Viareggio la guerra in maschera

Al carnevale il Papa «sfilerà» assieme a Clinton sull'elicottero dell'Onu Al carnevale il Papa «sfilerà» assieme a Clinton sull'elicottero dell'Onu Viareggio, la guerra in maschera E'polemica per un carro con Wojtyla COMANDOLI VIAREGGIO DAL NOSTRO INVIATO Eccolo, «Wojtylaccio», sospeso con un canapo all'alto soffitto del capannone numero 7, l'ultimo in fondo a questa strada periferica dove nascono i sogni e i rimpianti, i rimorsi e i desideri, i miraggi e i crucci di tutto un anno. Candido di gesso, paffutello. «Ma questa volta ci ha fregato: è dimagrito». Somiglia lo stesso, con quelle sopracrigha aggrottate e le labbra come se facesse un discorso in quell'italiano ruvido e un po' stento. Quando sarà sistemato sull'elicottero blu dell'Orni, accanto a Bill Clinton, il rosa sulle guance e l'azzurro sugli occhi arriveranno copiosi. Ma è già scoppiato un vespaio per questo papa pilota, prima ancora che cominci il carnevale, che gli piazzino in pugno una bomba, proprio come quella volta che Roberto Benigni affettuosamente lo chiamò «Wojtylaccio». «Finché c'è guerra c'è speranza» s'intitolava un fortunato film di Sordi sui mercanti di morte e Roberto Alessandrini lo ha scelto per il suo carro, un monumento in cartapesta alto 15 metri e lungo altrettanto. Da ottobre ci lavorano in sette. Domenica 30 il carro sfilerà per la prima volta. Alessandrini è un purosangue della contestazione, un maestro dello sberleffo e anche se ha raggiunto i 35 è rimasto un «ragazzo del '77» quando gravitava, si dice così, nell'area di Lotta continua e, per le tante manifestazioni, dovette lasciare l'istituto geometri di Massa per 'a scuola d'arte di Pietrasanta. Pentimenti? Neppure per sogno, le vocazioni non si tradiscono. Stavolta sono Clinton e il papa, anzi, soltanto il pontefice perché francamente del cowboy non importa un accidente a nessuno. Ma ci sono precedenti. Importanti? «Purtroppo sì». Bossi e Scalfaro e, prima ancora, Cossiga, meglio, Kossiga. Baruffe pure allora. Bossi, che trionfava su «Itaha fai da te», era immortalato con una sega in una mano mentre con l'altra, lui, il lumbard, faceva il tipico gesto anglosassone a pugno chiuso e medio disteso, accompagnato dall'espressione «fuck you» usato per le più dalle persone irritate. Con chiodi e martello alcuni «scalfarini», o piccoli pupazzi di Scalfaro, tentavano di tenere insieme quell'Italia che il senatur, con la sua sega, tentava di fare a pezzi. D fatto era che, nel movimento del carro, quel dito minaccioso finiva diritto sul fondo della schiena di uno «scalfarino». «Arrivò il commissario di polizia dottor Bengini: ci disse che se il dito toccava, era vihpendio di capo di Stato. "Non tocca, non tocca". Ma toccava, accidenti se toccava!, tanto che spaccò uno "scalfarino"». Simile la grana per Cossiga. La testa dell'allora presidente, agghindata con un gladio a mo' di cravatta, era stata piazzata in cima a un ser- pentello che nasceva fra le gambe di un Craxi enorme, straripante; tutt'attorno, coccodrilh in pianto dirotto e ognuna di quelle bestiacce aveva il viso di un potente della Bai, delle Usi, della politica. Il carro, pensato nell'estate, sfilò pochi giorni prima dell'arresto di Mario Chiesa: «Ma ci voleva poco a capire quello che sarebbe successo. Intervenne la Fondazione Carnevale, fu fatto un sopralluogo, arrivò anche il commissario di piesse. Mi chiesero: "Ma perché proprio b in cima, la testa?" Risposi che era l'unico posto dove potevo piazzarla, senza malizia: che guardassero il carro e avrebbero capito. Venne trovata una soluzione: l'aggiunta di una coda lunga un metro e mezzo avrebbe dovuto far capire che si trattava di un serpentello e non di chissà che cosa. Per me l'effetto era lo stesso». Eppoi c'era stato «L'informazione al potere», con Berlusconi, Agnelli, De Benedetti dentro un castello di soldi «che rappresentava il capitale. A difesa, una truppa di cavalieri, giornalisti itabani, come MontaneUi, Ferrara, Scalfari, Stille e c'era anche Ghino di Tacco». Era il 1989 e anche quella volta era stata fiorata una denuncia, ma è sempre andata bene. Neppure per carnevale uno può far sfilare quello che gli passa per la testa. L'idea che dovrebbe tradursi nei carri di cartapesta viene sottoposta al vaglio di una commissione e soltanto dopo all'artigiano viene dato un finanziamento, circa 100 mi- boni per un carro di prima categoria come