«Zhirinovskij, grazie di esistere»

«Zhirinovskij, grazie di esistere» «Zhirinovskij, grazie di esistere» Michnik: ci ricordi che non dobbiamo illuderci UNA VOCE DA VARSAVIA JRà VARSAVIA SSl BBIAMO tutte le ragioni iBr*8ftdi mostrarci riconoscenti a Vladimir Zhirinovskij, questo «figlio di una russa e di un giurista». Non è antisemita, ma teme che i giudei controllino segretamente la stampa e la televisione russe. E vorrebbe far rivivere il patto Hitler-Stalin, perché ama i tedeschi ed è pronto, in nome di questo amore, a dividere la Polonia con loro. Quest'uomo ha anche altre ispirazioni, che oggi appaiono tanto surreali quanto furono settant'anni fa quelle esposte in un noioso libro dal titolo «Mein Kampf», scritto da un pittore fallito, caporale nella prima guerra mondiale. Siamo riconoscenti a Zhirinovskij perché ci permette di guardare noi stessi e il nostro mondo senza illusioni. Non dimenticherò mai la mia prima visita a Mosca nel luglio 1988. Durante una riunione, incontrai Boris Eltsin. Era una figura leggendaria: un oligarca rosso, caduto in disgrazia perché aveva fomentato la rivolta contro la nomenklatura. Un apparatchik che aveva levato la mano contro il regime sovietico e aveva trionfato alle elezioni. Eltsin era il punto di contatto fra la rivolta dell'intelligencija e la protesta della strada. Un po' come Lech Walesa in Polonia - nelle qualità e nei difetti. Ora l'intelligencija democratica non nasconde di avere delle riserve. Vede in Eltsin un populista irresponsabile, avventuriero e autoritario. E nota con sospetto che le sue critiche all'estrema destra sono molto contenute. Eppure è chiaro che Eltsin è stato il solo tribuno capace di spianare la strada alle riforme. Più si levavano in Parlamento, contro le riforme, le voci dei populisti, dei nostalgici bolscevichi e dei fascisti partigiani della Grande Russia, più gli intellettuali democratici mugugnavano che Eltsin doveva affrontarli con più energia, che la Russia non era ancora matura per le riforme e che quanto serviva al Paese era un despota illuminato capace di riorganizzare lo Stato. L'idea seducente di un dispotismo illuminato ha suggerito agli avversari delle riforme quella di un dispotismo non illuminato. Eltsin ha cercato di cancellare il comunismo usando i metodi bolscevichi. Come qualificare altrimenti il fatto che il Presidente abbia sciolto con la forza il Parlamento in nome della difesa della democrazia? La storia ha conosciuto numerosi sistemi senza Presidente, ma mai una democrazia senza Parlamento. Perciò il successo dei democratici può rappresentare la sconfitta della democrazia, se Eltsin decide di mettersi sulla via della tirannia illuminata. Potrebbe anche aprire la strada al potere di Zhirinovskij e ai suoi accoliti, un paradosso della democrazia. Il successo di Zhirinovskij è figlio del desiderio di preservare lo Stato sovietico dalla distruzione operata dai «riformisti democratici»; di proteggere i russi nelle Repubbliche postsovietiche; di eliminare miseria e disoccupazione e di riedificare una grande potenza di fronte alla quale il mondo tornerà a tremare. Un elettore su quattro ha votato per Zhirinovskij. Uno su sette per Ziouganov e il suo partito comunista. Una vicino all'altra, queste cifre mostrano bene i pericoli che incombono sulla Russia. Che rredità ci ha lasciato il comunismo? La sindrome del prigioniero. Quando ti trovi in cella, le porte e le finestre senza maniglie ti portano alla disperazione. Quando ne esci, sei felice. Ma dopo un po' cadi preda dell'inquietudine. Dentro, c'erano delle cose delle quali potevi stare sicuro: sapevi quello che dovevi mangiare, dove dovevi dormire, a che ora fare la doccia. Ma quando la libertà così a lungo sospirata finalmente arriva, non sai più che cosa devi mangiare, dove dormire e quando lavarti. Il comunismo garantiva un minimo di sicurezza in cambio dell'accettazione senza condizioni della servitù. Offriva un'immagine semplice del mondo e del nemico. E proponeva l'uguaglianza nella penuria. La fine del comunismo e il trionfo della libertà hanno prodotto una vita fatta di rischi e di minacce - e la tentazione di trovare spiegazioni tanto semplici quanto quelle correnti all'epoca della dittatura. La Russia, la Polonia e la Germania soffrono tutte e tre, ciascuna a modo suo, della stessa malattia post-comunista. La Russia, in particolare, in quanto umiliata come grande potenza, e per il nodo gordiano dei conflitti etnici. Mi¬ lioni di russi nelle Repubbliche