LA NUOVA REPUBBLICA

LA NUOVA REPUBBLICA LA NUOVA REPUBBLICA LA Prima Repubblica, è stato detto, e non si può non essere d'accordo, finisce male. Sebbene l'ultimo presidente del Consiglio sia un uomo d'onore, e lo rimpiangeremo, è finita nel disonore. Negli stessi giorni in cui si stava esaurendo, seppure in modo confuso, la procedura per l'atto conclusivo, lo scioglimento del Parlamento, il pubblico italiano poteva assistere al drammatico svolgimento, senza precedenti, credo, in un Paese civile, di un processo penale in cui, fra i personaggi principali che hanno dato spettacolo nella veste di imputati o di testimoni imbarazzati, ora troppo loquaci ora troppo reticenti, sono apparsi uomini politici che sino a ieri erano i potenti del giorno. Tuttavia è finita. Non è detto però che la Seconda sia nata o stia per nascere. La meta finale non è ancora chiara, e le acque da attraversare per arrivarci sono agitatissime. Il periodo di transizione si preannuncia più lungo di quello che trascorse tra la fine della guerra e la nascita della Prima Repubblica. Un lungo periodo tra il vecchio e il nuovo, anche perché la legge elettorale che sarà presto messa alla prova non è né carne né pesce, anzi è essa stessa tra il vecchio e il nuovo un non felice compromesso. Se non è ancora prevedibile dove si andrà a finire, è già sin d'ora opportuno riflettere su alcune condizioni richieste perché si possa parlare, almeno in ipotesi di una nuova repubblica. Rispetto alla questione istituzionale, è evidente che non basta il rinnovamento, e neppure il miglioramento, posto che avvenga, della classe dirigente. Occorre che sia seriamente avviata quella riforma, o almeno quella revisione, costituzionale, di cui si è cominciato a parlare circa 15 anni fa, e sulla quale io ho sempre mostrato una certa freddezza, che mi è stata ancora recentemente, forse a ragione, rimproverata. Alle molte proposte sul mutamento della forma di governo, che riguarda il passaggio dalla repubblica parlamentare a una nuova forma di repubblica presidenziale o a esecutivo rafforzato, ora si è aggiunta, per rendere molto più complicato il processo riformatore, la proposta di mutamento anche della forma di Stato, vale a dire la trasformazione del nostro Stato da unitario a federale: una proposta che sembra attiri l'attenzione del pubblico più di quella della forma di governo. Non parlo della riforma del bicameralismo, resa oggi tanto più urgente e non rinviabile dopo l'introduzione del sistema uninominale, perché è caduta l'unica differenza che ancora divideva la Camera dal Senato. Si tenga presente che il sistema uninominale è abitualmente adottato per una Camera soltanto, vale a dire nei sistemi monocamerali o in quelli bicamerali in cui la seconda Camera è caratterizzata da una diversa composizione o da una diversa funzione o, com'era un tempo, da un diverso modo di elezione dei suoi membri. Per rinnovarsi anche dal punto di vista ideologico una nuova repubblica dovrebbe lasciarsi alle spalle una parte del suo passato contraddistinto dalla netta contrapposizione tra anticomunismo e antifascismo, che affonda le sue radici addirittura negli anni del primo dopoguerra. Ma, a giudicare dalla crociata della nuova destra, ancora disarticolata ma unita solo contro una sinistra equiparata al vecchio comunismo, si direbbe che l'anticomunismo è tutt'altro che morto. E, per contrasto, tutt'altro che morta la tentazione di identificare la destra col fascismo emerso e sommerso, o per lo meno con una destra reazionaria antidemocratica, che avrebbe avuto il suo covo ben protetto nei servizi segreti. Dal punto di vista più strettamente politico il rinnova- Norberto Bobbio CONTINUA A PAG. 4 PRIMA COLONNA

Persone citate: Norberto Bobbio