«Prestavo il nome a un arabo» di Susanna Marzolla

Al processo Cusani lungo e inutile interrogatorio dell'ex segretario di Craxi, che nega tutto Al processo Cusani lungo e inutile interrogatorio dell'ex segretario di Craxi, che nega tutto «Prestavo il nome a un arabo» Giallombardo fa spazientire il presidente MILANO. «Non si può andare avanti in questo modo, con queste risposte. II nostro ordinamento non prevede le offese alla Corte ma c'è un limite: la perfetta inutilità di continuare». In questa frase, pronunciata da un Giuseppe Tarantola assai seccato, c'è la sintesi del lungo interrogatorio di Mauro Giallombardo al processo Cusani. Uomo «assai vicino al presidente Craxi» (così dice) ma che di soldi con l'ex segretario del psi «non ha mai parlato». Non solo: in un tourbillon di conti esteri su cui andavano e venivano decine di miliardi lui sarebbe solo un prestanome, volta a volta di Vincenzo Balzamo, defunto amministratore del psi, e di un... misterioso arabo. Di Pietro chiede a Giallombardo se abbia dei conti della Banca di Lussemburgo, a Losanna. Giallombardo: Mai avuto conti in Svizzera. Di Pietro: Ma qui ci sono dei documenti che dicono che i conti sono suoi. Giallombardo: Dicono così, ma manca la mia firma. Di Pietro: Ammettiamo che qualcuno abbia davvero aperto un conto a suo nome, a sua insaputa, versandovi dodici miliardi... Lei non ha dato ad alcuni imprenditori l'indicazione di un conto in Svizzera per versare contributi a favore del psi? Giallombardo: Sì, a Panzavolta, Stafforini e Scaroni. Di Pietro: Ma come faceva, se non erano suoi? Giallombardo: Erano numeri di conto forniti da Balzamo. Di Pietro: Dobbiamo pensare che Balzamo ha dato ordini di aprire conti a sua insaputa? Giallombardo: Effettivamente è tutto molto strano. Poi spunta l'arabo. Di Pietro: Lei ci ha detto che il conto Ambest sulla Bil del Lussemburgo è suo. A noi risulta che ci sono andati a finire tre miliardi e mezzo legati al caso Enimont. Giallombardo: Di Enimont non so nulla. E' vero solo che Sergio Cusani mi chiese di mettergli a disposizione un conto all'estero per farci pervenire una somma. Di Pietro: E cosa ha fatto poi di quella somma? Giallombardo: Questo proprio non lo so. Perché in quel conto facevo solo da paravento. Il beneficiario era un arabo. Di Pietro: Un arabo? Giallombardo: Sì. Ci sono i documenti che lo dimostrano. Di Pietro (sempre stupito): Ma Cusani conosceva quell'arabo? Giallombardo: No. Di Pietro: Ma allora a chi ha dato indicazioni su quei tre miliardi e mezzo? Giallombardo: Non lo so. Di Pietro, non si capisce se più seccato o sbalordito, chiede di «riflettere» e passa il testimone al presidente. Tarantola, stupito pure lui, se la cava con una proposta: «Visto che è ora di pranzo facciamo una sosta». Al pomeriggio la storia non cambia. Giallombardo insiste nella sua versione: dell'arabo non sa nulla tranne il nome (Mohamed). Non sa neppure bene dove stia («Credo che abbia uno studio di avvocato a Bagdad»). Di Pietro: Ma come l'ha trovato? Giallombardo: Me l'ha presentato Balzamo, mi ha assicurato che era una persona per bene. Di Pietro: Lei ha mai notato che attorno a Craxi c'erano personaggi particolari? Giallombardo: Sì, c'era tanta gente che spendeva il suo nome per fare affari... Di Pietro: E in questo clima Balzamo le presenta uno strano egiziano, che le fa aprire conti, e lei non si insospettisce? Giallombardo: Forse potevo aver l'impressione che quei soldi fossero anche per il psi. Ma non l'ho mai saputo. All'avvocato Giuliano Spazzali preme invece far dichiarare che la Merchant Italia, società di cui Cusani era socio e Giallombardo amministratore, faceva davvero consulenze e non era una scatola vuota per le tangenti del psi. Spazzali: Craxi e Balzamo hanno mai procurato affari alla Merchant in cambio di una cresta per il partito? Giallombardo: No, lo giuro. Poi però ci mette lo zampino il presidente: L'imprenditore Beiteli ci ha detto di aver pagato 250 milioni per una consulenza inesistente, che erano in realtà soldi per il psi... Giallombardo: E' falso. Tarantola: Può mostrare uno studio fatto per Belleli? Giallombardo: Ma... c'erano solo rapporti a voce. Poi rispunta ancora l'arabo ma Tarantola non ne può più. E l'udienza si chiude. Susanna Marzolla Tarantola: «Così offende la Corte» Un momento del processo A destra, l'avvocato Spazzali

Luoghi citati: Bagdad, Italia, Losanna, Lussemburgo, Milano, Svizzera