Anno giudiziario veleni tra le toghe

A Roma il procuratore generale polemico con Mele, a Palermo «dimenticati» Andreotti e Contrada A Roma il procuratore generale polemico con Mele, a Palermo «dimenticati» Andreotti e Contrada Anno giudiziario, veleni tra le toghe Davigo: basta tv ai processi, condiziona giudici e testi ROMA. Toghe avvelenate nell'era di Tangentopoli e dei grandi successi contro la mafia. Chi si aspettava che l'inaugurazione dell'anno giudiziario segnasse l'apoteosi del potere dei magistrati, è rimasto deluso. E' stata, invece, l'occasione per rinnovati scambi di accuse, silenzi emblematici, polemiche sotterranee e palesi che hanno in molti casi fatto passare in secondo piano i dati sulla criminalità e sull'attività giudiziaria. A Roma ieri il procuratore generale, Filoreto D'Agostino, ha solo sfiorato, nella sua relazione, le vicende delle tangenti, dei servizi segreti, delle stragi. «Le indagini sono ancora coperte dal segreto istruttorio», ha detto. In compenso, ha sollevato (senza mai citarlo) una polemica con il procuratore capo Vittorio Mele affermando che «il rapporto tra il procuratore della Repubblica e i suoi sostituti deve essere corretto e tale da assicurare la irrinunciabile funzionalità degli uffici, da evitare inammissibili vuoti di conoscenza o di informazione, da garantire tempestività di intervento e da escludere ogni forma di personalizzazione». Il riferimento alla vicenda dei fondi Sisde è apparso chiaro a tutti. Vittorio Mele, che era presente alla lettura della relazione, ha replicato seccamente: «Credo che la migliore risposta sia il documento di sostegno e di af¬ fetto che i sostituti mi hanno espresso nei giorni scorsi». A Palermo il procuratore generale Antonino Palmeri ha letto una relazione prevalentemente incentrata sui successi nella lotta alla mafia, scendendo anche nei particolari più minuti, ma senza fare neppure un accenno alle vicende giudiziarie relative ad Andreotti e all'arresto del funzionario del Sisde Bruno Contrada. Sempre a Palermo, Luciano Santoro, componente togato del Consiglio superiore della magistratura, ha soffiato sul fuoco delle polemiche affermando che «gli indubbi meriti della magistratura non possono costituire un alibi a una remora che freni una azione doverosa nei confronti della magistratura deviata, coinvolta nel fallimento di gran parte del ceto dirigente». Santoro ha ricordato la vicenda Curtò, che «purtroppo non è stata e non è isolata». A Venezia il procuratore generale Raffaello Cantagalli ha invece tuonato contro «l'uso spregiudicato ed incauto» dell'avviso di garanzia «che si è risolto, ormai, in una vera e propria degenerazione delle finalità garantistiche cui esso è stato preposto dal legislatore, con il conseguente rischio di una diminuzione di fiducia da parte della collettività verso la magistratura». Gli ha risposto indirettamente da Lecce il procura- tore generale Marco Lombardi osservando che se l'opinione pubblica ha scavalcato la presunzione di innocenza ed ha pronunciato una condanna globale che non discrimina nessuno, la «colpa non è né della magistratura né della stampa che non si può pensare di imbavagliare perché la notizia non può essere né soppressa né oscurata». Colpi di fioretto, questi, pur se avvelenati. Ma la giornata ha fatto anche registrare proteste palesi. A Napoli l'apertura dell'anno giudiziario è stata caratterizzata dalla contemporanea «controinaugurazione» indetta dagli avvocati penali che protestano «contro la compressione dei diritti della difesa e la degenerazione del processo penale». A Catania i giudici della direzione distrettuale antimafia hanno addirittura disertato la cerimonia per protestare contro la relazione del procuratore generale, Giuseppe Di Mauro, che non ha «dato spazio alla cattura dei boss latitanti, né allo smantellamento dei loro clan, né alle indagini sulle tangenti». Quasi ovunque l'inaugurazione dell'anno giudiziario ha fatto registrare assenze eccellenti. Mancavano infatti i volti «consueti» degli uomini politici che, per decenni, avevano presenziato a queste cerimonie e che ora sono stati travolti da Tangentopoli. C'erano, invece, molti molti nuovi, come i sindaci eletti nell'ultima tornata delle amministrative. Domani si terrà la cerimonia di inaugurazione anche a Milano, la capitale giudiziaria, il cuore di Tangentopoli. E se ci saranno veleni, avranno un alto grado di tossicità. Silvano Costanzo Alla cerimonia per la inaugurazione dell'anno giudiziario a Roma Tangentopoli è stata solo sfiorata: «Indagini coperte dal segreto istruttorio»