nuove «prove» sul cosiddetto scandalo Whitewater. Stanno per andare in onda un paio di attori di serie B e l'autrice di un nuovo libro di cucina in versi, quando arriva una notizia di agenzia. Uno dei conduttori ha un foglietto in mano. Nel mondo elettronico, che odia la carta, voi sapete subito che quel foglietto significa emergenza. Lo legge: grave terremoto a Los Angeles. Guardiamo insieme condu**^, spettatori e ospiti in stur' * °"gio. Vuol dire le quattro u , a. Los Angeles. Qui è giorno, ia è notte. Comincia a profilarsi la prima condizione ideale per narrare una grande emergenza: saperne più delle vittime. Di colpo i conduttori, che finora hanno fatto i padroni di casa un po' distratti, sono al telefono, di fronte a noi mentre, si capisce, tecnici di regia cercano affannosamente di catturare immagini sui loro monitor. Si formano affannosamente, anche dallo studio, i numeri disponibili di telefoni e telefonini. Ci fanno sentire i segnali di occupato o la voce del computer che pacatamente avverte «non c'è collegamento». Si realizza così la seconda condizione della narrazione del disastro. E' grande o piccolo? Personalmente ciascuno spera (e dice ad alta voce) che sia piccolo e senza vittime. Professionalmente i conduttori contano su questi minuti di sospensione (e intanto ci mostrano mappe, carte geografiche dei punti probabilmente colpiti dal terremoto) per tenere teso il filo della narrazione. Se l'evento risulterà insignificante, tutto ciò risulterà una prova di collegamento istantaneo, come una esercitazione. Rassicura gli spettatori che anche nei momenti più stanchi di un programma si resta collegati col mondo. Se è grave, toccherà alla tv prendere u controllo del mondo. E' grave. Giunge dal telefono la voce emozionata di una giornalista munita di telefonino cellulare. Racconta tutta la prima sequenza del disastro, quanto è durata, la gravità della scossa, l'impossibilità di stare in piedi al dodicesimo piano dell'edificio in cui si trovava. L'impeto dell'emozione la in¬ duce a parlare, ma il conduttore ha trovato un'altra linea e blocca la prima voce, adesso vuole ascoltare la seconda. E' una turista dell'Ohio, trovata in un albergo dove funziona ancora il telefono. La turista, benché frastornata, è espressiva, Educata dalle migliaia di ore-tv della sua vita, sa come narrare quello che vede dalla finestra: incendi a vista d'occhio. Ma i conduttori sono costretti a toglierle la linea. C'è al telefono un vigile del fuoco. Il vigile del fuoco è assai meno espressivo della corrispondente e della turista. Indica un cratere, indica un incendio (sono le prime immagini) ma non sa i nomi dei luoghi. Da una stazione locale si è finalmente stabilito il primo ponte-video. Una intera autostrada appare appoggiata come una striscia di carta grigia su un'altra autostrada. Il vigile del fuoco vorrebbe descrivere in termini di miglia qua¬ drate e tonnellate di cemento. Ma scatta sullo schermo una seconda immagine, una serie di edifici (piccole case residenziali in San Fernando Valley, periferia di Los Angeles) che bruciano. L'ordine è di sacrificare il vigile, la turista e la giornalista col telefonino all'immagine delle case che bruciano, su cui entra una voce intercettata da una televisione locale. La terza regola dunque è questa: ogni voce nuova, ogni immagine nuova ha la precedenza su quella «vecchia». Vecchio è tutto ciò che va in onda in questo momento. La vita dello strumento non è «adesso», è in ciò che accade «subito dopo». Ma il «subito dopo» è vecchio appena comincia, diciamo in 30 secondi. Faccio un esempio. Inquadrano un nero, forse un vagabondo, che si trovava sotto il ponte di un'autostrada. A quanto pare, con l'istinto della sua vita di vagabondo è schizzato fuori un istante prima del crollo. Calmo del tutto senza emozione, dice che ci sono almeno due persone là sotto (indica il ponte caduto sull'autostrada), due automobili bloccate. Ma non dà affidamento. In ogni caso soccombe alla regola del cambiare. C'è il governatore della California in linea adesso. Siamo a un momento di fermata perché le case che bruciano, le autostrade crollate, le voragini nelle strade, le