Chi prova le nuove terapie? Molti malati dicono «lo!» Pochi passano le selezioni di M. Ver.
Chi prova le nuove terapie? Molti malati dicono «lo!» Pochi passano le selezioni Chi prova le nuove terapie? Molti malati dicono «lo!» Pochi passano le selezioni DI tanta ricerca di base, che cosa arriva ai malati? E in che tempi? «Riconoscere e isolare una molecola, definirne le caratteristiche di laboratorio, produrla e sperimentarla negli studi pilota su un piccolissimo numero di pazienti è un processo che richiede parecchi anni di lavoro - spiega Alessandro Ciglietti, del Dipartimento di Scienze Biochimiche e Oncologia Umana dell'Università di Torino - ma ce ne vuole ancora qualcuno perché la sostanza e la terapia siano rodati ai punto da diventare protocolli di routine per tutti i malati». Entrare a far parte di uno studio pilota non è impossibile, purché si abbiano esattamente le caratteristiche richieste. E la malattia sia in fase avanzata. Infatti, solo quando le terapie classiche non danno più risultati, sono ammesse le terapie sperimentali sugli uomini. «In base alle conoscenze di laboratorio, si definiscono i protocolli sperimentali. Poi si fissano i criteri di scelta dei pazienti, le condizioni fisiche e cliniche dell'arruolamento. «In genere, i primi test vengono effettuati con pochissime persone, dieci o venti. A presentarsi sono in tanti, perché i malati sono sempre desiderosi di sperimentare terapie innovative. «Però gli "esami di ammissione" sono molto severi, le analisi cliniche fanno subito una necessaria scrematura. Così la scelta finale è quasi automatica ed è difficile che rimanga fuori qualcuno perfettamente adatto a quel determinato protocollo», [m. ver.]
Persone citate: Alessandro Ciglietti
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