La strana adozione del giovane Guy di Gabriella Bosco

Società' e Cultura Nelle lettere, retroscena d'un rapporto «quasi amoroso» Èra Flaubert e Maupassant La strana adozione del giovane Guy P parigi ERCHE' lui cresca, bisogna che io diminuisca» si legge verso la fine di Erodiade, un racconto di Flaubert che Maupassant ammirava molto. Estrapolata dal contesto, la battuta potrebbe essere presa a emblema del tipo di rapporto instauratosi tra i due scrittori nei sette anni in cui le loro vite si sovrapposero, dal 1873 al 1880. Vecchio, grande, al traguardo Flaubert. Giovane, rampante, esplosivo Maupassant. E' uscita in Francia in questi giorni la Correspondance (Edizioni Flammarion») Flaubert-Maupassant. Un grosso volume molto atteso sia per la parte di inediti che contiene, sia perché è la prima volta che viene pubblicata la corrispondenza incrociata tra il maestro e il discepolo. Prima solo lavorando di fotocopie, su edizioni spesso rare o poco attendibili (la pubblicazione della corrispondenza di Flaubert nella Plèiade non è ancora arrivata agli anni interessati), ci si poteva fare un'idea precisa della complessità del legame testimoniato dallo scambio epistolare. Yvan Ledere presenta ora 150 lettere che sono la supposta totalità di quelle conservate e ricoprono l'intero periodo della frequentazione: la prima è del 20 giugno 1873, è Flaubert che scrive, ha 51 anni, al ventiduenne Maupassant; l'ultima del 4 maggio 1880, è ancora Flaubert a scrivere, morirà 4 giorni dopo. E avverrà allora il passaggio di mano preparato lungo tutti quegli anni, lettera dopo lettera, con piena consapevolezza da parte di Flaubert, esigentissima aspettativa da parte di Maupassant. Un passaggio di mano sancito simbolicamente dal piatto nel quale Flaubert era solito posare le sue penne d'oca accuratamente tagliate che Maupassant ricevette in dono. L'epistolario incrociato mette singolarmente in risalto i risvolti ambigui, per certi versi anche morbosi, di questa filiazione letteraria molto desiderata da entrambe le parti, ma non di meno problematica, spesso sofferta. Non diversa da una filiazione biologica classicamente composta di adorazioneemulazione-sfruttamento-ribellione da parte del figlio, di amore disinteressato-severità di giudiziorimpianto-inevitabile abbandono da parte del padre. Yvan Ledere cerca le tracce dall'una all'altra lettera di un qualsiasi elemento che possa autorizzare il sospetto tante volte avanzato di un Flaubert realmente padre, di un Maupassant nato da una relazione tra lo scrittore e Laure, la sorella dell'amico amatissimo Alfred Le Poittevin. E finisce per escludere definitivamente l'ipotesi avanzando in sostituzione una sua proposta paradossale ma piena di verità: Maupassant come figlio ideale nato dall'esclusivo rapporto intellettuale che aveva legato i due amici Gustave e Alfred, bruscamente, dolorosamente interrotto dalla prematura morte di Alfred. Filiazione dunque più che mai ambigua e destinata alla complessità, grazie anche all'uscita di scena di Gustave de Maupassant, il padre vero di Guy, quando lui era ancora un bambino. Maupassant scrittore nato dall'intesa esclusiva tra due menti maschili. Non si può non dar ragione a Ledere quando si pensa a che punto le donne furono escluse intellettualmente dall'universo sia di Flaubert, sia di Maupassant. Come educatore, il padre Flaubert non si stancava di ripetere al discepolo Maupassant alcune massime della sua etica da scrittore: «Un uomo che si ponga come artista, non ha più il diritto di vivere come gli altri» (23 luglio 1876). «Per un artista c'è un solo principio: sacrificare tutto all'Arte» (3 agosto 1878). «Vi lamentate del culo delle donne che è monotono. C'è un rimedio: non servitevene» (stessa lettera). «Bisogna, statemi bene a sentire, giovanotto, bisogna lavorare più di quel che fate (...). Troppe puttane! Troppo canottaggio! Troppo esercizio! Sissignore!». Il