Femminista violentata (con una stroncatura) di Lorenzo Soria

18 polemica. «Poniamo che io stupri l'autrice» : una recensione può iniziare così? Femminista violentata (con una stroncatura) PLOS ANGELES UO' un uomo violare una donna con carta e penna? Possono un giornale por nografico, o uno stupro immaginato come mera ipotesi fantastica, venire paragonati con il dolore, l'umiliazione, il senso di rabbia e impotenza di uno stupro vero? Secondo Catharine MacKinnon, professoressa alla University of Michigan e autrice femminista, sì. E per difendere questa tesi ha scritto un libro pubblicato dalla Harvard University Press che ha pensato bene di intitolare Only Words. Solo parole. «Proteggere la pornografia significa proteggere l'abuso sessuale come libertà di espressione», scrive. «Ma prima o poi, in un modo o nell'altro, i consumatori vogliono vivere il sogno pornografico in tre dimensioni». «Dirlo è farlo», insomma. Una tesi che la Corte Suprema canadese ha accolto due anni fa, quando ha deciso che era costituzionale adottare leggi anti-oscenità più severe proprio perché la pornografia può essere «deumanizzante» nei confronti della donna. Una dottrina controversa, anche perché va a cozzare dritto contro il «First amendment», il sacro emendamento costituzionale che difende la libertà di espressione, di pensiero e di parola. Quando il critico del Phiìadelphia Enquirer, Carlin Romano, si è trovato a dover recensire su The nation il libro della MacKinnon ha pensato dunque bene di iniziare la critica con queste parole: «Supponiamo che io stupri Catharine MacKinnon prima di scrivere la critica al suo libro. Dato che sono incerto se lei capisca la differenza tra essere stuprati e venire esposti alla pornografia, lo considero come una ricerca dovuta per la mia critica al suo manifesto...». Letta la recensione, la MacKinnon non ha per niente apprezzato il gioco di parole. «E' stato uno stupro pubblico», ha comunicato furente. Poi ha continuato: «Mi ha messo esattamente dove ha voluto. Mi ha voluto come una donna violata con le gambe aperte. Ha avuto bisogno di mettermi lì prima di analizzare il mio lavoro». Romano, demonizzato subito da vari gruppi femministi come simbolo dell'uomo che non capisce, si è ben guardato dal chiedere scusa. «Adesso è passata dal sostenere "la pornografia è stupro" a" critica letteraria è stupro" - ha dichiarato al Washington Post -. La mente di Catharine MacKinnon è in caduta libera». Ma attribuirle l'equazione «pornografia uguale stupro» significa trivializzare il pensiero della MacKinnon. La scrittrice sostiene infatti che la pornografia è un atto violento e degradante e che va abolita non per quello che dice ma per quanto fa nei confronti delle donne, perché è da qui che si originano poi discriminazione e stu¬ pro. E' più importante proteggere insomma donne vere da danni veri che proteggere l'oscenità come libertà di espressione. Ma se la rappresentazione della realtà diventa la realtà, dove ci si ferma? Non si deve più distinguere lo stupro fisico da quello ipotetico? E se si dà battaglia al mondo della pornografia perché non a quello della pubblicità? 0 della moda? Quello che poteva essere un interessante e rispettabile dibattito intellettuale è degenerato in rissa verbale che da settimane tiene impegnati i salotti di Washington, Phiìadelphia, New York e Boston e che ha diviso lungo linee orizzontali femministe e costituzionalisti. Nella sua recensione, Romano aveva poi immaginato di non procedere con lo stupro, ipotizzando però che un certo Dworkin Hentoff, suo fittizio collega, lo facesse per davvero. Alla fine, sosteneva, in base alla tesi «dirlo è come farlo» sarebbero stati arrestati entrambi: una prova che le teorie della MacKinnon non stanno in piedi. Ma esiste un Nat Hentoff reale, difensore del primo emendamento, al quale l'accostamento non è piaciuto. Furioso, ha preso le difese della MacKinnon. «Stupro significa anche essere brutali nell'umiliare qualcuno», ha scritto. Poi è sceso in campo Jeffrey Masson, l'amante della MacKinnon. Sì, quel Masson che è stato protagonista di un celebre caso giudiziario con il New York Times perché lo psicologo era stato accusato dal giornale di essere un «intellectual gigolò». Masson ha colto subito l'occasione per tornare alla ribalta e ha fatto sapere che gli sarebbe piaciuto «scuotere» e «afferrare» Romano così come lui aveva fatto con la sua donna. Poi, affinché nessuno potesse avere dubbi sui suoi veri sentimenti, ha concluso: «Voglio solo che tu sappia che se potrò mai far qualcosa per danneggiare la tua carriera lo farò». Masson assicura che la sua non è una minaccia, ma come interpretare quanto detto pochi giorni dopo dalla MacKinnon? Sono «solo parole»? «Penso che Carlin Romano deve essere tenuto responsabile per quello che ha fatto», ha sostenuto l'autrice. «C'è molta gente in giro e ci sono molti modi per farlo». Romano non si è scomposto: «C'è chi dice che l'ho deumanizzata», ha risposto caustico. «Beh, ho fatto di peggio. L'ho presa seriamente». L'ha anche aiutata a trasformare Only Words in caso letterario e fare un best-seller di un trattato oscuro e un po' dottrinale. Lorenzo Soria La tesi del libro: non c'è differenza tra sopraffazione fisica e verbale

Luoghi citati: Boston, Michigan, New York, Washington