De Felice

Rosso e nero, le eredità pesanti De Felice «Contro falce e martello una cultura ancora radicata» SULL'abbandono dell'antifascismo come arma di lotta politica non posso non essere del tutto d'accordo con Norberto Bobbio - dichiara Renzo De Felice, il nostro massimo storico del fascismo, che cinque anni fa presentò una proposta che fece scalpore e accese discussioni: l'abrogazione dell'articolo costituzionale, compreso nelle norme transitorie, che vieta la ricostituzione del partito fascista -. Però mi piacerebbe proseguire con Bobbio il suo discorso, per capire se pensa a un atteggiamento morale e politico o a una modifica della carta costituzionale. Naturalmente, la mia opinione è che si debba prendere l'invito di Bobbio nella seconda direzione, poiché il divieto di ricostituzione del disciolto partito fascista era nato in circostanze particolari, in un Paese appena uscito dalla guerra. Ma i timori per la ricomparsa di forme di fascismo, che erano già infondati allora, sono semplicemente ridicoli oggi. D'altronde, nella prassi, la norma è stata regolarmente disattesa: è come se ci non fosse». «La questione comunismo anticomunismo mi appare più complessa. Si può essere d'accordo con Bobbio in linea teorica, ma sul piano pratico è necessario passare attraverso un processo di approfondimento e chiarimento non immediatamente politico ma concretamente storico, che a mio giudizio non è stato ancora possibile o è stato solo iniziato. E da questo approfondimento e chiarimento trarre le dovute conseguenze. Perché l'anticomunismo non è stato solo un fatto politico, il cemento ideologico di alleanze di una destra che è arrivata fino ai repubblicani e a una parte della de, ma è stato un modo di essere e di pensare di tanti italiani, è stato una cultura attraverso cui si è sviluppato il Paese e sono convinto che continua ad avere radici profonde. Certo nessuno pensa più ai "cosacchi a San Pietro", ma non è un'eredità politica di cui ci si sbarazza con un atto di volontà: questo è il problema che mi è balzato agli occhi leggendo l'editoriale di Bobbio». «D'altronde io faccio lo storico non il profeta. Perciò è molto tempo che sto zitto e penso di starmene zitto e buono sino alla fine della campagna elettorale, proprio perché penso che in un momento di eccitazione politica, anche giustificata, si possono fare dei discorsi che vengono strumentalizzati. Mentre a me sembra neccessaria la ricerca di una strada che non faccia ripetere gli errori del passato o farne di nuovi». [a. p.] Lo storico Renzo De Felice

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