Il sogno dei genitori Un posto in comunità

Il sogno dei genitori Un posto in comunità Il sogno dei genitori Un posto in comunità IL DRAMMA FAM10LII Il caso di Alberto Solano che ha assistito la figlia Down in solitudine, fino alla morte, solleva il problema del «dopo». «Il pensiero di quando noi genitori non ci saremo più, o di quando uno morirà e l'altro magari non sarà più autosufficiente, è sempre presente nella mente di tutte le coppie con un figlio handicappato .psichico». Carlo Sessano, rappresentante dell'Unione per la tutela degli insufficienti mentali, qualche anno richiamò clamorosamente l'attenzione sul problema del futuro degli handicappati che vivono in famiglia. Lo fece con la decisione di donare il suo alloggio al Comune di Torino: per assicurare alla figlia una vita fuori dagli istituti. «I problemi della nostra ragazza - racconta - li ha risolti il Padreterno, che nel frattempo se l'è presa, ma per tanti altri la strada è stata aperta dalla delibera che seguì a quell'iniziativa. La sostanza è: io lascio l'appartamento al Comune e il Comune assiste mio figlio in quella stessa casa, la soluzione migliore perché il ragazzo la conosce, oppure in un'altra comunità alloggio». Un progetto a prima vista semplice. «In realtà sono tanti e tali i vincoli architettonici per la creazione di una comunità alloggio, dai metri quadri pro-capite alla larghezza dell'ascensore, che è molto difficile la nascita di una di queste strutture proprio nell'appartamento donato. Ma se almeno i quattrini derivanti dalla vendita delle nostre case fossero vincolati all'acquisto di locali adatti, sarebbe già un successo. Di certo alla fin fine oggi non c'è niente». La sistemazione della giovane Down nel repartino psichiatrico delle Molinette è indicativa, secondo Maria Grazia Breda del Coordinamento sanità e assistenza, di come Torino non sia in grado di tutelare le persone con handicap psichici: «Per i casi estremi il Comune dovrebbe poter trovare immediatamente un posto in comunità». Colpa del fatto che l'sos sia partito dì sabato? «Purtroppo no. Sono una trentina le super-emergenze segnalate e altre 100-110 le persone in lista d'attesa per una sistemazione qualsiasi, anche in istituto. Sono molti i genitori anziani che fanno domanda». Il sogno, per tutti, è un posto in comunità alloggio. Un sogno che si scontra con ristrettezze di bilancio (che impongono tagli alle convenzioni con le cooperative di assistenza) e con parametri di abitabilità eccessivamente restrittivi. «L'ultima delibera regionale in materia - dice Carlo Sessano - indica 50 metri quadrati pro-capite: un modo per far diventare inservibili tanti locali». Così, torna il vecchio spauracchio degli istituti, dove lo spazio non manca. «Una legge del '71 prescrive che in ogni palazzo di edilizia pubblica siano riservati alloggi destinati a comunità per anziani, handicappati, minori - dice Maria Grazia Breda - poi c'è il vasto patrimonio immobiliare delle Ipab che, se ben amministrato, potrebbe anche fruttare molto denaro. Il vero problema è la gestione degli enti locali. E' chiaro che la comunità costa più dell'istituto, ma i vantaggi per la persona sono innegabili. Torino aveva raggiunto un buon traguardo, ora sta tornando indietro», [m. t. m.] Qui a fianco il medico Annibale Crosignani che ospita nel suo reparto la giovane A destra in alto il parroco don Sebastiano Giachino

Persone citate: Alberto Solano, Annibale Crosignani, Carlo Sessano, Maria Grazia Breda, Sebastiano Giachino

Luoghi citati: Comune Di Torino, Torino