Rosso e nero le eredità pesanti di Alberto Papuzzi

4. Politici e intellettuali divisi: sono finiti anticomunismo e antifascismo? Rosso e nero, le eredità pesanti Bobbio e la II Repubblica: discussione aperta STORIA JE POLITICA FUTURA E' anticomunista né antifascista: ecco la Seconda Repubblica secondo Norberto Bobbio. Lo ha scritto ieri nel suo editoriale su «La Stampa» intitolato «La nuova Repubblica». Nella cultura politica dell'Italia che nascerà il 27 marzo, l'anticomunismo non deve più essere il cemento ideologico di un fronte moderato. Ma neppure l'antifascismo, su cui è storicamente nata la Prima Repubblica, può ancora essere la bandiera di un'alleanza progressista: «Per rinnovarsi anche dal punto di vista ideologico, una nuova repubblica dovrebbe lasciarsi alle spalle una parte del suo passato contraddistinto dalla netta contrapposizione tra anticomunismo e antifascismo». «Sono totalmente d'accordo con Bobbio - dichiara lo storico Massimo Salvadori, deputato del pds -. La Seconda Repubblica non potrà fondarsi su una cultura politica che tragga il suo animus dal problema di salvaguardare l'antifascismo. Il che non significa che i suoi valori e le sue istituzioni non debbano essere costruiti sul rigetto di ciò che è fascista, ma il dato di fatto è che la destra che possiamo immaginare in Italia non avrà più il suo nucleo aggregante nel fascismo. Non dico che Fini rinnegherà il fascismo, però lo disattiverà. «Quanto al comunismo, lo storico passaggio dal pei al pds gli ha lasciato lo spazio residuale del gruppo rifondazionista. Semmai il problema è che la destra non vuole prenderne atto: un Bossi e un Berlusconi continuano a parlare del pds come del pei o dei comunisti». «Non si può non essere d'accordo con Bobbio - dice anche Saverio Vertone, lo scrittore schieratosi con il Patto di Segni .- E' il superamento delle squalifiche come strumento di battaglia politica: cioè di quell'atteggiamento per cui ognuno dei due fronti dichiara l'altro non legittimato a governare. Oggi si è aperto un conflitto fra cultura e tecnica politiche: la legge elettorale e il sistema bipolare prevedono che ci si divida sulla base dei problemi, non in base alle appartenenze. Berlusconi o Bossi fanno dell'anticomunismo? «Finché c'è Rifondazione comunista è inevitabile che accada. Però a me sembra che sia soprattutto dall'altra parte che si tenta di squalificarci: Berlusconi è un mascalzone che manipola la tv, Segni è il traditore di una santa alleanza». Tutti d'accordo con l'editoriale del filosofo, a sinistra e a destra, politici e politologi? Nient'affatto. «Le stimmate dell'antifascismo sono iscritte nella Costituzione italiana - controbatte il filosofo Luciano Canfora, storico dell'antichità ma anche del togliattismo -. L'antifascismo non è solo la negazione di qualcosa, è anche un contenuto. Due norme costituzionali esprimono il contenuto dell'an- tifascismo: l'articolo 3, che impegna a rimuovere gli ostacoli che limitano l'uguaglianza e la libertà dei cittadini, e l'articolo 42, che prevede l'esproprio della proprietà privata per motivi di interesse generale. «Prima o poi si arriverà a riscrivere il testo della Costituzione: resteranno o no questi due articoli? Ma soprattutto non dobbiamo dimenticare che la prima caratteristica del fascismo è il trasformismo. E' il movimento più trasformista dell'intera storia italiana. E oggi il fascismo ha la faccia di un populismo antisolidaristico: Lega, msi, Forza Italia non disdegnano di sollecitare le folle all'egoismo nazionale. Fascismo non vuol dire fez e mitra. Anzi è un movimento d'ordine, che solletica le masse e le strin¬ ge intorno a movimenti antisolidaristici». «Il superamento delle fratture fascismo-antifascismo e comunismo-anticomunismo sarebbe auspicabile - osserva il politologo Angelo Panebianco, docente di Scienza della politica a Bologna -, ma richiede comportamenti conseguenti che io non vedo ancora in atto. Anzi, a causa di quanto sta ac- cadendo in questa campagna elettorale, le fratture ideologiche continueranno a essere presenti anche nella Seconda Bepubblica. Infatti è stato aperto un tavolo dei progressisti o laboristi in cui è presente a pieno titolo Rifondazione comunista. Non c'è stata l'auspicata chiusura a sinistra da parte del pds. Il che richiama nei fatti la frattura comunismo- anticomunismo. Era invece importante tenere fuori le estreme. Il fatto che l'alleanza di sinistra non abbia posto il problema dell'esclusione di Rifondazione fa sì che un Bossi o un Segni possano dire che Cossutta più Occhetto fa il vecchio pei (mentre Fini non si è ancora seduto a nessun tavolo). Inchiodare anche queste elezioni, che sono una costituente della Seconda Repubblica, al conflitto comunismo e anticomunismo è drammatico». Ma come è stato letto l'editoriale del filosofo ai vertici dei due partiti che, per tradizione, rappresentano l'anticomunismo e l'antifascismo? «Il comunismo in quanto tale è finito. Vi sono dei valori del comunismo che sopravvivono diciamo nella sinistra - risponde Gianfranco Fini, segretario del movimento sociale -. Così come è finito il fascismo e vi sono dei valori che sopravvivono nella destra. Condivido in toto che la Nuova Repubblica rappresenta una svolta se riesce a superare la storica contrapposizione antifascismo e anticomunismo. La Prima Repubblica è stata ideologica, la Seconda Repubblica deve essere una democrazia in cui i caratteri fondanti non siano radicati nelle ideologie bensì in valori comuni al novanta per cento degli italiani, i quali si divideranno poi, nelle scelte politiche, sulle cose da fare, fra una destra e una sinistra». «Ciò che non si può mettere in discussione è il giudizio storico su fascismo e antifascismo - dice Walter Veltroni, direttore dell' Unità -: nel caso di Bobbio è del tutto ovvio che c'è un giudizio storico non cancellabile, di valori, di testimonianza, scritto sulla carta costituzionale, acquisito nell'esperienza politica. Io ho letto quell'editoriale in due chiavi. Primo: se andiamo verso un sistema bipolare, ci si deve andare tra forze che hanno rispetto reciproco le une delle altre. Tra forze democratiche che se vincono non alterano le regole del gioco. Secondo: ci vuole oggi, in Italia, qualcosa di più che dirsi fascisti o antifascisti, ci vuole cioè un confronto su programmi, prospettive, progetti. Questo mi sembra il senso di un intervento che in nessun modo si può ricondurre a certe tendenze giustificazioniste del passato. Non è un invito a metterci una pietra sopra, ma a rendere più forte la democrazia». Alberto Papuzzi Veltroni: non una pietra sopra ma una democrazia più forte Foto grande Norberto Bobbio. Qui sopra Gianfranco Fini e a destra Saverio Vertone. Sotto Walter Veltroni Luciano Canfora e qui sopra Angelo Panebianco

Luoghi citati: Bologna, Italia