modello di comportamento da seguire? Il suo. «Passo quasi tutta la notte curvo sul mio tavolo e ammiro regolarmente il sorgere del sole» (19 luglio 1876). «Quel che vi manca sono i princìpi» insisteva. E tra i più importanti, uno di quelli che Maupassant per necessità non potè seguire - così come non potè mai «rinunciare al culo delle donne» - «tenersi lontano dai giornali». I giornalisti? Dei bottegai astiosi. «Tra- quei signori e me» scriveva Flaubert (10 agosto 1876), «c'è un'antipatia di razza, profonda». Ma poi il maestro tornava a raccomandare di far attenzione soprattutto alle donne, per lo meno a quelle che impegnano. Da una delle lettere inedite viene la definizione di quelle da considerarsi rispettabili: tra le «amiche», quelle che hanno «il sentimento delle cose del culo unite al gusto delle Belle Arti» (febbraio 1876). Con l'approfondirsi della confidenza, iniziano battute sessuali che colorano l'ambiguità del rapporto, ambiguità conscia, anzi coltivata a fine «educativo». A conclusione di una lettera di invito - Flaubert è immobilizzato a letto con una gamba rotta e chiede a Maupassant di andarlo a trovare - in cui evoca per invogliarlo «le lubricità» che scambia con l'amico Laporte responsabili di «accessi di priapismo corti ma energici», il maestro si congeda scrivendo: «Mi tocco pensando a voi». E firma «Suor Clitoride» (inedito del 12 febbraio 1879). Totalmente consapevole del partito che può trarre dalla protezione del grande scrittore, arrivato e potente, Maupassant sta al gioco. Con il sincero affetto e l'indiscussa ammirazione va di pari passo una certa dose di opportunismo e di gagliarda falsità. Quando è stufo dell'impiego al ministero della Marina e vuole ottenere un trasferimento, Maupassant scrive alla madre complice nel perpetrare il ricatto affettivo - di mandare a Flaubert «una lettera patetica» che lo commuova. «La mia situazione è lungi dall'essere dolce, ma tu peggiorala ancora» sollecita Maupassant, «compiangimi, eccetera eccetera. Senza chiedere nulla di immediato, ma ringraziandoper quello che ha promesso di fare e dicendogli della mia gioia profonda per questa speranza». E allora Laure, la «sorella adorata», scrive tatticamente a Flaubert: «Poiché chiami Guy il tuo figlio adottivo... hai doveri quasi patemi». Il fatto è che Maupassant aveva idee molto precise sull'uomo Flaubert. Riteneva, conformemente alle lezioni ricevute, che l'uomo fosse stato totalmente sacrificato allo scrittore. «Tutto era cerebrale in lui. E non amava nulla, non avrebbe potuto amar nulla che non gli sembrasse letterario. Dietro i suoi gusti, i suoi desideri, i suoi sogni, non si trovava che un'unica cosa: la letteratura Pensava solo a quello, non poteva parlare di altro che di quello; e le persone che incontrava non gli piacevano se non intravedeva in loro personaggi di romanzo». Così scriveva Maupassant in un articolo pubblicato ne La Nouvelle Revue il 1° gennaio 1881, «Gustave Flaubert nella sua vita intima». Un articolo che era una profanazione se si pensa a quello che tante volte aveva detto Flaubert: «Non devo nulla al pubblico di ciò che mi è personale». Ma Maupassant si sentiva in pieno diritto, come figlio, di violare la riservatezza dell'uomo. E nulla lo frenò dall'essere proprio lui il primo editore delle lettere di Flaubert (quelle a Georges Sand, che vennero pubblicate da Charpentier nel 1884, con la prefazione di Maupassant), benché Flaubert lo avesse voluto accanto a sé quando un giorno, sentendo venire la morte, aveva deciso di dare al fuoco tutta una parte della propria corrispondenza. «Voilà de ma vie», ecco cosa faccio della mia vita, gli aveva detto. Gabriella Bosco // vecchio romanziere al giovane rampante: «Lascia perdere le donne, di notte scrivi, come me» //ra«Lds Al centro, Gustave Flaubert in una caricatura di Levine Accanto, Maupassant A sinistra, Georges Sand

Luoghi citati: Francia, La Nouvelle Revue