Il Nuovo? Attenti ai successori di Indro Montanelli
Il Nuovo? Attenti ai successori Il Nuovo? Attenti ai successori Scalfari contro ifigliocci: Montanelli si nasce DIRETTORI E GIORNALISTI GIOVANI leoni attenti. La successione a Indro Montanelli non si improvvisa così, su due piedi. «C'è un problema di stile, c'è l'autenticità della "griffe", ci sono movenze intellettuali e perfino fisiche che non si tramandano». Tramonta la prima Repubblica ed Eugenio Scalfari dice alt. Anche nel giornalismo campioni si nasce. I cromosomi sono tutto, attenti alle imitazioni. Che cosa credono il neo-direttore del Giornale dottor Feltri e il suo editore dottor Berlusconi? Di essere gli eredi di Montanelli solo perché guardano al polo moderato, dicono le stesse cose o indossano il maglione, proprio come fa Indro? Sciocchezze. «Il maglione di Indro - ha scritto ieri il direttore di Repubblica - non ha niente a che fare con quello di Berlusconi e la differenza nell'indossarlo è tale da collocare Montanelli più vicino ad Occhetto che ai giovanotti di Forza Italia, che è tutto dire...». La griffe resta la griffe. Si sfa- eia la prima Repubblica, cambia la politica, tramontano i partiti, il Nuovo avanza su tutti i fronti. Ma nel giornalismo, dice Scalfari, lo stile e la «griffe», restano nell'Antico. Anzi, nell'Eterno. Montanelli e Scalfari. I fondatori dei due giornali-partito. I Maestri. I Monumenti. Il maglione dolcevita di Indro, la vecchia Olivetti, quel gesticolare seduto alla scrivania vicino al ritratto di Leo Longanesi, il gusto della battuta, la vasta aneddotica che spazia da Mussolini al Mondo di Pannunzio, dal centrismo alla nuova av¬ ventura della Voce. Il «montanellismo», con i biografi (Gaetano Afeltra), i ritrattisti (Enzo Bettiza), e poi attori, interpreti e comparse. Gli amici e collaboratori: Mario Cervi, Federico Orlando, Beppe Severgnini, Alberto Pasolini Zanelli, Nicola Matteucci; i giornalisti persi per strada e diventati direttori di altri giornali: Franco Cangini, Francesco Damato, Paolo Liguori. Eh, la «griffe». Non si eredita la griffe. Questione di pelle. Anzi, di stile, di eleganza intellettuale, di qualità cellulare, di selezio¬ ne... biologica. «Longilinei», li definisce Scalfari. «Profondamente laici ma profondamente religiosi. Di solito longilinei. Di solito benestanti». Così, in La sera andavamo in via Veneto, il direttore di Repubblica racconta lo «specifico» degli intellettuali che come lui frequentavano II Mondo di Pannunzio. «Ad alcuni di noi piaceva molto ballare: tanghi e valzer di Pannunzio erano rinomati». Sandro Viola si esibiva nel samba, lo stesso Scalfari e Enzo Golino ballavano il charleston. Lo «scalfarismo-style» viene da lontano. Dalla «predilezione collettiva per i lini bianchi d'estate e le flanelle chiare d'inverno», dai pantaloni «con risvolto al fondo e le pinces girate verso l'interno», dallo «slip considerato indumento squalificante a tutti gli effetti», estetici, morali e perfino politici. Leggevano Benedetto Croce, Eugenio Montale, Scott Fitzgerald, ma l'autore più importante era Marcel Proust e la Recherete «il libro di capezzale». Le mutazioni genetiche non si improvvisano. E scrivendo della «griffe» di Montanelli, non è detto che Scalfari non abbia voluto lanciare anche un segnale preciso nel recinto della sua scuola: signori mi raccomando, lo stile è tutto. Una scuola che è stata ed è tuttora una grande fabbrica di direttori: Giampaolo Pansa, Giovanni Valentini, Claudio Rinaldi, Paolo Galimberti. E di entusiasti imitatori del Maestro: Mino Fu-, cillo, Ferdinando Adornato, Sandra Bonsanti. E gli imitatori di Montanelli? Al Giornale, mercoledì, arriva Vittorio Feltri. E' anche lui un cultore della griffe? «Io non ho mai badato alle giacche: ho sempre scelto le mie». Vorrà mica dire che non ha mai imitato Montanelli? «Imitato no, copiato sì». Copiato? «Quando ero direttore dell'Indipendente ho fatto la pagina delle lettere dei lettori uguale a quella che faceva Montanelli sul Giornale. Tale e quale. Un successo». Mauro Anselmo Eugenio Scalfari (sopra); Indro Montanelli (nella foto accanto); Vittorio Feltri (a destra)
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