facciate venute giù come pezzi di carta (molte case di Los Angeles sono «costruite di carta», dopo tutto questa è la mecca della finzione) sono tutte immagini «viste» e siamo in attesa del «nuovo». Il governatore Wilson non sa niente di nuovo. La capitale dello Stato, Sacramento, è lontana da Los Angeles come Napoli da Firenze e l'uomo non sa niente e forse non lo hanno neppure svegliato per tempo. Ma la sua voce ha il piglio dell'autorità. E ha la trovata, tipica per un personaggio autorevole, di spostarsi da ciò che non sa a una descrizione della routine. «Che cosa facciamo in questi casi? Prima cosa chiamiamo la Difesa Civile, poi sentiamo la Polizia, poi dobbiamo decidere se abbiamo bisogno della Guardia nazionale...». La quarta regola è dunque che ci vuole la «celebrità» anche se la celebrità non sa nulla. Qualcuno, in regia e alle spalle dello studio, ci dicono, sta cercando di chiamare a casa Steven Spielberg, ma si viene a sapere che il regista di «Jurassic Park» e di «SchindJer list» (decisamente il più adatto in un caso come questo) si trova a New York. Si pensa a Francis Ford Coppola. Ma è a San Francisco, sa quel che ha visto in televisione. Le spécialiste in pettegolezzi di spettacolo, «celebrities» e cinema sono state messe tutte al lavoro. Formano freneticamente tutti i numeri dei loro taccuini finché staneranno qualcuno celebre. Intanto si è fatto giorno a Los Angeles. Gli elicotteri con telecamera si alzano in volo e cominciano a vedere. I giornalisti subentrano ai personaggi dello spettacolo del mattino. Sento uno di loro che dice: «Perché non ascoltiamo un minuto o due di più coloro che hanno qualcosa da dire? Non vi accorgete che state togliendo continuamente la linea a uno per darla all'altro?». I collegameti si fanno più fitti e mirati. Nel riquadro piccolo c'è il medico di un pronto soccorso d'ospedale: quante vittime, con quali ferite, da che ora a che ora. Nella parte^rande dello schermo si vedono Iey*5mmagmi dell'elicottero che punta alle zprìe.più drammatiche del disastro.^Sono soprattutto le autostrade afflosciate sopra altre autostrade, nel òodo di sopraelevate che consentono l'accesso e la circolazione intorno a Los Angeles. Sono le case bruciate per l'esplosione delle condutture di gas. Sono le facciate delle case «venute giù come carta». Storie di ascensori, di grattacieli, di gente bloccata in costruzioni lesionate verranno molto più tardi. Ma il metabolismo nervoso della tv prende il sopravvento di nuovo. Nevica fitto a New York. Perché non collegarci con le strade della metropoli, mostrare i problemi del traffico, dei pedoni, e cambiare in tal modo argomento? Ed ecco la neve che scende fitta nelle avenues di New York, reporter con colbacco in mezzo alla strada che ci dice quanti centimetri di neve cadranno, auto senza catene che sbandano e slittano. Torna, preceduto da una breve musica drammatica, il collegamento con Los Angeles. Carte geografiche, voci di tecnici (pressione dell'acqua, del gas, stato delle autostrade, se c'è o non c'è una certa ripresa della circolazione), voci di reporters locali. Gli «anchormen» domandano e ascoltano. Ma se si apre una nuova linea (un fioraio, all'angolo con il Chateau Marmont Hptel è pronto a narrare il crollo che ha visto) si taglia il pompiere per andare al fioraio. Poi si taglia il fioraio per correre dal passante, si interrompe il passante per tornare al governatore, si lascia il governatore per la telefonista che era al lavoro quando è cominciato il tremore. Ma arriva il sindaco, e poi un poliziotto in motocicletta bloccato fra due tronconi di strada spezzata. Il bambino iperattivo della televisione ci fa vedere molto, ci d^ce molto. Ma non sa stare più di pochi secondi sullo stesso argomento. E' il suo modo di narrare, e lo stato di emergenza lo esalta. Furio Colombo Il governatore, svegliato dai cronisti non sa nulla; e allora comincia a elencare con voce sicura le regole dell'emergenza A sinistra drammatiche immagini della «freeway» distrutta A destra le vetrine dei negozi fracassate dal sisma

Persone citate: Clinton, Coppola, Francis Ford Coppola, Marmont, Spielberg, Steven Spielberg