L'uomo di Eichmann ci Damasco di Aldo Baquis

L'uomo di Eichmann ci Damasco L'uomo di Eichmann ci Damasco Gli ebrei: vogliamo il criminale Brunner APPELLO AL PRESIDENTE AMERICANO TEL AVIV OME: Brunner, Alois. Nome di comodo: Fischer, Georg. Nazionalità: austriaco. Età: 82 anni. Ultima residenza conosciuta: Rue Haddad, 7 - Damasco». Negli schedari del «Centro Wiesenthal» Brunner - braccio destro di Adolf Eichmann - occupa un posto di primo piano. «Ci siamo rivolti al presidente Bill Clinton ha detto ieri Efraim Zuroff, rappresentante in Israele del Centro che si dedica alla caccia dei nazisti - perché costringa Hafez Assad a estradare Brunner verso uno dei Paesi dove 50 anni fa si macchiò di crimini di guerra: Francia, Austria, Germania, Grecia, Slovacchia». «Il vertice di Ginevra - ha aggiunto - può essere forse l'ultima occasione per mettere le mani addosso a questo barbaro assassino... Se è morto, allora la Siria deve fornire prove convincenti: finora si è sempre nascosta dietro reticenze e ambiguità». Nei giorni scorsi, la Casa Bianca ha ricevuto il «dossier Brunner», e adesso al Centro Wiesenthal attendono di sapere se la questione sarà sollevata durante il summit. I documenti storici in possesso del Centro indicano che Brunner ha contribuito in maniera sensibile alla distruzione delle comunità ebraiche in Austria, Grecia e Francia. Alle dipendenze dirette di Eichmann (uno degli artefici della «soluzione finale»), Brunner era il responsabile dei rastrellamenti dei quartieri ebraici e dell'organizzazione dei ((treni della morte» diretti ai campi di sterminio. Brunner, secondo Zuroff, ha personalmente sulla coscienza l'espulsione di 47 mila ebrei di Vienna, 44 mila di Salonicco, 14 mila slovacchi e 23.500 francesi. In tutto, circa 125 mila ebrei. II suo «zelo crudele», raccontarono testimoni del tempo, non conosceva limiti. I treni dovevano essere stipati al massimo e nel dubbio - quando per esempio si imbatteva in persone di cui non era del tutto certo che fossero ebree - Brunner preferiva sempre «andare sul sicuro», cioè inoltrarle verso i lager. Ne- gli archivi del Centro Wiesenthal si conserva un'intervista, rilasciata a Damasco nel 1985 al settimanale austriaco «Bunte»: in essa Brunner menziona un unico rimpianto, non aver eliminato abbastanza ebrei, «immondizia del genere umano». Gli spostamenti di Brunner nel dopoguerra sono noti, a grandi linee. Nei primi anni visse in Germania, dove lavorava per l'esercito statunitense. Ma all'inizio degli Anni Cinquanta sentì che la terra cominciava a scottare sotto ai piedi (a quel tempo iniziò in Francia un processo, in cui sarebbe stato condannato a morte in contumacia) e nel 1954 si trasferì in Egitto. Poco dopo passò in Siria dove, assunta la falsa identità di Georg Fischer, per alcuni anni si occupò di traffico di stupefacenti. Questa attività suscitò l'interesse dei servizi di sicurezza siriani che lo fermarono per accertamenti. Cosa sia avvenuto in seguito non si sa con certezza: si sa però che da allora potè vivere agiatamente e indisturbato in un quartiere residenziale di Damasco. Secondo alcune informazioni (non confermate), per un certo periodo sarebbe stato addirittura consigliere di Assad per le questioni ebraiche. All'inizio degli anni Sessanta, il domicilio di Brunner-Fischer fu identificato dall'intelligence israeliano che - secondo alcune ricostruzioni - gli avrebbe inviato una busta esplosiva. Nel¬ l'attentato, Brunner avrebbe perso tre dita e un occhio. Da allora - nonostante le richieste di estradizione presentate alla Siria da Francia, Austria e Germania - Brunner ha vissuto una vita agiata. In un paio di occasioni, la «cacciatrice di nazisti» francese Beate Klarsfeld si è recata a Damasco nel tentativo di farlo uscire dal guscio, ma è stata espulsa dalle autorità siriane. Secondo Zuroff, il governo israeliano avrebbe forse potuto impegnarsi maggiormente. ((Ancora di recente - ha precisato - ci siamo rivolti al premier Yitzhak Rabin, al ministro degli Esteri Shimon Peres e all'ambasciatore in Usa, Itamar Rabinovic. Ma la loro reazione è stata tiepida. Abbiamo compreso che a loro sta più a cuore la sorte dei soldati dispersi in battaglia che non quella di un grande criminale nazista». «Ormai - ha concluso - non ci resta che sperare in Clinton, e nel suo impegno a difendere i diritti umani». Aldo Baquis Alois Brunner, rifugiato in Siria