Per una firma non dovuta, guai a non finire al titolare di una lavanderia-tintoria Il fisco s'accanisce su un negozio di Gianni Bisio

Per una firma non dovuta, guai a non finire al titolare di una lavanderia-tintoria Per una firma non dovuta, guai a non finire al titolare di una lavanderia-tintoria Il fisco s'accanisce su un negozio Esige due volte le tasse, poi sequestra il bancone La «lavanderia-tintoria» al numero 20 di corso Benedetto Brin è una sola, ma per la Ripartizione imposte e tasse del Comune si tratta di due esercizi perché nel 1988 la madre del titolare, erroneamente, firmò a nome proprio la pratica per una tenda parasole poi messa all'esterno del negozio. Una firma disgraziata, se è riuscita ad innescare un raddoppio d'imposta che ora sembra inarrestabile. Al punto che per un debito di 904.951 lire (di cui 600 mila già versate) si è arrivati al pignoramento del bancone del negozio, di una poltrona e di un appendiabiti per un valore nominale di un milione 809 mila lire. «Si avverte i signori clienti dice un cartello in un italiano non proprio scolastico - di ritirare i capi entro il 31-1-94 per chiusura di attività: il governo non mi permette più di lavorare. Non paghi ti sequestrano, paghi è la stessa cosa». Appese ci sono le due ricevute: una da 400 mila lire, che risale al 20 dicembre, e una da 200 mila, del 22 dicembre. Per il «cervellone» del Comune allo stesso indirizzo c'è la tintoria gestita da Valerio Gentileschi, 30 anni, e dalla moglie Teresita Magliocca, 28 anni, e la lavanderia di cui risulta titolare la madre, Lidia Mancini, 52 anni. Questa, quando ha ricevuto la cartella delle imposte per il suolo pubblico, in un primo tempo si è rifiutata di pagare, successivamente ha chiesto di rateizzare non riuscendo a far intendere agli uffici che l'esercizio era uno solo e che il titolare era il figlio, mentre lei era soltanto una semplice «coadiuvante». Ma il meccanismo burocrati- co è andato avanti implacabile e a nulla sono serviti gli sforzi per pagare il discutibile debito col Comune. I tributi tra l'89 e il '92 sono arrivati a 656.620 lire, ma tra interessi semestrali di mora, compensi per la riscossione coattiva, diritti e spese di procedura si è saliti adesso a 904.951 lire. «Mia suocera - dice Teresita Magliocca - prima ha portato 400 mila lire, poi altre 200 che ci hanno imprestato degli amici. L'altro ieri ha detto che sarebbe tornata a pagare il debito rimasto, ma giovedì si sono presentati gli addetti del pignoramento e non hanno voluto sentire ragioni». Nella tintoria il bancone è staio sostituito da una cassa di cartone, non l'appendiabiti e la poltrona. Dice ancora Teresita Magliocca: «Hanno detto che quello che avevano sequestrato non valeva più di 20-30 mila lire se venduto all'asta: e allora perché portarcelo via? Una cattiveria inutile». Gianni Bisio Teresita Magliocca, contitolare della lavanderia-tintoria in corso Brin

Persone citate: Lidia Mancini, Magliocca, Teresita Magliocca, Valerio Gentileschi