II mondo dei non udenti raccontato da Giusi Cataldo

QUELLE VOCI BUIE QUELLE VOCI BUIE II mondo dei non udenti raccontato da Giusi Cataldo «La Vedova Allegra» del Bellini di Napoli E BA la sera del 30 novembre del 1905, quando il sipario del viennese Theater an der Wien si apri sulla prima scena di quella che in seguito sarebbe diventata l'operetta più conosciuta e amata dal pubblico: la «Vedova Allegra», del trentacinquenne Franz Leh'ar. Ripresa un'infinità di volte da piccole e grandi compagnie, la storia della fascinosa Anna Glavari ha attirato anche grandi interpreti di ogni tempo, come Renata Tebaldi, Elisabeth Schwarzkopf o, più recentemente, Raina Kabaivanska e Luciana Serra; così come la raffinata partitura ha conosciuto i fasti delle interpretazioni di Karl Boehm, Lovro von Matacic ed Herbert von Karajan. Il susseguirsi incessante di melodie bellissime e non banali ha fatto conquistare alla «Vedova» un posto di rilievo accanto ai titoli maggiori del repertorio operistico, per cui non è raro vederla nei cartelloni dei teatri lirici delle città in cui la civiltà musicale ha raggiunto i massimi livelli, come Vienna, Londra o Parigi. LE voci buie», spettacolo prodotto dal Teatro Biondo Stabile di Palermo, in scena al Teatro Adua da lunedì 17 a sabato 22 gennaio, una volta visto non si può dimenticare facilmente. E non solo grazie al tema trattato, alle peculiarità di un universo parallelo dove i suoni possono essere prodotti ma non percepiti, alla prevedibile partecipazione emotiva verso un «mondo minore». La storia che qui viene raccontata non si serve di smaliziati meccanismi teatrali, di abili costruzioni stilistiche, di piaggerie ben calibrate. Ha piuttosto l'immediatezza e la forza di ciò che è e resta semplicemente vero. Come la tenacia con cui Giusi Cataldo, giovane attrice palermitana, ha voluto questo spettacolo che lei stessa ha scritto (insieme a Marco Caronna), diretto e interpretato. Spettacolo dichiaratamente autobiografico, dedicato alla sua esperienza di figlia «normale» nata da due genitori sordomuti. Una ragazzina cresciuta ih bilico tra due mondi che non comunicano tra loro, costretta a scegliere e incapace di rinnegare l'uno o l'altro. Questo è il racconto di Marianna, protagonista de «Le voci buie», giovane donna tornata a Palermo per la morte della zia che l'aveva allevata e che le aveva insegnato a parlare. In un flash-back ripercorre il passato, la sua vita tra i non udenti, le persone che hanno popolato la sua adolescenza. Giusi Cataldo in «Le voci buie» all'Adua. A fianco, una «Vedova Allegra» di inizio secolo Sotto, Carla Cassola in «Rosei» e. «La città del sole» con Paolo Trenta e Rossana Merlo L'interpretazione di questi ultimi è stata affidata agli attori del gruppo II Ciclope di Palermo, tutti realmente sordomuti. Il loro apporto è travolgente, fitto di sonorità poco controllate e di gestualità puntuali, avvincenti, in continua e perfetta interazione. Il loro linguaggio supera la mera comunicazione, cattura il pubblico, lo coinvolge emotivamente, lo raggiunge attraverso la strada più semplice e impervia: la verità. Gli altri interpreti sono Anna Maria Torniai, Teresa Zappala e Aida Catalano. Coordinamento artistico di Roberto Guicciardini. Monica Bonetto Dopo un lungo periodo di degrado - durante il quale l'operetta in generale è stata considerata alla stregua del peggior avanspettacolo dialettale - anche da noi si assiste a una rinascita del genere, che del resto è seguito e sostenuto da un vasto pubblico: il primo frutto di questa mentalità rinnovata è da ravvisarsi nell'impiego dell'orchestra dal vivo che sostituisce la base registrata o nella presenza di corpi SAN FILIPPO CAMPANELLA di ballo degni di questo nome. Sulla scia del rispetto di quello che è un prodotto d'arte dì alto lignaggio, il Teatro Colosseo presenta da venerdì 14 a domenica 16 gennaio il secondo titolo della sua stagione operettistica, la «Vedova Allegra» appunto; la storia della ricca gentildonna che finisce per conquistare l'animo di colui che avrebbe dovuto invece sposare per interesse è proposta nell'allestimento che il Teatro Bellini di Napoli ha curato insieme con il Teatro Nazionale dell'Opera di Cuba. Scene e regia sono di Tato Russo; dirige l'orchestra Alberto Garda. Alfredo Ferrerò EL percorso che il Teatro S. Filippo e il suo animatore Paolo Trenta stanno compiendo attraverso le grandi utopie di pensatori di ogni epoca, non poteva certo essere trascurato Tommaso Campanella. Il filosofo calabrese nato nella seconda metà del Cinquecento non solo concepì in tempo di Inquisizione, Controriforma, Impero Spagnolo, una rivoluzionaria riforma politica, ma ne tentò disperatamente l'applicazione promuovendo la celebre congiura contro i clerico-spagnoli. L'esito infelice, l'arresto e l'incarcerazione non fanno che porre in risalto la grande e affascinante utopia della sua «Città del sole», repubblica dove il fondamento della vita sociale è la totale comunione dei beni, dove solo un'alta concezione della vita e una profonda moralità consentono la realizzazione di uno stato a misura d'uomo. Alla «Città» di Campanella è dunque dedicato lo spettacolo del gruppo San Filippo, in scena sabato 15 gennaio alle ore 21,15 all'Oratorio di San Filippo Neri, in via Maria Vittoria 5. L'ingresso, come sempre, è libero. [m. bo.j

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