LE DIMISSIONI RESPINTE

r r LE DIMISSIONI RESPINTE Governo in carica ma poteri limitati COME ci si aspettava, il Presidente della Repubblica ha respinto le dimissioni del governo Ciampi, il quale ha così controfirmato il decreto di scioglimento delle Camere nella pienezza dei suoi poteri. E' una novità nella prassi, giustificata dal carattere inedito di questo scioglimento, dovuto non a un difetto del governo rispetto al Parlamento, ma a un difetto del Parlamento rispetto ai cittadini: il difetto di rappresentatività. Il governo, direttamente, non c'entra. Solo la sfiducia parlamentare l'avrebbe costretto a dimettersi, ma la sfiducia non c'è stata. Perché si potessero sciogliere le Camere, non erano necessarie le dimissioni del governo. E, in quanto superflue, il Presidente della Repubblica ha potuto respingerle. Questo significa che al governo, in quanto non dimissionario, da qui alle elezioni spettano - come si è detto non felicemente - i «pieni poteri»? Per nulla: né i pieni poteri né i suoi poteri normali. Nel sistema parlamentare, governo e Parlamento formano un blocco unitario, basato su un delicato equilibrio. Sciolte le Camere, cioè gli organi essenziali della rappresentanza politica, è il blocco intero a essere depotenziato. Diminuiti i poteri del Parlamento sciolto, quelli del governo non possono non seguire. La bilancia si romperebbe a favore di un organo di fatto politicamente irresponsabile. Senza limiti precisi, potremo temere, nella migliore delle ipotesi, poteri buro-tecnocratici invece che democratici, nella peggiore i «pieni poteri» dei governi antiparlamentari. I limiti del sistema a Camere sciolte conseguono esattamente allo scioglimento. L'esercizio da parte del governo di poteri politici presuppone l'esistenza di indirizzi determinati in Parlamento e la responsabilità di fronte a quest'ultimo: due 1 condizioni possibili solo con I le Camere nella pienezza del- le funzioni. Restano invece al governo i poteri amministrativi, quelli di esecuzione di compiti previsti dalla legge che non possono attendere (ad esempio l'attuazione delle deleghe della legge finanziaria) e quelli che le emergenze della vita nazionale rendono necessari e urgenti. Si tratta dunque di un insieme di poteri pienamente adeguati alla difficile situazione presente, molto più ampi della «gestione degli affari correnti» che spetta ai governi dimissionari. Per quanto ampi, non sono però i poteri normali del governo. In particolare, non si giustificano atti (come le nomine) che comportano scelte e possono attendere un governo legittimato dalla fiducia di un nuovo Parlamento. Naturalmente, il discrimine tra atti politici e non politici è molto sottile. Spesso, non è l'atto in sé ma il contesto ad assumere rilievo. Un atto assorbito senza reazioni potrà dirsi, ex post, non politico. Al contrario, lo stesso atto può apparire politico se determina opposizioni. Perciò, più che a formule giuridiche, ci si dovrà attenere a regole prudenziali di correttezza. Trattandosi di equilibri costituzionali, sarà opportuno che il Presidente della Repubblica faccia sentire la sua autorità, insieme ai presidenti della Camera dei deputati e del Senato, quali rappresentanti di parti che oggi non possono farsi sentire. Considerazione a margine. Nelle questioni costituzionali, si deve sempre presupporre di aver di fronte dei bricconi, cioè persone inclini all'abuso dei poteri. Gli uomini del governo Ciampi generalmente non lo sono? Non per questo possiamo esimerci dal rigore. Ogni decisione che si prende ora a fin di bene, potrà essere domani un precedente a fin di male. L'esperienza di questi anni è già fin troppo ricca di buone intenzioni diventate cattive azioni. Gustavo Zagrebelsky^Jj

Persone citate: Ciampi, Gustavo Zagrebelsky