post-sovietiche si sono trovati dall'oggi al domani nella condizione di minoranze nazionali, i cui diritti civili sono messi in questione. Milioni di loro si sono ridotti a rifugiati. A milioni hanno perso il lavoro. Per colpa di chi? Zhirinovskij risponde: «Per colpa dei democratici riformatori». Dalle relazioni tra la Russia, la Polonia e la Germania dipende la pace nel cuore dell'Europa. Tali relazioni sono determinate in gran parte dalla situazione interna di ciascun Paese. Da che cosa si faranno convincere? Dalle idee di riavvicinarnento e di apertura o dagli appelli tipo «la Russia ai russi, la Polonia ai polacchi, la Germania ai tedeschi?». Si annunciano tempi duri per la Ragione, e propizi ai ciarlatani, ai populisti e ai demagoghi. Helmut Kohl, 1'«europeo», non è stato forse bollato di negligenza verso gli interessi della Germania? E' un gioco pericoloso. E lo è più ancora in Russia, dove Eltsin è additato come traditore della nazione. E in Polonia, dove gli uomini che si succedono alla guida dell'economia sono accusati di svendere il Paese al capitale straniero. Perciò sulle élite politiche dei nostri Paesi grava una pesante responsabi¬ lità: con un grande sforzo intellettuale devono farci intravedere una speranza di stabilizzazione in un'epoca di terremoti politici. Quale demone si nasconde negli oscuri recessi dei nostri cuori? Herrmann Rauschning, uno dei più acuti studiosi del nazismo, alla vigilia della seconda guerra mondiale aveva coniato l'espressione «rivoluzione del nihilismo». Hitler e Stalin, i nazisti e i bolscevichi, erano secondo lui nihilisti allo stesso modo. Condividevano il fascino per il pensiero primitivo e la convinzione di una crisi definitiva della democrazia. Il legame tra nazifascismo e comunismo sovietico è stato spesso analizzato. E' nelle vie di Mosca che questa strana coalizione si è fatta vedere più di recente. Non si tratta né di fascismo né di comunismo allo stato puro. Ma piuttosto di un misto di idee: da una parte quella di uno Stato eticamente puro, dall'altra la retorica populista e la nostalgia della sicurezza come si era conosciuta sotto la dittatura. E' la trasformazione di un imperialismo internazionale in sciovinismo brutale ed egoista. ■ La Russia si trova oggi di fronte a un drammatico dilemma, che non offre soluzioni facili. Che fare? Infrangere le leggi della democrazia e disperdere i partiti totalitari finché sono ancora deboli? O rispettare l'ordine democratico anche se ciò apre loro la strada del potere? Non si tratta di questioni astratte, in un Paese che rigurgita di bombe atomiche. La democrazia russa è debole. Perché ima nuova rivolta delle masse, che ora hanno la libertà ma non riescono a trovare il loro posto entro le istituzioni democratiche dello Stato, costituisce una minaccia permanente per il Paese. La «democrazia delle élite» nei Paesi post-comunisti attraversa una crisi. I cittadini, la cui libertà si riduce a deporre ogni tanto la scheda elettorale nell'urna, si sentono emarginati. Ma questo è un problema esclusivo del post-comunismo? La dislocazione del sistema politico in Italia non è forse la prova che si tratta di una crisi più generale? Il nihilismo minaccia l'Europa. E' un nihilismo che mina le istituzioni democratiche, distrugge la comunità civile e nazionale, scinde i legami culturali. L'altra sua faccia è quella del fondamentalismo etnico, sociale e religioso. Stavolta conduce al caos e a dittature totalitarie di un nuovo tipo. L'Europa dell'Est come quella dell'Ovest dovrebbero tornare oggi al bagaglio culturale che hanno ereditato. A quei valori in cui si riconoscono e che perdurano: l'arricchimento della tradizione e delle norme religiose, la convinzione della necessità di uno sviluppo organico e graduale. E dovrebbero ritrovare il senso della tradizione dell'Illuminismo: l'idea di nazione, che è un plebiscito quotidiano; l'idea del patriottismo costituzionale in quanto scelta cosciente; l'idea di uno Stato tollerante che sappia, in caso di necessità, usare la violenza per difendere i suoi princìpi e i diritti fonda .nentali. Le aquile russe, polacche e tedesche da che parte voleranno? Adam Michnik Ideologo di Solidarnosc Copyright «Le Monde» e per l'Italia «La Stampa» Un mostro creato da Eltsin con il suo esempio di dispotismo «democratico» Qui a fianco il «duce» russo Zhirinovskij, la minaccia numero uno per la debole democrazia russa Qui sopra Boris Eltsin Nella foto in basso l'esponente di Solidarnosc Adam Michnik