questo che coinvolge Karol Wojtyla. Le spese di costruzione ne inghiottono circa l'85 per cento: come tutti gb altri artigiani viareggini, anche quelli della cooperativa Ar.ca. creano scenografie per la Bai e per il cinema. «E' una critica ai tormenti della guerra diffusa, in Bosnia, in Palestina, ora in Messico, e anche in Somalia, dove una missione che si diceva di pace, sotto le insegne di un Onu sempre più soggetto agb Stati Uniti, è diventata un casino generale, con la caccia ad Aidid, i Bangers, gli eheotteri che sparano. Ci vuole un po' più di rispetto per tutti». Sul carro l'allegoria è rappresentata da una colomba, naturalmente della pace, che cerca di spiccare il volo; dietro un mostro dentuto, simbolo delle avidità e crudeltà del mondo, tenta di accopparla. E a questo punto l'ebcottero Onu guidato con Clinton e Wojtyla interviene, ma in modo maldestro, perché lancia un missile che sfiora soltanto la bestiaccia e centra la colomba nelle parti così dette intime. Colpa del cowboy o del papa? «Per la verità, ai comandi c'è Clinton». La precisazione non è bastata a soffocare i malumori. Il carro è stato approvato con quattro sì e un no, e a calare picche è stato Federigo Gemignani, presidente della commissione ed ex-sindaco dicci di Viareggio. Oltre a Gemignani gb altri, diciamo saggi, sono: Alessandro Volpe per la Fondazione carnevale; Guido Niccolai per la commis¬ sione artistica; Antonella Seralini e Rita Casarali per il mondo dell'arte. «Ma no, Gemignani non ce l'ha con me. Il voto lo ha motivato col fatto che per lui, cattobeo mibtante, il papa inserito nel caos generale non corrispondeva a quanto, in realtà, ha fatto il pontefice». Problemi, pressioni? «Prima dell'approvazione ho avuto un colloquio durante il quale mi chiesero se, per caso, non volessi cambiar qualcosa. Posposi di no. Io sono battezzato, ma mi considero ateo: con questo, mi farebbe piacere se il papa prendesse la sua auto blindata e la notte di Natale andasse a Sarajevo a dir Messa. Avessi voluto fare una provocazione avrei messo il papa nudo, che so». E il signor ex sindaco, come l'ha presa? Non malissimo: del resto, a dispetto delle differenti vedute pohtiche, i rapporti fra Alessandrini e Gemignani son sempre stati buoni. Così, visto che il suo no era stato inutile, ora si consola: «Questo carro blasfemo mi produce consensi più che se ne fosse stato ideato un altro». Insomma, spera che attorno al monumento di cartapesta si ritrovino, compatte, quelle schiere che oggi appaiono un po' frastagliate. La curia ha scelto la strada del silenzio. Don Giuseppe Dati, il co-parroco di San Paolino, una chiesa importante a Viareggio, non ha però nascosto il proprio dissenso. «Ma sì, non ci pareva opportuno: il papa sul carro che fa uno sbaglio così, perché con quello sbaglio un simbolo di pace diventa sim- bolo di guerra». Polemiche, lettere ai giomab, ma nessun anatema, tutto è finito U. «Ci sta che poi sul carro la cosa non risulti così vistosa». Ci sta anche il contrario, don Giuseppe! Problemi dal giorno dell'approvazione, mese di ottobre? «Minacce, un giorno sì e l'altro no. Qualche integralista, del resto anonimo, ripete che vuol venire qui in cooperativa a bruciare tutto. "Ti faremo pagare l'offesa col sangue"; oppure "Ti bruceremo insieme al carro". Non U prendo sul serio». Mai avuto congratulazioni? «Mai. Ma non vogbo neppur essere come Forattini, che regala le sue vignette. Eppoi, se ti fanno i complimenti, vuol dire che non hai fatto male, non hai graffiato». Ma questo carro, Alessandrini, che cos'è, uno sberleffo? «Ecco, proprio uno sberleffo ai potenti, perché il carnevale così è nato per dare al popolino la possibibtà di dir quello che voleva su re e principi, salvo poi tornare al lavoro aU'alba dell'indomani». E la censura? «Anni fa non c'era, ora è tornata e pesante. Si manifesta nei ritocchi dei bozzetti, nei ritardi, nelle bocciature, eppoi nell'assegnazione dei premi». Ma che cos'è, oggi, il carnevale? «Per Viareggio è la vita, non perché sia una fonte di guadagno, ma come possibibtà di espressione, è ritrovarsi, stare insieme: l'anima di questa città non sono il mare, la spiaggia, il turismo, ma il carnevale». Vincenzo lessandoti Diviso il comitato organizzatore Silenzio della Curia, un prete: «E' stata una scelta inopportuna» III Un momento della sfilata di Viareggio del '93 e il disegno del carro contestato con protagonista il Papa