PANE AL PANE di Lorenzo Mondo

r— PANEALPANE PANEALPANE E così va in archivio la politica del lunario A comprensibile riI chiesta degli ebrei che non si voti il 27 marzo, giorno in cui cade la Pasqua israelitica, ha rianimato il tormentone sulla data delle elezioni che ci è stato inflitto negli ultimi mesi. Si vota il 20 o il 27 marzo? E perché non il 10 aprile o il 12 giugno? I cittadini normali hanno assistito con stupore a uno spossante balletto dei numeri, dubitando di dover affidare la propria sorte, più che alla scheda, alle divinazioni del lunario. Buona parte delle polemiche e delle iniziative politiche vertevano proprio sui giorni dell'almanacco che si volevano privilegiare, più prossimi o più lontani. Fino alle manovre estreme e contraddittorie del Parlamento: come la mozione di sfiducia di Pannella o la fiducia costruttiva di D'Onofrio che tendevano a una reinvestitura di Ciampi o ad una sostituzione con Segni che prefigurasse e, prendendo tempo, consolidasse le possibili alleanze all'interno dello schieramento di centro. I progetti erano destinati a saltare perché non tenevano conto delle fratture iirirnediabili all'interno dei vecchi partiti e delle diffidenze dei nuovi. Ma soprattutto della china, ormai precipitosa e irreversibile, assunta dalla politica italiana. L'ex governatore della Banca d'Italia prestato al governo se ne è reso conto benissimo, non ha accettato di farsi strumentalizzare dai bizantinismi e di pagare le spese di una operazione che avrebbe compromesso per sempre il suo posto in panchina: dimostrando di sentire, più dei politici incalliti, il polso del Paese, dei suoi giudizi e risentimenti. Intendiamoci, non è tutta virtuosa la fretta dello schieramento di sinistra, che sente di essere in vantaggio sugli avversari nella organizzazione e nel compattamento. Ed è legittima, tutt'altro che abbietta, l'ansia del fronte contrapposto che ha bisogno di tempo per comporre le sue lacerazioni. Chiunque crede nei vantaggi dell'alternanza e non è fornito di convinzioni inossidabili ^conv preferirebbe che all'appuntamento elettorale si presentassero opzioni nitide e contrapposte, senza essere costretto a giocare un terno al lotto. Ma fa parte della politica, e rappresenta una condizione di successo in politica, non trascurare gli umori del Paese che si è espresso con forza attraverso il referendum e, con tutti i problemi che premono, diffida di chi vuol tirarla in lungo. Figuriamoci poi quando il dilemma riguardava qualche settimana in più o in meno. Quali vantaggi poteva procurare ai ritardatari, agli impreparati, l'una o l'altra scelta? Sarebbe riuscito un così lieve spostamento di date a rafforzare le volontà, a precisare i disegni, a forgiare le alleanze? Così come gli espedienti del Parlamento, anche questi cavilli involontariamente testamentari inducevano a sospettare la sindrome da pensionamento, il panico del «tutti a casa», i movimenti scoordinati e asfittici di chi sta per annegare. ,N Si vuol dire che, ancora una volta, una parte consistente dei nostri parlamentari rivela la propria inadeguatezza nella difficoltà ad appropriarsi del senso comune, a prevedere come un tenore stonato ma pervicace le reazioni del pubblico. Molto più saggio abbozzare, se proprio non si è capaci di imporsi un senso più rigoroso, calvinistico della politica, Benedetta l'urgenza, se riuscirà a tagliare il nodo delle infinite e tortuose mediazioni, del narcisismo e della rissa. Nei due mesi scarsi che restano, ciascuno è chiamato a fare responsabilmente la propria parte perché vinca soprattutto un libero confronto di programmi e di idee, un voto non condizionato dall'assenza o da uno spirito di lutulenta rivalsa. Lorenzo Mondo ido |

Persone citate: Ciampi, D'onofrio, Pannella